Un calcetto ad un sasso. Tonk!
Un altro calcetto sempre allo stesso povero sasso, che ormai ha fatto venti metri rimbalzando sull'asfalto. Tonk!
Che schifo di vita. Tonk! Che schifo di mondo. To-
Il sassolino ha incontrato sul suo triste cammino un'altra scarpa. Ẻ una scarpa tutta lucida e pulita, nera, con i lacci perfettamente annodati e della stessa lunghezza. Fa un po' strano vederla affiancata a una vecchia sneaker ormai mezza scolorita e con la punta rovinata.
Accidenti, è proprio una bella scarpa e la sua gemella deve esserlo altrettanto; come si fa a non ammirare qualcosa di così perfetto? Be', ad esempio se sei una scarpa che tra poco perderà la suola, perché il proprietario continua a strusciarla per terra, con i lacci annodati in fondo e di un indefinito color fango a furia di sfregarli e contorcerli. Se sei una scarpa del genere è inutile provare ammirazione per un'altra molto più bella e curata: non riuscirai mai a raggiungerla e le probabilità di poter competere sono irrisorie, addirittura sotto zero.
La sneaker indugia ancora un po' accanto a quella specie di specchio ambulante, poi trova un altro sasso e riprende il proprio cammino. Tonk! Tonk! fa la pietruzza sul fondo stradale, rimbalzando ritmicamente.
Ma dove eravamo? Ah, certo! Ci eravamo fermati al "Che schifo di mondo".
Tonk!
- Ehi, ragazzino! Torna un po' qua. –
La scarpa si ferma, tentata di tirare ancora un colpetto a quel martire di un sasso. Batte a terra di punta, indecisa sul da farsi, poi si volta e con la sua sorellina torna di nuovo al cospetto delle lucide calzature a specchio. Leggermente irritata e un tantino impaziente.
Dovrebbe proprio essere sistemata: è così triste, tutta grigia e sciupata! Se ne rende conto solo ora, dinnanzi a quella coppia così austera di gemelle nere e impettite.
- Che hai da rompere? Se cerchi rogne ti casca male: non sono in vena di prendere a botte nessuno oggi, nemmeno uno in giacca e cravatta. –
Tensione. Le sneaker hanno ancora più timore a stare accanto alle lontane parenti color pece. Non vedono l'ora di poter fuggire via, fosse anche spiaccicando una gomma o finendo nella piccola pozzanghera fangosa a pochi centimetri di distanza. D'altro canto, le altre due sorelle non fanno nulla per diminuire il disagio; semplicemente stanno lì e aspettano, incuranti di quelle scarpe da ginnastica così vissute e altamente poco eleganti.
- Non sono venuto per farmi prendere a pugni. Sono venuto per te. –
Il senso di irrequietezza cala, sostituito da una curiosità mascherata dietro una diffidenza ostile. Forse le congiunte italiane stanno per fare la loro mossa e invitare le due americane da qualche parte! Se è così dovrebbero pulirsi almeno un po': non è bello sfigurare con i propri cugini, anche se sono di un grado così distante da abitare dall'altra parte dell'oceano e vederli ogni dieci anni.
- Ho il compito di mostrarti qualcosa di speciale. –
La sorella di sinistra struscia dubbiosa sull'asfalto del marciapiede. Fidarsi è bene, ma non fidarsi è meglio, dice il proverbio. Quella di destra preferisce non esprimersi: è piuttosto indecisa sul da farsi e le sfolgoranti italiane la mettono un po' in imbarazzo, così resta immobile.
- Stupiscimi allora. Tanto non ho niente di meglio da fare. –
Invito accettato, anche se con un po' di battibecco. Alla fine America e Italia si trovano a camminare fianco a fianco, le seconde evitando accuratamente qualsiasi massa non meglio identificata si pari loro davanti, le prime desiderando che il proprietario non le conduca su impervi cammini quali scalate di ghiaino, attraversamenti di erbacce e guadi di pozzanghere non molto asciutte, quanto piuttosto acquitrinose, tanto che non si meraviglierebbero se spuntasse una rana.
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AMERICAN STAR
Short Story"Non c'è davvero speranza. Eppure ... chi ha mai detto che anche loro non abbiano qualcosa di cui andare fiere? Le americane pestano ritmicamente sulla stradina di terra battuta, piuttosto dubbiose. - Senti bello, non ho tempo di guardare il cielo s...