4 giorni dopo ...
Passai gli ultimi quattro giorni a casa, mi limitavo ad uscire dalla mia stanza solo per andare in bagno o per mangiare quelle poche cose che i vicini o i miei zii ci preparavano, mia madre passava la maggior parte del suo tempo in ospedale con papà, cosa che a me riusciva impossibile, infatti, andavo in ospedale poche volte.Mamma mi disse che nei suoi pochi momenti di lucidità domandava di me e di George e di quanto potesse tornare a casa.
Mia nonna andava a dormire da lui tutte le sere mentre George passava molto tempo da mia zia.
Questa sera molto probabilmente papà tornerà a casa, non so quanto gli resti, uno, due giorni, una settimana, era poco, troppo poco, improvvisamente mi accorsi di quanto il tempo corra e mi ha sorpreso quanto fragile possa essere la vita.
Ci crediamo forti, potenti, ci lasciamo distrarre delle cose banali e mondane che spesso ci fanno dimenticare di quanto bella possa essere la vita se vissuta con semplicità.
Ogni volta che guardo mio padre sento il petto pesante, sento già il vuoto invadermi,
è una sensazione strana, non sai come comportarti o cosa fare, ti senti impotente, sconfitta.Non so come reagirò quando papà sarà a casa, come diremo a George che papà sarà un angelo e che ogni volta che gli vorrà parlare, lo vorrà abbracciare, o semplicemente guardare negli occhi, dovrà guardare il cielo e pensare che lui sta lì che ci guarda e che è felice, che ci protegge e che ci vorrà per sempre bene.
A me non basta pensare a ciò, non basta sentirmi dire che lui sarà sempre con me, sarebbe inutile, nessuno di noi ha bisogno di qualcuno che non può vedere, sentire o toccare, noi abbiamo bisogno che le persone siano al nostro fianco in carne ed ossa!
All'improvviso mi squillò il cellulare e fui costretta a lasciare volare via i miei pensieri per rispondere.
''Ehi Chloe, sono la zia Danielle, io e tua mamma stiamo tornando a casa, il tempo di prendere George che è rimasto con lo zio e di comprare qualcosa di pronto da mangiare ''.
'' Va bene zia, a dopo ''.
Mi alzai e andai in bagno per farmi una doccia, magari i brutti pensieri sarebbero scivolati via insieme all'acqua calda. Mi spogliai, mi guardai allo specchio e vidi che ero dimagrita visibilmente, avevo gli occhi incavati e iniettati di sangue per tutte le lacrime versate. Decisi di mettermi sotto il getto d'acqua calda, di insaponarmi i capelli e infine passai la spugna in tutto il corpo. Mi rilassai un po' ma non riuscì a scacciare via i brutti pensieri come speravo. Andai in camera, mi misi l'intimo e mi vestì; indossai dei jeans stretti, una felpa nera molto larga con uno skate disegnato e un paio di vans nere. Mi asciugai i capelli, lisci come spaghetti e non mi truccai nemmeno, non avevo nemmeno la forza.
Appena scesi di sotto sentì le chiavi girare nella serratura ed entrò mia zia, mia madre e George.
Mia madre non parlava, come sempre andò a sedersi sul divano con le mani in grembo e con la schiena appoggiata allo schienale. Guardavo i suoi occhi azzurri, ora come ora così diversi dai miei, sembrava gli si fosse poggiato sù un velo opaco che li rendeva quasi grigi. Erano vuoti, non esprimevano nessuna emozione e mi chiedevo se i miei fossero anche così.''Chloe'' mi chiamò mia zia, ''vieni in cucina, per favore.''
Io corsi in cucina.''Dimmi zia.''
''Chloe, questa sera tuo padre sarà dimesso, non sappiamo quanto ancora gli resti e noi tutti vogliamo che passi questi ultimi giorni di vita serenamente.''
Aveva gli occhi lucidi mentre parlava e io mi limitai ad annuire.
''Tu come stai?'' mi disse.
''Sto'' dissi con falsa rassegnazione, quella rassegnazione che sembrava non volesse mai arrivare.
Non parlò più e insieme ci dirigemmo di nuovo in cucina, dove trovammo mia madre ancora nella stessa posizione e George che giocava con le sue solite macchinine.
Mi avvicinai e lo presi in braccio, stringendolo forte e lui ricambiò.''Come stai piccolo mio?''.
''Bene sorellina, però adesso lasciami giocare con le macchinine, sto facendo una corsa e devo vincere.''
Io ridacchiai amaramente e lo lasciai giocare.La giornata trascorse come erano passate le ultime, nel silenzio e nella solitudine.
