Capitolo 2

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Erano le quattro in punto. La campanella di fine lezioni era appena suonata. Come tutti gli altri giorni, raccolsi velocemente le mie cose e uscii dall'aula.
Lungo la strada verso casa, camminando lungo il marciapiede, mi elencai mentalmente gli argomenti di letteratura che dovevo ripassare per il test che ci sarebbe stato l'indomani mattina, e non ricordandomi esattamente l'ultimo punto, frugai nel mio zaino per cercare il quaderno degli appunti. Con mio orrore, non c'era. No, non poteva essere, eppure... Mi fermai e, appoggiandomi ad una panchina, cercai con più attenzione. Niente da fare, non c'era. Poi, d'un tratto, mi ricordai che lo avevo lasciato sotto il banco, e che probabilmente non lo avevo preso, nella fretta del momento.
Dovevo assolutamente ritornare a scuola per prenderlo, altrimenti, avrei anche potuto non fare direttamente l'esame del giorno successivo!
Quando arrivai, fortunatamente, la scuola era ancora aperta, sebbene il bidello avesse già finito di pulire.
Giunta fino in classe, mi accorsi di non essere sola. Infatti, James, seduto sulla cattedra del professore, stava giocherellando con un gessetto.
Lo fissai per un istante, senza dir nulla, poi, guardandolo torva, gli chiesi diffidente che cosa ci facesse lì a quell'ora.
M'ignorò spudoratamente e continuò a lanciare in aria il gessetto, come se il farlo fosse cento volte meglio e più interessante che parlarmi.
《È vietato rimanere a scuola dopo le lezioni.》lo avvisai, mentre mi avviavo verso il mio banco. Mi chinai e tirai un sospiro di sollievo. Era ancora lì, il mio quaderno.
《E con ciò?》
《Significa che potresti essere espulso.》risposi, e pensai magari!
《Sai quanto me ne può fregare, che lo facciano pure!》ribatté, con indifferenza, saltando giù in piedi.
《Dimenticavo che eri James l'onnipotente, l'imbecille senza speranza al quale non si può fare e dire nulla.》dissi, sardonica.
《Sei proprio una stronza, non mi stupisce affatto che tu non piaccia a nessuno in questa scuola.》
《Come se m'importasse di qualcosa!》《Fammi un favore, evapora.》
Si sentì un improvviso botto.
Le luci erano state spente e in corridoio regnava il silenzio più assoluto.
《Cos'è stato?》
Spinta da un terribile presentimento, corsi fino all'uscita.
La porta era stata chiusa. A chiave. Ogni mio tentativo di aprirla era invano.
《È inutile che ti sforzi.》commentò James, dietro di me.
《Tu, brutto scarafaggio! È solo colpa tua se sono rimasta rinchiusa qui!》urlai disperata, furiosa.
《Cosa centro io?!》replicò, scaldandosi.
《Esisti!》
E alla mia risposta, lui rise.
《Sembra proprio che verrai espulsa anche tu.》canticchiò, divertito.
《Aprite! C'è qualcuno là fuori? Aprite!》ripetei queste parole per almeno mezz'ora, ma nessuno rispose.
Erano già le cinque e mezza e non avevo nemmeno il cellulare per chiamare casa. Cos'avrebbe pensato mamma se non fossi ritornata quella sera? Potevo già scavarmi la fossa e sotterrarmici, tanto lo avrebbe fatto lei il giorno seguente.
Ritornai in classe e mi accasciai a terra contro il muro, in preda all'esasperazione.
James, al contrario, non sembrò affatto turbato da quella situazione, e anzi.
Ero intrappolata a scuola, senza cellulare, senza cibo e con uno schifosissimo scarafaggio.
La cosa peggiore però è che, nel più probabile dei casi, quel domani, sarei stata espulsa!
Cosa diamine avrei potuto fare adesso?
I pensieri più orripilanti mi passarono per la mente. Sarei potuta forse scappare, magari in un posto lontano, dove nessuno mi conoscesse. Avrei iniziato una vita nuova, mi sarei trovata un lavoro, una casa... Oddio, dovevo smetterla di fantasticare, in una situazione simile poi!
La paura dissipò, e al suo posto s'instaurò in me un'amara consapevolezza.
La vista mi si annebbiò di lacrime. Ero arrivata al culmine della sopportazione. E che ci fosse anche James lì, non me ne importò più nulla. Poteva anche vedermi piangere quanto voleva, tanto non ci saremmo più rincontrati, una volta cacciata di scuola.
D'un tratto smise di ridere e si venne a sedere accanto a me.
Rimase in silenzio per un po'.
