The Cerberus dream (prolugue)

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Venticinque anni prima della caduta di Meteor.
Vincent Valentine, Turks di grado S , inviato per la protezione delle personale per il progetto Jenova S .

Nibelheim sera del 11 dicembre

Le strade erano deserte, grigie, appesantite dalla pioggia battente. Era l'unico a sfidare con tanta indifferenza il temporale e la pioggia invernale . Eppure la morsa gelida che gli si conficcava fra le carni riusciva soltanto a farlo sentire più vivo che mai. Più attento e concentro . Sospirò e sollevò lo sguardo innanzi a sé , sulla torre della città . Soltanto le luci che s'intravedevano oltre i vetri appannati delle abitazioni illuminavano il suo oscuro percorso, lasciando intendere uno spazio di calore e quotidianità , una tavola per la cena, una famiglia riunita , risate e affetto che mai come in quel momento gli sembrò distante.

Vacillò per un istante , ma non interruppe il suo sconsolato vagare. Sapeva quello che doveva fare , dove doveva andare e chi affrontare .
Non c'erano alternative , e la sua determinazione acquisiva di concretezza a ogni passo fatto. Il proiettile era già in traiettoria, pronto a colpire la preda .Avrebbe preteso la sua vittima. Aveva potuto intuire quando era stato premuto il grilletto dai racconti di lei, Lucrecia Crescent .
La donna che voleva realizzare un sogno e che ne realizzò un altro , per un uomo vissuto anni nell'apatia e nel diffidare del prossimo. Era partito da un sogno , da un' ambizione ed era deflagrato nel momento in cui Grimore Valentaine era morto, frapponendosi fra la sognatrice e la sua ambizione smisurata . Ed ora viaggiava , sempre più veloce , pronto all'impatto fatale con cui avrebbe germito la sua diabolica preda .

Strinse i pugni , serrò la mascella in un verso rabbioso come quello di una belva feroce . I suoi occhi erano aperti , adesso , vedevano con chiarezza le illusioni dell'anima. Dalle spranze . Potevano scrutare il destino dell'uomo, fino a determinare l'ovvio. Le realtà con gli occhi di una bestia vorace e bramosa di assaporare la preda.

Cerberus ...

Nibelheim s'apri al suo passaggio, facendosi da parte , e le mura della Shinra Mansion si fecero ben visibili , a fianco delle montagne . Si ricordò dei giorni trascorsi ad ammirare il paesaggio, ma quel tempo ormai era giunto al termine , se l'era ripromesso.

Percorse lo sterrato , affondò nel fango a ogni passo , finché le scarpe e i pantaloni non divennero un ricettacolo di sporcizia. Scosse la testa e si concesse un sogghigno: Vincent Valentaine non era mai apparso così trasandato, sempre freddo e attento, impassibile . Anche quando una lama gli lacerava l'anima strappandogliela pezzo dopo pezzo .

Rise di sè, aveva davvero toccato il fondo, ma il sorriso morì sulle sue labbra quando l'immagine di Lucrecia gli tornò alla mente, così come l'aveva trovata quella mattina per i corridoi della casa. Stesa a terra, esausta e debole , con il ventre gonfio , sola , senza neanche l'uomo che l'aveva ridotta così ...ma aiutata da un fido cane guardiano. Non - l'essere- che lei aveva scelto. E in quel momento aveva realizzato quanto l'amasse e di quante non gli importasse di chi fosse quel piccolo dono che lei custodiva nel suo grembo ....voleva una vita con lei, un futuro che gli era quasi a portata di mano, doveva solo trovare lui...

La preda del Cerbero infernale ...

Lui...

Corse lungo gli oscuri corridoi di quella magione oscura , quasi stregati a causa della notte e della tempesta . Corse fino a raggiungere la stanza di lei . La luce di una luna quasi totalmente celata agli occhi , in quella notte tenebrosa , si raccoglievano a lei , mettevano in risalto le guancia candide , ma scavate per lo stress e la gravidanza , le occhiaie ben delineate e le sue labbra , un tempo rosse, ora erano esangui. Era in attesa di lui, come sempre. Il suo cuore accusò una fitta , ma la ragione lo mise in guardia, diffidandosi dei ricordi.
Dai momenti tristi e dolorosi agli attimi di passione rubati fra gli alberi di Nibelheim . Il braccio di lei, disteso lungo il fianco del lenzuolo , mostrava i segni di svariate iniezioni , mentre la flebo continuava a stillare il veleno, goccia per goccia.

L'ira lo stava consumando , la belva voleva dominarlo e anche quel sacro furore, che stava reprimendo , lo portava a fargli perdere il senno.