Alle sei del pomeriggio arrivò l'ambulanza, scesi le scale ma mi bloccai non appena vidi quel che restava del corpo di mio padre, il mio rifiuto nell'affrontare la situazione mi spiazzava, volevo stargli vicino ma allo stesso tempo avevo paura, avevo paura di complicare le cose, di rendere le cose più complicate, era la mancanza di speranza, la consapevolezza che prima o poi se ne sarebbe andato che mi frenava e mi faceva preferire lo stargli lontana.
Una volta deposto sul letto della camera per gli ospiti gli infermieri gli misero tutti i macchinari che lo tenevano in vita e se ne andarono.
Mi diressi nella mia stanza e restai lì dentro per tutta la sera.
Il continuo via vai di parenti ed amici mi infastidiva profondamente e continuava a frenarmi nel raggiungerlo, stringergli la mano e dimostrargli tutto il bene che gli voglio.
Era appena passata la mezzanotte e decisi di spegnere il televisore e cercare di prendere sonno, avevo bisogno di parlare con Alice, la mia migliore amica che non vedevo da più di una settimana e mi mancava davvero tanto, così come mi mancava la scuola, i miei amici, la mia vita.
L'una, le due, le tre... sembravo aspettare qualcosa che pareva non arrivare mai, forse aspettavo che qualcuno mi svegliasse e mi dicesse che questo era solo un incubo, o che mio padre entrasse improvvisamente nella mia stanza, mi rimboccasse le coperte e mi dasse il bacio della buonanotte.
Improvvisamente sentì il bisogno irrefrenabile di un contatto fisico con lui, mi agitai e saltai giù dal letto, i sensi di colpa mi invasero, mi sentivo un'egoista che non aveva fatto altro che pensare a se stessa piuttosto che stare vicina a mio padre nel momento più critico della sua vita.
Cominciai a piangere, scesi in fratta le scale e mi precipitai nella sua stanza.
Aprii la porta della sua stanza, mi fermai un istante a fissarlo e poi ripresi la mia corsa frenetica verso di lui.
Gli presi la mano e gli baciai la guancia, mi distesi al suo fianco, illudendomi di recuperare il tempo perduto e di dargli il mio amore negato.
Piansi tanto, penso di non aver mai pianto così in tutta la mia vita un pianto disperato, frenetico, in grado di farti prosciugare le lacrime e di ucciderti.
Stetti molto tempo a fissarlo, a sentire il suo profumo ed il suo respiro.
Gli parlai, gli dissi tutto quello che sentivo per lui, gli raccontai di quanto bene gli volessi, di quanto mi sentissi sola e di come mi sarebbe mancato. Lo sentii agitarsi nel sonno, forse mi aveva ascoltato, pensai.
Lo sentii tossire, stava cercando... di.. dirmi qualcosa.
'' Chloe non lasciarti abbattere, non arrenderti mai.'' Aveva la voce pesante, sforzata.
'' Ti voglio bene e so che puoi farcela. Promettimi che continuerai a studiare, che ti lascerai il passato alle spalle, promettimi di stare vicino a tua madre e promettimi di far diventare George l'uomo di casa, di crescerlo insieme a tua madre nel migliore dei modi, e quando sarà grande, raccontagli di quanto l'ho amato!''.
Le lacrime scorrevano automaticamente.
''Te lo prometto papà '' dissi come se fosse l'unica cosa ovvia che avrei potuto dire.
''Adesso riposati '' lo baciai e lo strinsi forte a me, vidi il suo volto rilassarsi e il respiro tornare regolare.
Dormì con lui fino a quando le prime luci dell'alba non mi svegliarono, aprii gli occhi e poggiai la testa sul suo petto.. era freddo, strano.
Mi alzai in modo tale da poterlo guardare.
'' Papà... svegliati, è giorno! '' lo chiamai.
''Papà '' insistetti.
''NO, NO.. non può essere vero. '' Il respiro prese ad essere affannato e il cuore batteva all'impazzata. Mio padre era morto fra le mie braccia!
'' Papà non puoi lasciarmi, ti prego! '' mi strinsi a lui e gli baciai la fronte.
Era morto, e forse ero morta anch'io con lui.
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Salvata da uno sbaglio
ChickLitAll'improvviso quella che sembrava una vita perfetta comincia a trasformarsi in un inferno. Chloe ha 16 anni, ha tutto quello che una ragazza della sua età potrebbe desiderare, è bella, ha una splendida famiglia, un ragazzo che la ama e un futuro pr...