IL SETTIMO SIGILLO: L'OPERA DEI DANNATI - PROLOGO

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Era notte fonda in quella sinistra stradina di campagna. Soffiava un vento gelido, un vento che ululava disperazione e angoscia. Nere erano le nuvole che solcavano quel tetro cielo. I pochi alberi presenti davano un contorno macabro alla già inquietante atmosfera; una notte come le altre, nell'autunno dell'anno Domini 1575.
Francesca camminava sola quella sera, accompagnata solamente dall'odio e dalla vendetta. Camminava come se non avesse paura di nulla, nemmeno delle tenebre stesse. Era sola, in quella campagna Toscana.
Abbassò lo sguardo per indossare il suo voluminoso cappuccio nero, mentre il suo corpo era avvolto da un caldo mantello che faceva pendant con quella notte monocromatica.
Alzò lo sguardo e guardò diritto davanti a lei: i suoi occhi erano come fari di luce in quell'oscurità e l'azzurro delle sue pupille era l'unico colore distinguibile in quella distesa di niente.
Si voltò indietro, "sto camminando da diverso tempo" pensò, "Siena non dovrebbe essere lontana..."
Quel voltarsi indietro, però, è stato come uno sgradevole flashback: nel giro di pochi secondi, delle immagini veloci e sfocate attraversarono la sua mente; immagini di morte, di sangue, molto sangue.
Scattò la testa in avanti e si bloccò di colpo. In quel cappuccio vi era nascosto un volto triste, il volto di una persona che ha sofferto tanto e che tuttora era obbligata a soffrire.
"Non ho mai creduto nel Dio dei cristiani, in un Dio violento e bramoso di sangue... e ora mi trovo ad essere una pedina del suo gioco di potere."
Alzò lo sguardo verso l'oscurità << Tu non sei il mio Dio! >> urlò al cielo.
Cadde in ginocchio sulla stradina sterrata, avvolta dal mantello nero.
Un singhiozzo ruppe il silenzio di quella notte. "Perché io?". Lacrime d'odio solcarono quel viso pallido. Erano lacrime di una persona innocente, costretta a vivere in un incubo.
D'istinto si tolse i pesanti guanti di pelle e con rabbia li lanciò via di qualche metro. E quello che vide era lo spettacolo che ogni giorno era costretta a godersi: la sua condanna, il suo destino, il suo memento. I palmi delle mani erano marchiati a fuoco, in quella pelle lercia e incrostata erano raffigurati due simboli, l'Alfa in una mano e l'Omega nell'altra. Il principio e la fine.
Francesca strinse i palmi e colpì il terreno, per poi fermarsi qualche secondo fissando il vuoto, dopodiché si alzò con compostezza per recuperare i guanti appena lanciati.
"Lui potrà avere il mio corpo, la mia furia..." riprese a camminare con l'aria risoluta che la contraddistingueva "...ma non avrà mai la mia anima".
Il passo si fece più veloce.
Lo sguardo tornò fisso all'orizzonte e fu proprio in quel momento che le ombre della notte presero forma, facendo scorgere quello che rimaneva di un rogo. Era accanto alla stradina, in mezzo ad uno spiazzo creato appositamente per l'evento: si sentiva ancora l'odore di bruciato, la puzza della carne esposta alle fiamme in quella che ormai era una figura deforme contorta dagli spasmi di dolore. Era lì, ad implorare aiuto, anche nella morte.
Il cupo silenzio di quel momento era interrotto dal gracchiare dei corvi, che stavano banchettando con quello che rimaneva del corpo. Tanti erano li a cibarsi, forse troppi.
Francesca si avvicinò al cadavere fumante e lo scrutò girandogli intorno "era una donna... giovane." avanzò fino a quasi toccare con la mano il corpo. La moltitudine dei corvi non apprezzarono il gesto e volarono via, infastiditi dalla presenza di quella persona viva.
La ragazza si girò osservando gli uccelli svanire nella notte per poi ritornare ad osservare il cadavere "questa persona è morta da poco tempo, probabilmente al calare del sole... questo vuol dire che sono vicina ad un centro abitato" fece un passo indietro "potrei riposare e continuare il viaggio domani."