Non mi aveva mai vista piangere fino ad allora.
《Su, ora finiscila, non è poi la fine del mondo, no?》disse, pensando erroneamente che quelle parole mi potessero consolare.
Gli lanciai un'occhiataccia《È facile per te dirlo!》
《Guarda che mi dispiace!》
《Ma smettila.》《Non voglio la tua falsa compassione.》risposi, asciugandomi gli occhi.                       
《Non sto fingendo.》ribatté 《E poi, andiamo, sii ragionevole, non ti potrebbero mai espellere. Mi costa ammetterlo, ma non posso negare l'evidenza, sei l'unica con un po' di testa qui, anche se sei povera.》
《Cosa c'entra l'essere poveri? La pianti di giudicare le persone dalla loro situazione economica? E non sei nemmeno bravo a fingere, non credo ad una sola tua parola!》
《Non ti chiedo di credermi, ma sappi che non ti odio a tal punto da volerti fuori da questa scuola.》disse, con inaspettata serietà e determinazione《E comunque, sarebbe tremendamente noioso senza di te, visto che sei l'unica che osa contraddirmi. Non sai quanto sia seccante avere sempre alle costole gente che ti da ragione solo perché è conveniente.》
Aveva un'aria diversa da quella che aveva solitamente quando era con i suoi amici, la stessa che aveva la prima volta che lo vidi entrare in classe.
D'un tratto, mi parve più solo che mai. Quasi mi fece pena. 
Alzò il volto, e sorrise 《Non avrei mai pensato di poter dire cose del genere, specialmente a te! Sto proprio delirando.》
Mi guardò amichevolmente, ed io mi sentii stranamente a disagio.
《Perché non ti comporti come al solito?》domandai, asciugandomi gli occhi.
《Non so, mi fa effetto vederti piangere. Sei sempre così piena di te, così energica, così sicura che, vederti in questo stato mi da sui nervi.》
Rimasi colpita da quelle parole, tanto che non riuscii più a dire nulla.
《Ti sembrerà ridicolo, e probabilmente lo è davvero, ma spesso nutro stima nei tuoi confronti.》
Soffocai una risata. 《Sì, hai ragione, è proprio assurdo.》
《Comunque mi dispiace per tutto quello che ti ho fatto passare.》mormorò.
《Non importa, ci sono abituata.》risposi, poggiando il mento sulle ginocchia e guardando fisso il pavimento 《Ma dimmi un po', perché eri qui anche dopo le lezioni?》
《Non avevo voglia di ritornare a casa.》
Oh, sì, questa sì che era una risposta sensata, pensai.
《Perché?》《Ti pare che sia divertente e normale rimanere a scuola, dopo le lezioni, quando tutti se ne sono andati via e non è rimasta anima viva?》
《Non che a casa mia sia tanto diverso...》
《Cosa vuoi dire?》
《I miei sono sempre fuori, e stanno più in ufficio che a casa.》《Ma ormai ci sono abituato, è sempre stato così. Quando ero più piccolo, c'era mia nonna a tenermi compagnia, ma da quando è morta, in quella casa così grande ci viviamo solo io e i domestici.》
《E non hai amici con cui uscire?》
《Con il mio stato sociale e il mio cognome, è difficile riuscire a trovare persone che si possano definire amici.》spiegò, cupo.
《Pazzi. I soldi sono importanti, non lo metto in dubbio, ma fino ad un certo punto.》
Continuammo a parlare e senza nemmeno rendercene conto, si era fatto buio ormai.
Non ricordo quando mi addormentai, e sopratutto come ci riuscii, visto quel che mi sarebbe aspettato il giorno seguente.
Quando l'indomani mattina il bidello, nell'aprire la porta della classe, ci sorprese a terra, l'una accanto all'altro, seppure completamente vestiti - voglio precisare che non era accaduto assolutamente nulla di indiscreto tra noi due, durante la notte - rimase talmente sconcertato, che, poveretto, vecchio com'era, quasi rischiava di farsi venire un infarto! Iniziò a urlare di tutto, cose poco belle, e dopo essersi calmato, ci cacciò in presidenza, come se fossimo due criminali.
James, come il giorno precedente, mi parve più calmo che mai, impassibile; io, invece, dal terrore che provavo, non riuscivo nemmeno a camminare. Cazzo, pensavo, questa è la mia fine; mia madre mi caccerà di casa, finirò in strada, a fare la barbona e morirò di fame e di freddo!
Chiamarono i nostri genitori, il padre di James, un uomo alto, imponente e dai capelli ingrigiti, e mia madre, la quale mi diede uno schiaffo non appena mi vide.