Strinse i pugni, congelato e incapace di distogliere la vista a quel viso tanto amato. Il proiettile aveva colpito anche lui, seppur di striscio , e gli aveva lasciato la sua scia fiammante . O forse gli aveva trapassato direttamente il cuore o il cervello per poi continuare il suo percorso di morte . La belva era stata marchiata e voleva restituire il torto subito.

Altrimenti non riusciva a spiegarsi com'era potuto succedere ; come la situazione fosse giunta a quel punto.
Con l'imprevedibilità e la rapidità di un cataclisma , lasciando distruzioni e rimpianti dietro di sé . La vergogna , i sensi di colpa li avevano allontanati nel silenzio e poi a mille miglia dall'unica cosa che avrebbe potuto donare loro la pace .

Non l'incolpava per la morte di suo padre Grimoire . Ma non glielo aveva mai detto, condannandola a giacere su quel letto , vittima di se stessa e di quel folle scienziato .

Digrignò ancora una volta i denti , al solo pensiero di quello che avrebbe potuto fare ma che non aveva fatto, a quel che non ha detto quando ne aveva ancora l'occasione , alle promesse fatte e mai mantenute all'unica cosa preziosa per lui. Ma fra la consapevolezza e la rassegnazione ultime era indubbiamente la fredda determinazione a farla da padrone .

Ora non si trattava più del sogno dell'uomo, del Turks , di Lucrecia o di entrambi ... Solo il famelico Cerbero restava e il proiettile che egli stesso aveva sparato .

Sollevò nuovamente lo sguardo e carezzò per l'ultima volta il viso di lei , dipingendo quel volto nel suo animo con accurate e dolci pennellate. Pose le sue labbra sulle sue , riscoprendo in quell'istante il sapore della pace .

Il sogno era finito... ora iniziava una notte eterna, aveva vissuto un sogno chiamato " Lucrecia" ma poteva perlomeno provare a renderlo realtà .

Scese al piano inferiore , accompagnato dal lampeggiare delle saette e dal rimbombo dei tuoni che squarciavano quel cielo notturno ; percorse gli oscuri corridoio come un ombra e si diresse ai propri alloggi.

Si tolse le vesti sporche a causa del fango , scrisse una lettera in cui spiegava la natura del gesto che si apprestava a compiere e ricarico la fidata Cerberus per un ultima, importante missione. Si diresse al bagno , sprofondò nella doccia e aprì l'acqua. Un ultimo bagno, purificatore per le carni ma non per l'animo.

Si riasciugò in fretta , apri l'armadio dove disponeva di cinque completi tutti identici fra loro , la rappresentazione di una vita ordinata e metodica da sfiorare la patologia , una vita che era iniziata nuovamente quando incontrò lei ...posò gli occhi sullo specchio...

Quando tornò a guardare la figura ordinata innanzi a sé riconobbe l'uomo di un tempo ; e l'uomo che stava per diventare , i suoi occhi vermigli ormai non erano più quelli del Turks di grado S che era stato fino a quella missione .
Ora qualcosa di oscuro e malvagio lo teneva in piedi e lo faceva andare avanti.

La notte trascorse fra tuoni e lampi che solcavano il cielo , si mise seduto sul suo letto, aspettando , meditando , assaporando il sapore di quella vendetta , il proiettile era inesorabilmente in traiettoria al suo bersaglio e stava per colpirlo; doveva solo aspettare ... pregare ... cullato dai dolci sogni del passato.

L'alba era giunta infine , il sole aveva preso il posto delle nubi, il vento calmo e rinfrescante quello della pioggia , gli uccellini che cantavano quello delle saette e dei tuoni.

Anche Lucrecia si sarebbe destata a monenti, pronta ad affrontare le conseguenze delle proprie azioni, avvolta nella solitudine . Ignara che il Cerbero stava per banchettare sulla sua preda . E lui - l'essere - doveva già essere sveglio, chiuso da ore nel suo diabolico antro , come unico complice del destino pronto a separarli.

Ma non gli avrebbe permesso di approfittare della situazione , non più . Afferrò la pistola già carica dalla notte precedente e tolse un solo proiettile , quello portafortuna di lei . Lanciò un ultimo sguardo al cielo , quel paesaggio e quel posto non ci sarebbero stati più , ma quello che lo attendeva , che attendeva entrambi sarebbe stato migliore . Infine si alzò , rafforzò la presa sulla pistola e andò ai piani inferiori . Meta : i sotterranei .

Non si torna più indietro , pensò fra se . Il proiettile era quasi giunto a destinazione e la belva stava per assaporare il tanto agognato pasto . E quali che sarebbero stati i risultati se ne sarebbe fatto carico. Per lei , anzi per loro.

Il cerbero era il guardiano degli inferi , un famelico cane a tre teste.

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