Si allontanò dal cadavere della donna per poi voltarsi di nuovo verso lei un'ultima volta, di scatto.
Sospiri nell'aria quasi impercettibili, cambio improvviso della temperatura, senso di malessere. Non era sola.
<< Chi si avvicina al cenacolo della Morte? >> una voce squarciò il silenzio.
<< Una persona che non la teme...>> rispose Francesca con fierezza cercando di capire da dove venisse quella voce.
<<Chi si addentra attraverso le porte del plenilunio non ha cara la propria anima... >> la voce misteriosa sembrava venire da ovunque e da nessuna parte. <<Nox, l'eterna regina della notte ti sta osservando, giovane incauta ragazza. >>
<<Le tue parole sono come cenere al vento, strega.>> Francesca usò un tono quasi di sfida << se la notte tu sei, allora sarò la candela che illuminerà la via.>>
<< Nessuna luce può illuminare il cammino dei folli.>> incalzò la strana voce.
<< La follia può essere una virtù...>>
<<...ma solo chi è degna di essa può danzare con il diavolo sulle ossa dei morti.>> disse la voce. L'aria si fece più gelida. Qualcosa si avvicinava.
<< Non ho intenzione di incontrare il diavolo... >> Francesca sogghignò <<...ma sono abbastanza folle da poter danzare sulle TUA di ossa! >> si girò di scatto impugnando la sua fatiscente pistola a ruota e con fermezza sparò in quello che si disperse in tanti corvi neri come la pece.
Lo scoppio di quel colpo riecheggiò in tutta la campagna e l'odore dello zolfo aveva sostituito il tanfo di morte.
Si guardò attorno, gli animali non c'erano più. Svaniti come inghiottiti dalle tenebre stesse.
Tolse il cappuccio che le copriva la visuale, lasciando intravedere i fluenti capelli corvini scivolare sulle spalle, non riuscendo però a nascondere l'evidente rasatura al lato sinistro.
<< Non puoi opporti alle tenebre perpetue, l'oscurità divorerà le tue paure per poi rigettartele addosso! >> la voce misteriosa tornò a farsi sentire in quella curiosa notte.
Dei corvi apparsero dal nulla e come un orrendo spartito musicale, si misero a gracchiare in coro, intonando un'inquietante requiem, volteggiando attorno la ragazza.
<< Allora l'oscurità non cenerà questa notte, non vi è alcuna paura in me>> Francesca si guardò attorno ma non riuscì a individuare da dove provenisse quella voce, soprattutto perché i corvi le coprivano la visuale.
<< Chi non ha paura dell'oscura presenza delle Figlie dell'Eclissi!? >> urlò la voce misteriosa << Chi non teme l'avvento della fine dei tempi? CHI NON TEME LA NOTTE ETERNA?!>>
D'improvviso lo sciame di corvi si dileguò davanti alla ragazza e qualcosa la spinse via di diversi metri, come una potentissima folata di vento, facendola sbattere su quello che rimaneva del rogo e facendo volare via la pistola che aveva in mano. Tentò di rialzarsi, ma si accasciò a terra per il colpo subito.
<< Voi streghe siete sempre cosi teatrali...>> disse Francesca con tono ironico ma sofferente dal dolore.
<< Fortunate saranno le anime che assisteranno al crollo del sole... >> il gruppo di corvi si posizionò davanti Francesca, volteggiando su un unico punto. Ruotarono sempre più velocemente sembrando irreali, come un'illusione << E tu, patirai l'invidia di chi non è degno di tale visione, perché ti accompagnerò io stessa all'Inferno, questa notte. >>
Dallo stormo volteggiante si compose quella che ricordava una figura umana.
Apparse così una donna vestita completamente di nero, con abiti di ottima fattura , ricamati con strisce bianche e da vari intarsi con pietre preziose e perle. Portava un collare nobiliare di tessuto pregiato e una gonna vistosa. Il viso aveva tratti leggeri e puliti, facendo risaltare un'inquietante bellezza contornata da una particolare carnagione bianca, addolcita dai capelli neri raccolti in un chignon decorato.
