CAPITOLO 29 Le scelte

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Annabelle

Il ritorno a New York ha reso più facile lo scorrere del tempo, interrompendo la bolla di amore e passione che si era creata a New Orleans. La routine ha portato me e Marcus a essere divisi a lavoro, avendo casi diversi e, una volta che torniamo a casa, abbiamo davvero poco tempo prima di crollare per la stanchezza.

Ci stiamo impegnando per cenare almeno insieme con l'unica regola di non parlare di lavoro. Pur essendo nello stesso ufficio, ci sono giornate che non ci incrociamo nemmeno. Lo vedo uscire la mattina presto, con la sua auto, e lo rivedo solo la sera.

Il ritorno a New York ha significato anche il rivedere Erik Kane. Ora è il suo turno e, dopo una serie di testimoni che sono per lo più amici di Fallen, è arrivato il momento di far parlare lui.

Oggi pomeriggio c'è l'udienza. 

Ho raccolto una serie di considerazione da sfoderare al controinterrogatorio, ma terrò le orecchie bene aperte a cosa dirà quando sarà il suo stesso avvocato a interrogarlo. Le nostre indagini hanno portato a un buco nell'acqua: sul suo PC o nel suo appartamento non ci sono prove che lo collegano alla violenza su Sally, nessun video, nessuna foto. Niente.

L'unica cosa che ho in mano è il racconto di Melanie Cats che non posso usare in aula apertamente, lei non la posso nemmeno menzionare, ma posso sempre usare le informazioni che ho ottenuto. Ad esempio, il fatto che ha usato il preservativo e nella seconda volta no. Non sono state rilevate particolari impronte di Fallen a casa di Sally, non più di quelle che normalmente si troverebbero nel caso di rapporto consensuale, ma lui sapeva che prendeva la pillola, quindi deve aver frugato alla ricerca o di un preservativo o di qualcosa che lo rendesse sicuro di non avere particolari problemi. Ha pensato solo a proteggere sé stesso.

Narcisista bastardo.

"Signorina Morgan."

La voce dura dell'uomo che stavo aspettando mi fa sobbalzare per la sorpresa e la tazza che tenevo in mano vacilla tanto che rischio di rovesciare il caffè.

"Buongiorno, signor Hames." Guardo l'orologio. "Lei è sempre puntuale."

Aveva detto undici e mezza e undici e mezza sono. Incredibile.

Non ha mezzo capelli fuori posto, è impeccabile nel suo completo scuro, elegante. Non avrei mai detto che faceva parte dell'FBI, avrei detto più che era un imprenditore o un uomo nella finanza. A volte, l'apparenza inganna davvero.

Lui sorride, sedendosi. "Fa parte del mio lavoro. Le ruberò poco tempo, so che è molto impegnata."

Lo guardo curiosa. "In che senso?"

"Abbiamo fatto fatica a trovarci di persona." riflette ad alta voce e prende dalla sua ventiquattrore una cartella verde scuro alta circa tre centimetri. "Questo deve vederlo di persona. Non potevi lasciare tracce informatiche. Come consiglio ai miei clienti, bruci ogni cosa dopo averlo letto anche per la sua sicurezza."

Non gli chiedo se ha violato la legge, perché a giudicare dallo sguardo, l'ha fatto.

"Sa chi sono io." ribatto.

"Non è stato difficile scoprirlo. Voglio sempre sapere con chi ho a che fare." risponde come se fosse ovvio. "Ho la regola di non lavorare per gente sospetta."

"Non mi aspettavo nulla di meno da un ex agente dell'FBI." ammetto e gli sorrido. "Ha scoperto molte cose a quanto pare."

"Un po'. È un uomo complicato quello che mi ha chiesto di controllare. Il dossier risponderà alle domande che si è posta."

Tocco la cartella con le dita, vacillando ora su ciò che ho fatto.

"Lei non è la prima cliente che non sa se aprire o no ciò che consegno." Lo guardo e sospiro rumorosamente. "Per esperienza, la verità è quel qualcosa che bisogna essere pronti a ricevere. Si ricordi solo quello che le ho detto: tenga queste informazioni in un posto sicuro."

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