Capitolo quarto. Silenzi

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Adele: Tu devi raccontarmi qualcosa. Tra mezz'ora sono da te.
Gli inviti di Adelaide non potevano essere rifiutati.
Misi il mio vestito preferito, quello con le righe nere e bianche. Era un regalo di zia Camille, lei viaggiava spesso in Europa ed era lì che lo aveva comprato. Lasciai i capelli naturali, mi truccai poco e mi sedetti ad aspettare Adelaide.
Mezz'ora per Adelaide corrispondeva a circa un'ora, ma ormai avevo preso l'abitudine.
Ricordavo quando il sabato prima ero uscita proprio con lei e la sua cotta, Luke. Avevamo speso diciassette dollari -sì, diciassette!- per una semplice birra. Lui era stato tutto il tempo a lamentarsi perché era il suo turno per pagare.
Non ero mai stata una a cui piace raccontare i fatti suoi, ma l'arrivo della mia amica mi rendeva più impaziente che mai, a qualcuno dovevo esporre i miei sentimenti.
Ripensai ancora a quel pomeriggio. E se fosse stata solo una presa in giro? E se non fosse destinato a me? I dubbi mi percorrevano la mente ma l'improvviso suono al campanello li fece fuggire a gambe levate.
Adelaide in splendida forma mi sorrise come non mai. "Come stai?"
Ero io quella che avrebbe dovuto chiederlo visto che era molto su di giri.
"Beh, io sto bene. Ma tu?" La guardai e la feci entrare.
"Prima che tu mi racconti tutto, ho bisogno di dirti qualcosa."
Alzò gli occhi al cielo e cominciò a saltellare. "Luke mi ha chiesto di uscire. Io e lui. Da soli. Ma capisci?"
Fui davvero molto felice per lei, ancor di più per il fatto che Luke non avesse ceduto alle avances di Abigail, qualche mese prima.
"Okay, usciamo e raccontami."
A passo svelto, raggiungemmo il primo pub vicino le nostre case. Ordinammo da bere e mi invitò a raccontarle tutto.
"Beh, gli ho portato l'ordine e abbiamo scambiato due parole" presi fiato, "poi al tavolo accanto mi ha chiamata per il conto e quando è andato via ha lasciato quel bigliettino."
"Una storia d'amore eccezionale!"
"Ma scherzi? Magari non fa nemmeno per me."
"Dai, cosa c'era scritto sul biglietto?"
"Che avrebbe avuto piacere a parlarmi ancora."
"Allora vedi! È fatta, ci parli ancora e uscite insieme."
Quando osava essere superficiale la detestavo. Come può qualcuna innamorarsi senza conoscere un altro? È da folli.
Pagammo in fretta e uscimmo, Adelaide aveva fretta di andare al telefono con Luke.
Parlai per un quarto d'ora, per tutta la durata della strada di casa quando lei si fermò davanti ad un elegante ristorantino.
"Adele, che c'è?" La vidi fissare due sagome imperterrita, il suo sguardo si fece più cupo e le sue mani si strinsero nei pugni.
La strattonai un paio di volte fino a cercare di capire cosa stesse succedendo.
Scorsi quelle sagome in atteggiamenti affettuosi ma non riuscivo a capire chi fossero: forse avevo bisogno di una visita oculistica, mia madre me lo rammendava spesso.
"N-niente, Diane. Voglio solo andare a casa."
Di colpo diventai così triste che non riuscii a spiaccicare nemmeno una parola a caso del dizionario.
Cercai di non chiedere troppe spiegazioni, se avesse voluto me lo avrebbe detto.
Provai ugualmente a sapere qualcosa tramite domande inverse, ma lei non parlò.
Giunte a casa sua, mi salutò distrattamente è percorse il viale per arrivare al portone. La vidi svanire nell'oscurità.
La domenica fu noiosissima, io mi limitai a restare sul divano a studiare mentre Hazel giocava sul tappeto inventando storie assurde di draghi. Pensavo a quanto sarebbe stato bello avere un bambino, non alla mia età di certo, ma in futuro.
Sognavo spesso e troppo ma mia madre, alias prof di studi sociali, mi aveva "addestrata" a stare coi piedi per terra. Il suo motto credo fosse "Sognare si, ma con moderazione", lei filosofeggiava spesso. Mia madre non era cambiata da quando papà era morto: stessa pettinatura che piaceva a lui, quel taglio corto e mosso col ciuffo a destra, lo stesso colore di capelli, biondo cenere come il mio.
Quella domenica era uscita con Amelia e zia Camille.
Adele non si era fatta sentire per nulla così approfittai per chiedere informazioni ad Amelia, quando venne a casa nostra. Ma lei mi rispose molto naturalmente che stava bene e che stava studiando.
Il lunedì successivo a lavoro andò bene ... E male. Bene perché Adele era di nuovo sorridente e si scusò dicendo che aveva visto il suo ex ma andò anche male perché Douglas non venì.
E nemmeno il giorno dopo. Mi sentivo davvero stupida, confermai immediatamente i miei dubbi su quel gesto.
Lo aspettai tanto, finché qualcuno di (non) vagamente somigliante entrò.
"Signor Miller." Lo salutai. "Prende un tavolo?" Di solito non si chiedeva, il cliente si sedeva e noi lo raggiungevamo. Ma l'avvocato mi parve pacato, forse erano semplicemente i suoi modi.
"No, grazie. Volevo ordinare qualcosa da portare via."
Mi offrii di servirlo. "Mi dica pure."
"Un cappuccino alla vaniglia."
Sorridendo e scuotendo la testa lievemente lo preparai e lo sigillai per metterlo in una sacchetta nella quale si sarebbe mantenuto caldo.
Con un cenno, mi salutò.

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Ok, è il mio primo "spazio autrice".
Dunque, nonostante le visualizzazioni siano scarse mi sento davvero felice per averne ricevuta qualcuna! D'altra parte, potevo anche non riceverne.

Due misteri in questo capitolo:
-cosa avrà visto Adele?
-la straordinaria somiglianza tra l'avvocato e Douglas.
Continuate a seguire, se vi va :)

riversiris

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