Ma gli occhi lasciavano trasparire la sua vera natura: erano neri come la notte stessa.
<< L'Inferno non è altro che l'ultima tappa del mio viaggio >> disse Francesca guardandola negli occhi mentre l'insolita figura si avvicinava verso di lei. Provò un senso di disagio a fissare quel viso che traspariva follia pura e potere demoniaco.
<< E' arrivato il momento di terminare questo colloquio...>> La donna misteriosa si abbassò e strinse il colletto di Francesca con un' incredibile forza. << sei arrivata alla fine del tuo viaggio!>> disse facendo una risata tanto folle quanto malefica.
La mano destra incominciò a ribollire di uno strano potere che la fece diventare nera: non rimase più niente di umano in quella mano, ma solo ombre svolazzanti che assunsero le più disparate forme, fino a trasformarsi in un qualcosa di grottesco, con lunghi artigli al posto delle dita.
<< Quando ti taglierò la gola... >> la donna si leccò le labbra << ...mi nutrirò delle tue emozioni e dei tuoi ricordi... >> avvicinò gli artigli al corpo della ragazza.
<< ...cosi dinnanzi al giudice infernale sarai costretta a lottare eternamente con te stessa per ricordarti chi sei, soffrendo e piangendo in un limbo infinito! >> caricò il fendente che sarebbe stato fatale.
D'un tratto il braccio di Francesca scivolò sul retro della cintura e prese la sua seconda pistola.
Mirò direttamente al volto della donna e sparò.
Fu un attimo, qualche secondo. Il colpo riecheggiò nella campagna come quello sparato in precedenza. Si levò alto il fumo e con se l'odore acre dello sparo.
Non si vedeva nulla. Tutto parve tornare alla normalità.
Quando il fumo fu dissipato, Francesca vide davanti a se il cadavere di un corvo, perforato da un proiettile, che ancora gracchiava nei suoi ultimi spasmi di vita.
Riuscì ad alzarsi da terra e si guardò attorno per cercare un'improbabile spiegazione a tutto ciò. Sapeva che non era finita. Sapeva che sarebbe tornata. "Le streghe tornano sempre."
Ed infatti, sentì una risata in lontananza, come un eco.
Era quella donna, difficilmente si poteva dimenticare quel tipo di risata.
Dopo qualche secondo, si fece sempre più profonda, sempre più inquietante e sempre più delirante.
Francesca stette immobile con sguardo basso e chiuse gli occhi: sapeva cosa doveva fare e cosa doveva dire, anche se sapeva che non sarebbe stato semplice per lei. Anzi, non lo sarebbe stato affatto.
<< Ab insìdiis diàboli, lìbera nos, Dòmine. >> disse sotto voce.
<< Liberaci, o signore, dalle insidie del Demonio. >> ripeté con voce più alta.
La risata diabolica si fece insostenibile: era come se mille lame la stessero tagliando dall'interno.
<< Ab insìdiis diàboli, lìbera nos, Dòmine. >> urlò dolorante mentre si tappava le orecchie con le mani.
<< Tu... morirai! >> tante voci si intrecciarono tra loro, come una folla di persone << Follia, dolore, oscurità! >>
<< LIBERACI, O SIGNORE, DALLE INSIDIE DEL DEMONIO! >> aprì gli occhi di scatto e urlò con tutta la voce che aveva in gola.
Poi d'improvviso, la quiete.
Tutto tornò come prima, come un brusco risveglio da un brutto sogno.
Ancora disorientata dall'accaduto, ripose la seconda pistola in cinghia e recuperò l'altra fatta cadere in precedenza. Si sistemò i capelli e indossò il cappuccio.
Riprese a camminare, lentamente, trascinata da un senso di fastidio.
Sbuffò leggermente.
<< Amen.. >> sospirò.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Aug 19, 2015 ⏰

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