Capitolo 1

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10 anni fa, Becky

"Ti prego non entrare. Ti prego, ti prego Dio non farlo entrare." Lo ripeto mentalmente, perché spero che le mie preghiere vengano esaudite. Ho così bisogno che almeno una cosa, una sola delle cose che vorrei venga esaudita.

Fallisco sempre. Fallisco anche in questo, nel pregare. Non prego bene, altrimenti perché questo inferno continua? Perché quelle mani che dovrebbero accarezzarmi ed amarmi, mi fanno solo del male? Perché ogni cicatrice che resta, un pezzo di me se ne va?

Solitamente i bambini hanno paura del buio, il mostro potrebbe sbucare da sotto il letto e far loro del male.

Il mio mostro personale invece entra direttamente dalla porta della mia camera e non è il buio a spaventarmi, perché nemmeno tutta la luce del mondo mi salverebbe da lui.

Sento la maniglia abbassarsi con uno scatto. Stringo forte gli occhi, come se reagendo così potesse non vedermi o io escluderlo dalla mia realtà.

Mia madre è uscita di casa ancora una volta arrabbiata. Ma arrabbiata per cosa?

Io sono arrabbiata, perché mi sento impotente. Ho paura e sono impotente.

La settimana scorsa ho provato a dirle che papà è cattivo e che non voglio più restare da sola con lui, ma le sue parole sono state: <<Stai esagerando. Forse hai fatto qualcosa che non dovevi fare e lui ti ha semplicemente sgridata.>> E io avrei voluto risponderle: <<Tu come fai a saperlo? Non ci sei quasi mai. Lui non mi sgrida solamente, lui se la prende con me perché tu lo fai arrabbiare. Per quale motivo ti rimane così difficile credermi mamma? Pensi solo che le mie lacrime siano un capriccio, quando piangere è la sola cosa che posso concedermi.>>

Non voglio più vivere in questa casa.

"Che odore ha una casa?" Io qui non sento niente. Non c'è odore, non c'è calore.

Ogni volta che litigano, lei esce e mio padre mi raggiunge ubriaco per sfogare la sua frustrazione.

Strattonandomi giù dal letto mi urla contro e posa le sue mani cattive e piene di rancore su di me. O su quello che rimane di me.

Come se il fatto che lei lo tradisca, sia perennemente colpa mia. L'ho capito anche io che lei lo tradisce. Ho sedici anni, ma non sono stupida.

Non ha mai alzato un dito su mia madre, mai. Però su di me... su di me, riesce a fare tutto. I lividi non se ne vanno per giorni, ma è furbo a non lasciarmi segni visibili agli altri. Prima lo faceva raramente, ma nell'ultimo mese è diventata un'orribile consuetudine.

Quando si sarà liberato di tutto il suo rancore, mi si sdraierà vicino piangendo e tenendomi stretta, e domani si scuserà, dicendo che ha esagerato e che io non ho alcuna colpa.

Ma io sono così stanca delle sue scuse. Le scuse non guariscono le ferite. E questa sera lui me ne ha inferta una davvero profonda.

Si può toccare il fondo più volte? Non voglio più rimanere per scoprirlo. Per questo andrò a stare da mia cugina Eveline e le racconterò tutto, sperando che almeno lei mi creda.

Questa sarà l'ultima sera che potrà ancora prendersela con me. Questa notte dirò addio al mio mostro.

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