Capitolo 8

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Quando vidi che l'alba giungeva incominciai ad agitarmi leggermente. Alex era rimasto con me tutta la notte nella mia stanza dopo un'entrata molto furtiva in casa. Si era accomodato su una poltrona vecchia,che tenevo vicino al letto. Non avevamo scambiato molte parole prima di addormentarci,dopo aver fissato la sveglia poco prima del sorgere dell'alba. Ci svegliammo al suono acido di quell'odioso aggeggio. Il mio pensiero si rivolse subito a lui. "Ci siamo". Disse alzandosi dalla poltrona,dirigendosi poi verso la finestra. Io mi alzai stanca e di malavoglia con l'ansia. Alex aprì la finestra. In lontananza si scorgeva un po' di luce. Cosa sarebbe successo? Immaginavo la mia giornata senza emozioni. Cosa avrebbero pensato i miei amici? E Tennaz? Forse avrebbe dato la colpa a suo fratello,credendo che mi avesse condizionato negativamente. Avevo tante domande in testa. Visto che non dicevo niente Alex mi domandò:"Come ti senti Carol?". Io ci pensai un momento. Sentivo ancora di voler bene ai nonni,ad Alice,a Tennaz e anche ad Alex. "Normale direi". Risposi. "Tu?". Gli domandai. Lui sorrise dolcemente:"Per il momento le sento,le emozioni, ma tra un po' il sole sarà alto. Mi preoccupo per te. Per come sarà". "C'è una cosa che però non mi è chiara". Dissi io."Cioè?". "Dunque,io ho questo strano simbolo sulla mano e tu no,come mai?". "Non lo so". Alex si avvicinò a me mi esaminò il polso. Che strano. Anche in quel caso non sapevo che pensare. "Ho un 'altra domanda".

"Dimmi".

"Com'è?".

"Com'è cosa?".

"Alex,com'è il passaggio":

"Non saprei dirtelo Carol, è un momento veloce...".

In effetti immaginai che fosse solo come se una parte della tua anima si spegnesse. Forse non lo avrei sentito. Forse era come sentirsi improvvisamente vuoti. Forse non ne avrei dato importanza.

Lo guardai,scrutandolo con attenzione. Lui pareva sereno, limpido. I raggi si fecero vivi e invasero la stanza. Ci prendemmo per mano. Lui fu colto dall'oblio immediatamente e sprofondo nell'apatia. Io aspettai e aspettai. Alex si voltó a guardarmi con lo sguardo spento. Non succedeva niente. "Alex non succede niente, sono ancora io". Lui non disse niente. Si voltó a guardare il sole nascente lasciandomi la mano. La luce si fece piú intensa. I miei occhi lacrimarono al contatto con la luce. Mi coprii d'istinto il viso e chiusi la tapparella. Alex mi guardó interrogandomi con lo sguardo. Io non sapevo che rispondere. Aprii lentamente la tapparella e mi esposi nuovamente. Ma la luce era troppo forte per miei occhi che cominciarono a bruciare di dolore. Mi misi in ombra sentendo irritazione pure alle braccia. Corsi in bagno piangendo, senza badare ad Alex che in ogni caso era nell'oblio. Pareva peró essersi un po' agitato vedendo tali cose e questo poteva essere un segno delle sue emozioni. Mi guardai allo specchio. Tante macchioline rosse imperlavano la mia pelle. Ma ció che mi allarmó di piú erano i miei occhi arrossati in maniera paurosa, uno sfondo arrossato intorno alla mia pupilla. Per il corpo usai un po' di crema idratante. Quando tornai in camera era tutto buio. Accesi la luce ed Alex non c'era ma era riuscito a farmi il favore di non far entrare altra luce abbassando bene le tapparelle. La luce artificiale non mi creava problemi perfortuna.
Lui era già scappato furtivamente constatai. Avrebbe almeno potuto lasciare un biglietto,pensai un attimo prima di trovarne uno sul letto. Aveva una bella calligrafia elegante osservai. "Stasera a casa mia". Diceva. "Ok". Risposi dentro di me. Feci finta di dornire anche se non mi riusciva. Poco dopo la porta della mia camera si aprí. Alice esclamó:"Devo buttarti giú dal letto?". Mi alzai immediatamente. Lei mi osservó un momento e mi disse:"Che brutta faccia, hai dormito stanotte? E apri queste tapparelle che entra un po' di luce".
"No". Esplosi io.
"Ok Carol, a te l'onore". Scherzó lei.
"Esci dalla mia camera che mi devo cambiare". Risposi io assumendo un tono seccato. Mi avvicinai all'armadio facendo un gesto ad Alice con la mano. Mentre lo aprivo e ne traevo dei jeans Alice aggiunse:"Almeno accendi la luce che non si vede niente con questo buio". Premette l'interrutore e se ne andó. Fu allora che mi accorsi di aver veduto bene al buio. Non capivo. Avevo paura di scendere da basso con i raggi del sole che entravano nel soggiorno. Forse era questo l'incantesimo, una vita notturna. Avrei dovuto fingermi malata per non uscire? Non mi pareva una cattiva idea. Mi buttai sul letto e rimasu un po' li. Incominciai a sentire lo stomaco brontolare ma come facevo a fare colazione in quello stato?
"Carol". Mi chiamó nuovamente Alice affacciandosi alla porta di camera mia.
"Non sto bene". Mentii io. Lei entró e mi posó una mano sulla fronte.
"Oh, ma sei gelida". Sussultó lei prendendomi poi una mano:"Hai un calo di pressione?". La mia attenzione si spostó immediatamente sulla mano calda che teneva sopra la mia. Aveva un graffio, una ferita aperta da cui sgorgava ancora un po' di sangue. "Che hai fatto alla mano?" Le domandai.
"Ah, con la carta prima".Ma la mia mente si stava concentrando sul liquido rosso. Ritirai la mia mano e mi voltai. "Vattene adesso che sto poco bene". Quasi le urlai. "Carol, chiamo la nonna allora.Io devo arrivare in tempo a scuola". Detto questo si allontanó.Mi agrappai al cuscino per non saltarle addosso,il pensiero del suo sangue sulle labbra.

Il segreto della valle perdutaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora