Ero lì, ferma, immobile davanti quell'enorme entrata dalle porte scorrevoli. Non ce la facevo. Non ero in grado di affrontare questa cosa, che era mille volte più grande di me. Presi coraggio ed entrai avvicinandomi al bancone dove una dolce infermiera gesticolava al telefono. Riattaccò e le chiesi subito informazioni sulla stanza e il piano in cui sarei dovuta recarmi. Terzo piano, stanza numero 394. La ringraziai e mi incamminai quando ad un tratto fui colpita da una vocina alquanto conosciuta.
Mi voltai e Gabriela era davanti a me su tutte le furie. Le sorrisi e lei mi venne in contro. "Buongiorno". "Altro che buongiorno, questo ospedale mi sta facendo saltare i nervi. La giornata è iniziata veramente male" disse gesticolando con le mani. Quella scena mi faceva veramente ridere ma mi trattenni e continuai la conversazione. "Cosa è successo?"bisbigliai cercando di calmarla. "Stamane dovevo fare delle analisi importanti ma l'ospedale non ha segnato il mio appuntamento e quindi dovrò ritornare domani e prendere un altro giorno di ferie."sbuffò alzando gli occhi al cielo. "Mi dispiace" dissi dolcemente cercando di rassicurarla.
"Tu sei qui per quello che penso?" bisbigliò a bassa voce. Il suo volto era diventato più cupo, più serio e nei suoi occhi si poteva notare un cenno di tristezza. "Ti amava ne sono sicura." continuò. "Quel giorno, quel maledetto giorno lui non lo sapeva. Quando ha saputo due giorni dopo che saresti partita ha fatto di tutto per fermarti ma quando ha visto i tuoi occhi, le tue lacrime, non ce l'ha fatta. è crollato. Lui non sapeva niente te lo giuro, Riccardo non gli disse niente. Non capiva perché te ne stessi andando per questo non ti fermò. Lui...ecco."si bloccò. "Lui ha lottato per te". Rimasi fredda a quelle parole e i miei occhi si riempirono di lacrime. Stavo per cedere alla tristezza. Mi trattenni e risposi con calma. "Non mi importa. Il passato è passato. Sono qui adesso e dobbiamo andare avanti. Mi accompagni?" le proposi cambiando discorso. "Si, mi farà bene vederlo un po'. Sai io vengo a trovarlo quasi tutti i giorni." disse avvicinandosi all'ascensore.
Indietreggiai lentamente fissando le scale. Mi fissò incredula e poi iniziò a ridere. "Solita fobia degli ascensori vero?". Annuii e mi incamminai verso le scale e con mia sorpresa lei mi seguì senza esitazioni. Percorremmo il corridoio e ci fermammo davanti una porta bianca. Gabriela entrò senza esitazioni io invece rimasi immobile.
Lei mi incitò ad entrare ma io non potevo, non riuscivo. Mi affacciai leggermente ed era lì steso sul letto. Gli occhi chiusi e il viso spento. Avanzai verso il bordo del letto e notai che milioni di fili erano attaccati alle sue braccia e al suo corpo e lui non accennava il minimo movimento. Mi sedetti sulla sedia al lato del comodino e lo osservai. Era bello.Bello come il sole. Bello come tanti anni fa. Soliti capelli ricci, arruffati e neri come la pece, carnagione scura e labbra carnose. Volevo si svegliasse, per poter rivedere quegli occhi, per poter almeno parlargli qualche secondo. Ma niente. Era impassibile. Presa dal panico mi allontanai e scappai via dovevo avere delle spiegazioni. Accesi l'auto e spinsi sull'acceleratore . Direzione Riccardo.
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RACCONTAMI DI NOI
Lãng mạnI suoi occhi mi guardavano proprio come tanti anni fa, con rabbia e delusione. E il suo viso continuava a confondermi. "Stai scappando di nuovo" urlò mentre una lacrima iniziava a rigargli il viso. Non l'avevo mai visto piangere ma conoscevo quegli...