Capitolo 9

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Alice pov's
Mentre il mio corpo scivola sulla porta che mi separa da colui per cui mi sarei presa una pallottola in testa, ma che fu il primo a spararmi, mi chiedo perchè dentro di me qualcosa non si stia spezzando e sgretolando ma ricostruendo. Appoggio una mano sul petto e lo sento battere il piccolo bastardo, batte forte e velocemente perchè lui lo sa, sa che al di là di quei 5 centimentri c'è la causa del mio dolore e allo stesso tempo di quei momenti passati a vivere davvero e non per finta.
Se ripenso a due ore fa non mi va proprio di parlare di finzione, ce ne sono state troppe di cose finte nella mia vita: dalle amicizie all'amore, da me stessa a coloro che credevo essere una parte di me. I pensieri portano via il sonno e mi affollano la testa per tutta la notte, o quel che ne rimane, lasciandomi seduta sul pavimento scomodo a piangere per un amore decollato solo da una parte e concluso solo dall'altra. Perchè il mio amore per lui non finirà, faró in modo di superarlo ma sarà sempre lì; mi asciugo le lacrime fresche e mi alzo dalla postazione dirigendomi verso io bagno per una doccia pre-lavoro, pre-nuova vita, pre-nuova alice.
***
Quando entro nella casa editrice un profumo di libri mi arriva alle narici e mi sento subito meglio, questo é la mia casa dove posso essere me stessa e lasciare che tutto ció che voglio esca attraverso delle parole che da sole sono insignificanti. Sulla mia scrivania mi aspettano il manoscritto che devo leggere durante settimana e la macchina da scrivere della nonna che sostituisce i moderni computer che usano le mie colleghe scrittrici.
Il manoscritto non è per niente interessante ma per contratto leggo fino alla centesima pagina poi lo chiudo e butto nel cestino invece di portarlo al mio capo. Un giorno vorrei essere io il capo, vorrei aprire una mia casa editrice famosa in tutto il mondo non solo in italia.
Scrivere risulta facile e sono soddisfatta quando arriva l'ora di tornare a casa, non ho nemmeno mangiato. Saluto tutti e scendo le scale con il cuore a mille per la fatica di sette piani e non solo. Una polo nera è parcheggiata appena fuori sall'ufficio e riconosco il moro che è appoggiata ad essa, gli salto addosso. "Carlo" ricambia l'abbraccio e mi lascia un bacio sulla fronte. "A cena da te, ho voglia di passare un po' di tempo con la mia migliore amica imbranata" con una sberla scherzosa gli colpisco il braccio prima di fargli segno di seguirmi in macchina. L'unica nota positiva di Torino, Carlo, il mio migliore amico sincero.
***
"Oh dio e ti si è presentato qui?" La sua faccia mi fa quasi ridere ma non lo faccio notare e annuisco continuando l'impresa del mangiare con le bacchette cinesi. "Mmm, dovevi vederlo quando mi diceva che non mi amava. Era dannatamente freddo, l'avresti preso a pugni" e anche io l'avrei fatto se non fossi stata troppo impegnata a uccidermi mentalmente. "Ci sono io a protteggerti cucciola, anche se non sono lui" nessuno sarà mai il Lui di cui mi sono innamorata..

alvarito||alvaro morataDove le storie prendono vita. Scoprilo ora