Era fuori di sé, letteralmente, e come darle torto! L'ultima cosa che mi disse, prima che mi rimandassero in classe, era che, se mi avessero espulsa, avrei anche potuto pensare di iniziare a lavorare.
Le ore di attesa furono una vera e propria tortura. Mi sentivo uno schifo. Peggio di quando i miei compagni mi avevano preso di mira.
Era l'ora di pausa pranzo. Venni finalmente, si fa per dire, chiamata in presidenza.
Il preside aveva un'aria molto rigida e persino delusa, e io non sapevo come comportarmi.
Ero sempre stata una studentessa modello, ottimi voti, comportamento eccellente, nemmeno un richiamo in tre anni, e ora... da quando era arrivato James, erano cambiate così tante cose.
《Non verrà espulsa signorina White.》sentenziò《Ma prima che esca di qui, voglio che lei sappia che è stato un desiderio del signor Hood la sua permanenza in questa scuola. Tuttavia, ritengo che sia necessario una severa punizione, in quanto ha violato una delle regole più importanti della scuola. Dunque ho deciso che lei e lo studente Hood, sin da oggi, dovrete pulire la palestra ogni giorno dopo le lezioni, sotto la sorveglianza del bidello. Questa punizione durerà per le prossime tre settimane. Può andare ora, spero che abbia imparato la lezione, signorina White.》
《Certamente. La ringrazio profondamente.》
E mi dileguai, senza ancora riuscire a credere a quel che mi aveva detto, e sopratutto a quel che aveva fatto James per me.
Speravo di poter dirgli quanto gli ero grata quel pomeriggio, in palestra, ma non si presentò, cosa che non mi sorprese affatto.
Arrivò primavera.
Si sentiva proprio che l'inverno se n'era andato.
Gli alberi erano pieni di germogli verdi e i prati erano ritornati rigogliosi come prima, con qualche fiore che spuntava qua e là.
Ripresi, dopo molto tempo, a fare le mie passeggiate pomeridiane, che finivano sempre nello stesso punto, in un giardino dove non passava mai nessuno, che scoprii anni prima, per caso, durante un'uscita con mia madre.
Mi piaceva stare lì, dove l'unico rumore erano i cinguettii degli uccelli, alternati al mio respiro.
James cominciò a diventare meno ostile nei miei confronti.
Non ci parlavamo molto, come prima del resto, specie durante le ore scolastiche, ma capitava che, in palestra, mentre pulivamo le attrezzature e il pavimento, sotto la meticolosa sorveglianza del bidello, ci scambiassimo qualche parola, mai che fossero carine però.
Sottolineo, ora ed allora, che James era un vero imbranato per quanto riguardava le pulizie.
《Dio santo, sei proprio inutile!》esclamai, alzando gli occhi al cielo e dirigendomi verso di lui.
《Smettila!》《Se sei così brava provaci tu!》 sbottò.
《Osserva bene, perché non lo ripeterò un'altra volta!
Roba da matti, hai diciassette anni e non sai come s'impugna una scopa; pure mio fratello che ne ha sette lo sa fare!》
《La smetti di sfottermi?》
《No! Mi diverte troppo.》《Mi servi le frasi su un piatto d'argento.》
Mi guardò male.
《Su, dammi la mano.》
《Perché?》chiese diffidente.
《Voglio sputarci sopra.》ironizzai.
《Molto divertente.》rispose, facendo una risata sarcastica.
Feci un sospiro esasperato. Presi la sua mano, calda, molto più grande della mia, che, in confronto, sembrava quella di una bambina.
《Una sopra e una sotto e poi, in questo modo... Porti tutta la polvere qui, hai capito?》
《Sì, non parlarmi come se fossi un demente.》disse, voltandosi verso di me.
《Perché, non lo sei?》risposi beffarda, alzando lo sguardo, senza rendermi conto di quanto fosse vicino.
Mi guardò serio, gli occhi azzurrissimi fissi sui miei.
Tipica scena da film americano. Non avrei mai pensato che potesse accadere qualcosa di simile anche nella vita reale, a me per giunta! Ci mancava solo che mi baciasse.
Era ridocolo. Non lo avrebbe fatto, sicuramente, o mi sbagliavo? E se lo avesse fatto, io glielo avrei permesso? Probabilmente no, non allora.
In ogni caso, non lo saprete mai, perché non passarono più di due minuti che entrò il bidello urlando: 《Voi due! Di nuovo avvinghiati l'una all'altro? Calmate un po' i vostri ormoni!》

Tempeste e Uragani (Versione revisionata! #wattys2016)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora