Capitolo ottavo. I diplomi

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Continuavo a confrontare il biglietto scritto da Douglas quel pomeriggio e quello ricevuto quella mattina insieme a undici rose bianche e una rossa.
"In bocca al lupo per oggi."
Sembrava davvero che il regalo provenisse proprio da lui, era del tutto inaspettato.
Accartocciai i biglietti e li gettai sulla scrivania, arrabbiata, mentre pensavo alle parole pronunciate da lui stesso il giorno precedente. Come aveva potuto comportarsi così da vile?
Di certo, delle rose non avrebbero risolto un bel niente. Nulla era d'aiuto in quel momento, l'unica cosa che avrebbe potuto consolarmi era il giorno tanto aspettato: la consegna dei diplomi.
Mi infilai nella tunica di raso blu e mi avviai, con mia madre ed Hazel, a scuola per l'ultima volta.
Il cortile era stato ben allestito: le centinaia di sedie bianche poste una accanto all'altra, erano spettatrici di un palco non molto rialzato con altre sedie più scure ed una sorta di bancone con installato un microfono. Mr. Hudson e la bella Valerie avrebbero preso parte allo spettacolino.
La giornata non era delle migliori, ma nonostante questo oltre ai parenti dei miei compagni di corsi, furono presenti anche amici lontani e conoscenti.
"Accogliamo Valerie Harrison, ad onorarci con il suo discorso per i nostri ragazzi diplomandi!" Mr. Hudson accolse la giornalista ben volentieri, così come la folla di individui di sesso maschile.
Con un abitino di seta verde mela e tacco 12 rigorosamente con il plateau, la Harrison sfoggiava un meraviglioso sorriso falso. Si toccava le ciocche ondulate di capelli, mentre riceveva gli applausi, poi le porse dietro la schiena e cominciò a parlare.
"Dedico questo discorso a questi ragazzi che stanno per inserirsi nel mondo del lavoro e a quelli che proseguiranno gli studi." Fece una pausa.
"Vi auguro il meglio nella vita, è bene lavorare, senza nulla togliere a chi continuerà a studiare." Emise un risolino.
"Forza di volontà e coraggio, sono le parole d'ordine per diventare ciò che davvero vogliamo essere. Chi aspira a diventare un giornalista di successo, come la sottoscritta, dovrà mettersi in testa che non bastano solo quelle due parole ma ben altro! Sacrifici, impegno e sicuramente passione. Grazie."
Breve e conciso, come volevasi dimostrare. Non si era smentita nemmeno in un occasione simile, pensavo che non fosse di buon esempio.
Timidi applausi risuonarono tra le persone sotto di noi.
"Bene, grazie signorina Harrison. Proseguiamo con la consegna, dunque..."
Kate, Adelaide, Luke, Jade, Rachel e Bradley avevano percorso la navata con sottofondo gli applausi.
"Diane Margaret Reed." esortò il professore.
Imitai i miei compagni e mi diressi a ritirare la pergamena da Mr. Hudson. Potevo scorgere le lacrime di mia madre, ed io mi commossi all'istante.
"Complimenti, Diane." il professore mi sorrise copiosamente.
Gli rivolsi un sincero sorriso e tornai al mio posto. Altre decine di ragazzi si presentarono a prendere la pergamena.
Al termine della cerimonia tutti fummo congedati dalle nostre famiglie.
Una miriade di flash provenivano dalla mia sinistra, doveva essere la smorfiosa che si faceva fotografare.
Adelaide mi vide immersa nei pensieri. "Non mi racconti più nulla tu, eh?"
Scattai. "Sto cercando di capire perché tanta folla su di lei."
"È l'uomo misterioso. Il nuovo uomo della Harrison, ormai si sa."
"Andiamo a vedere?" proposi.
"Non ci tengo, non è poi così misterioso."
La squadrai per cercare di capire cosa intendesse e perché così nata riluttanza, infondo lei era sempre assetata di gossip.
"Lo hai già visto?"
"Sì, quel sabato sera. Adesso devo andare, abbiamo organizzato il ricevimento a Saint Paul, a casa dei miei nonni. Ti chiamo stasera."
Le stampai un bacio sulla guancia e tornai a focalizzare la mia attenzione sulla mia famiglia.
Quel flash si spostava mano a mano davanti a noi.
Notai la Harrison impazzita nelle sue mille pose e la sagoma di quell'uomo stordito. Misi a fuoco e.. Non poteva essere.
Douglas Miller era il nuovo uomo di Valerie. E io avevo perso. Mi spiegai così il perché delle assenze alla caffetteria, perché aveva riso di me è magari il cliente esigente, poteva essere proprio lei.
Ero certa fosse lei.
Li stavo guardando con disgusto.
Avevo intenzione di buttare le rose, i biglietti, i ricordi, tutto.
Fu quello che feci, in parte.
Le rose finirono nel secchio della spazzatura, pregai la signora Dalton, grande fanatica dei fiori, di non prendere e piantarne i semi.
Non volevo vedere niente.
Ricordavo, mentre bruciavo entrambi i biglietti, i suoi occhi che penetravano nei miei nello studio, occhi che divennero diversi quella mattina, lo avevo visto quasi scusarsi con lo sguardo mentre lei lo trascinava nella loro, forse, automobile.
Capii di li a pochi istanti che per Douglas provavo qualcosa che andava più in la di un semplice rapporto avvocato-cliente.
Forse mi ero innamorata dei suoi sguardi, delle sue minime attenzioni e maggiormente della sua voce.
Mangiai poco, rifiutavo ogni chiamata da parte di Adelaide: non volevo sentire nessuno.
Una manciata di minuti dopo un messaggio.
Adelaide: sapevo lo avresti scoperto, mi dispiace così tanto. 'Notte Diane..
Non volevo soffrire, non di nuovo, non per un ragazzo. O uomo, quel che era.
Mi capacitai del fatto che erano tutte mie idee e di sicuro lui nemmeno ci stava pensando, così come non ci aveva mai pensato a me.
Mi gettai sul letto e caddi in un sonno profondo.

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