Capitolo settimo. Impatti

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Osservavo le occhiaie violacee presenti sul mio volto. Avevo dormito poco e non potevo di certo permettermelo: avevo un appuntamento con il mio avvocato.
A parte che non era un appuntamento, a parte che non avevo richiesto alcun appuntamento.
E poi, non era il mio avvocato. Non era mio e basta.
Le forcine cominciavano a infastidirmi, così diedi una sistemata alla frangetta. Pensai che era il caso di tagliarla un po'.
Mi infilai la camicetta di seta color prugna, i miei jeans scuri e le converse.
Non capivo perché doveva occuparsene lui del caso di mio padre, se c'era già Sebastian a pensarci.
Ricordai che Sebastian, mi raccontò una manciata di informazioni sul conto del figlio ma in quel momento mi sfuggiva qualche dettaglio, ero troppo occupata a pensare allo svolgimento del caso. Chissà se c'erano altre novità.
"Vado dall'avvocato." spiegai a mia madre.
"Oh." mi guardò dalla testa ai piedi.
"Non dimenticarti che dobbiamo passare dal concessionario. Andremo dopo i diplomi, d'accordo?"
Annuii e mi infilai la giacca beige.
Non potevo credere di essere già arrivata al momento tanto atteso: la consegna dei diplomi. Ne ero molto felice, anche perché ero soddisfatta del mio percorso alla Roseville High School Area.
Parcheggiai due palazzi prima rispetto alla mia destinazione. Suonai al solito campanello e il portone si aprii repentinamente.
"Ma non chiedono mai chi è?" pensai.
Percorsi la rampa velocemente e sentivo che le mie gambe tremavano. Non avevo avvisato e non volevo aver fatto un viaggio a vuoto, mi sarebbe dispiaciuto non vederlo.
"Salve." cominciai.
"Oh, salve. Come sta?" il ragazzo della scorsa volta sembrava avermi riconosciuta.
"Bene, la ringrazio. Avrei bisogno di incontrare l'avvocato Miller." parlai a bassa voce.
"Dottor Sebastian?" sembrava affermativo.
"Douglas."
Annuii. "Ha un appuntamento?"
Scossi la testa e mi squadrò.
"Beh, non potrebbe riceverla senza un preavviso." mi spiegò saettando gli occhi su ogni individuo presente nella sala, distratto.
"È davvero importante, per me." dissi riferendomi al caso.
Sospirò e attese qualche secondo. "Che sia l'ultima volta, altrimenti ci vado di mezzo io." disse puntandomi un dito contro. "Le faccio strada."
"La conosco bene, non c'è bisogno."
Sorrisi e andai nello studio di Douglas.
Notai la porta dello studio di Sebastian chiusa, mentre quella di Douglas semichiusa. Potevo intravedere un paio di piante e un armadio a specchi, sovrastato di documenti.
"Non voglio farmi vedere così, lo sai."
"...lo so, lo so"
"...ma perché non capisci?"
"...figurati se ti tratto male, io."
Non volevo interrompere ma non potevo nemmeno stare la impalata a fissare la parete.
Mi tolsi la giacca beige, cominciavo a sentire l'aria condizionata calda.
Presi fiato e bussai.
"Sì, avanti.."
Aprii la porta, abbozzando un sorriso.
"...devo andare, ciao." aggiunse alla telefonata, guardandomi.
Sentii una scossa lungo la schiena, era bellissimo. Non una bellezza che si vede sul web o sulle riviste, ma una bellezza a suo modo.
"Non ti aspettavo, vieni."
Aveva la camicia bianca nei pantaloni neri ben stirati. La cinta di cuoio dava vita ad una fibbia argentata. Giocava con la fine della sua cravatta nera, invitandomi a sedere.
In quel momento percepii una sensazione strana, diversa. Era come se mio padre, da lassù, sapesse che Douglas dovevo incontrarlo.
"Ho preso alla lettera le tue parole, ieri."
Mi sorrise da dietro la scrivania. Tenevo le mani intrecciate e a poco a poco giocavo con una ciocca di capelli.
"Mi fa piacere averti qui. Vogliamo cominciare? Mio padre mi ha lasciato tutte le pratiche per proseguire."
Sebastian.
"Dov'è lui?" chiesi, mordendomi un labbro.
"In Italia. I miei festeggiano trent'anni di matrimonio."
"Venezia?"
"Roma."
"Beh, auguri allora."
Si sedette e avvicinò la poltrona alla scrivania e io lo imitai. Eravamo più vicini.
"Ecco, le cose come vedo non sono cambiate più di tanto."
Continuò "Questo tipo ha un'età che va dai 40 ai 50. Dicono sia abile e alto. Non c'è granché da dire, quando i nostri inquirenti avranno scoperto chi è si procederà con l'arresto e il successivo risarcimento danni morale e fisico."
Annuii. Non era cambiato un bel niente, altroché.
"Stai tranquilla, si risolverà tutto. Infondo non ha la via tanto libera, non è ricercato solo dalla contea del Ramsey, abbiamo fatto sì che si espandessero le ricerche per tutto il Minnesota. Non sarà tanto lontano."
"Ciò mi terrorizza, e se nel frattempo commettesse altri gravi danni? Se qualcun altro subisse una morte o una violenza a causa di questa persona?"
Mi fissò. "Faremo in modo che ciò non accada."
Lo ringraziai vivamente per l'impegno.
"Non lavori nemmeno oggi?"
Alzai gli occhi su di lui, confusa.
"Beh, sì... Nel pomeriggio. Lavoro sempre il pomeriggio."
Annuii, sembrava ci fosse troppo silenzio.
"Ho disturbato la tua chiamata?"
"Oh, no no. Era un cliente un po' troppo esigente. Ci sono anche questi tipi, purtroppo." Mi rivolse un sorriso mentre sistemava i documenti nell'armadio.
I suoi sorrisi, la sua voce... Tutto cominciava a piacermi.
"Che c'è?" mi chiese.
"Nulla, solo che sono un po' nervosa per questo."
"Sono felice che tu sia qui. Parlami un po' di te."
Noncuranti del fatto che fuori ci fossero decine di persone in attesa, io e Douglas parlammo ancora.
"Beh, sai già tutto. Mia madre l'hai conosciuta, mia sorella anche. Sai dove lavoro e i miei orari. Mio padre beh, lo sai."
"Quanti anni hai?"
"Diciassette."
Emise una risata fastidiosa.
Capii che mi ero offesa. "Perdonami."
"Non capisco cosa ci sia da ridere."
"Beh, che sei piccola per occuparti di cose del genere."
"Tu che sei piccolo di cervello come sei riuscito a diventare avvocato?"
"Scusa, è solo che non capisco come possa fidarsi tua madre a mandarti da un avvocato. Sono cose per adulti."
"Adulti, dici? E quanti anni hai tu, aduto? Sono mesi che mio padre è morto, mia sorella è piccola e credo che mia madre si stia rifacendo una vita. Non tutti hanno una vita perfetta come la tua, pertanto ti invito a non giudicare chi ce la mette tutta per andare avanti."
Mi ricomposi. "Adesso devo andare a lavorare."
"Ti accompagno?"
"Lavoro qui di fronte."
Uscii dal palazzo senza salutare il ragazzo delle informazioni.
Era stata una pessima idea presentarsi.
Odiavo chi mi trattava così.
Presi a servire ai tavoli quando qualcuno catturò la mia attenzione.

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