Fui colta alla sprovvista. Come lo vidi cadere in acqua mi lanciai dietro di lui. Fu una cosa talmente istintiva e non ebbi tempo di riflettere. Il mio corpo reagí prima della mente. In acqua mi tolsi veloce il vestito mentre il mare mi trasformava. Non lo vedevo piú. Il vento era forte. Pensai per un momento a Juan. Ricordai quando gli avevo regalato quel braccialetto fosforescente l'anno prima...Un onda mi esplose in faccia facendomi finire sotto i flutti. Riemersi per cercarlo in superficie, sperando fosse ancora li. Niente. Il mare lo stava portando via.
"Perché lo fai?". Urlai disperata, come se quell'ammasso di acqua potesse sentirmi. Sapevo che era inutile. Le onde erano forti, il cielo grigio. Mi tuffai speranzosa e lo scorsi,stava letteralmente affondando. Nuotai velocemente, combattendo la marea in fervore e le correnti forti. Lo raggiunsi, gli occhi sui erano semiaperti, poi si chiusero mentre lo portavo in superficie. Ma fu davvero difficoltoso raggiungere la barca e caricarlo su. Il mare inizió a calmarsi. Come era possibile una tempesta cosí veloce? Appena fui sulla barca, con la coda, mi trascinai verso la pochette. Ne presi il cellulare all'interno. Digitai il numero di emergenza. Grazie a Dio la coda riprese le sembianze delle mie gambe in tempo perché arrivassero i soccorsi. Daniel era sdraiato vicino a me e pareva morto, ma io so che non lo era. Sapevo che era ancora vivo.
In ospedale si riprese. Aveva bevuto molta acqua, lo salvarono per miracolo. Io non avevo molta dimestichezza con il primo soccorso per cui non avevo potuto fare niente. Dopo una visita veloce, la dottoressa Fox, una donna di circa vent'anni, mi disse che era tutto apposto e mi congedó. Non vidi Daniel, i suoi gli corsero appresso mentre la dottoressa si era offerta di accompagnarmi all'uscita. Ma prese un'altra uscita e mi guidó in una saletta semichiusa."Accomodati cara". Mi disse, indicandomi una sedia. Ubbidii.Ma non capivo. Lei si sedette su un'altra sedia vicino a me. Aveva un viso molto giovanile, dolce.
"Posso farti qualche domanda ragazzina". Mi chiese sorridendo.
"Certo". Feci io ricambiando quel sorriso contaggioso. La donna mi mostró un flacone. Conteneva una strana sostanza collosa. La riconobbi e sbiancai. Lei lo notó. "Sei stata tu Maureen? Dimmi realmente cosa è successo in quella barca. La tua versione ci è parsa molto vaga".
"L'acqua...Un onda lo ha preso. Non so. Deve aver bevuto molta acqua...Non lo so, non sono un medico...". Non sapevo che dire, ero piuttosto tesa e lei lo notó. "Maureen". Disse nuovamente. "A me non puoi mentire se ho le prove in mano. Questo campione l'ho prelevato dai tuoi vestiti. È tutto molto chiaro". La dottoressa Fox sorrideva. Mi prese per mano e mi trascinó su un lavandino che riempí d'acqua. Mentre lo faceva mi staccai da lei. Si voltó e io scappai. Non avevo capito le sue intenzioni ma se sospettava qualcosa su di me era meglio filarsela. Raccolsi il campioncino che aveva lasciato sulla sedia e mi diressj verso la porta. Lei mi seguí svelta e mi prese per un braccio mentre aprivo la porta."Non voglio farti del male". Mi intimó. Io allora le diedi un calcio ben piazzato in pancia e dopo aver spalancato la porta corsi fuori. Ero sicura di non averle preso i polmoni. Corsi a perdifiato finché non fui fuori da quel posto. Chiamai immediatamente i miei genitori e mi spalmai il contenuto della provetta sulla pelle, in modo che la riassorbisse. Quale modo migliore per nascondere una mia traccia? Che poi era un naturale processo per il mio corpo assorbirla dato che la produceva per trasformarmi. Ovviamente i miei mi riempirono di domande e si arrabbiarono un sacco. Accettai la mia punizione, ovvero la confisca del cellulare. Quella notte dormii tranquilla ma il giorno seguente mi ricordai di un sogno che avevo fatto. Non riuscivo a darvi un senso. Talmente era strano.
Ero in riva al mare in tempesta, mentre i miei piedi venivano bagnati dalla sabbia mista ad acqua salata. Improvvisamente qualcuno mi toccó una spalla. Mi voltai. Juan mi sorrideva e piangeva. "Maureen, non lasciarmi solo". "No". Risposi io. "Che dici?". Lui si staccó da me e si avvicinó all'acqua. Vi entró fino alle caviglie. Io lo chiamavo, cercavo di urlare il suo nome ma la mia voce era flebile, debole. Cercavo di muovermi ma facevo fatica. Lui si voltó un ultima volta verso di me. Sorrise. Poi si voltó nuovamente a guardare il mare mentre un onda gigantesca lo inghiottiva.
Il sole entrava tenue dalle finestre. Mi alzai e scesi per la colazione. Mio padre non mi guardava in faccia. Per un momento mi sentii davvero in colpa. Mamma non disse niente. Aveva pianto, si vedeva. Rosa faceva la gnorli. Solo la nonna mi diede un bacio. "L'importante è che tu ora stia bene". Ma io pensavo solo a Daniel. E se inconsciamente avesse visto qualcosa. Forse avrei potuto raccontargli la verità ma prima dovevo chiedere a Rosa. Avevo bisogno della mia sorellina.
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Perla nera
FantasyLe onde si infrangono sulla spiaggia deserta al chiaro di luna, mentre mi lascio avvolgere dal mare e dai suoi canti.