Capitolo 2

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Il viaggio in aereo fu un'esasperazione; lo ricordo benissimo, dato che fu forse il viaggio più lungo al quale i miei nervi fossero mai stati sottoposti.
Era un volo diretto, per mia fortuna; gli scali non sono mai stati il mio forte: ricordo infatti non senza vergogna che nell'effettuare lo scalo da un treno all'altro, che avevo scelto come mezzo di trasporto per andare a trovare una mia cara amica al mare dato che non avevo ancora ottenuto la patente, mi sedetti su una panchina in modo da poter vedere le rotaie e fare attenzione all'arrivo del treno. Peccato però che questo fosse nascosto alla mia vista dalla presenza della biglietteria e che io, imbranata come ero e come sono tutt'ora, rinchiusa nella mia bolla di sapone isolata dal mondo e chiusa ermeticamente, non avessi sentito la voce che proveniva dagli altoparlanti e che ne stavano annunciando la partenza. Così, altamente scocciata dal fatto che mi sembrava strano che il treno ancora non fosse arrivato mi alzai per perlustrare il territorio: ma questo stava là, dritto davanti a me a motore acceso e a porte aperte; tutto ciò che potevo fare era abbracciare con un gesto felino il bagaglio e correre goffamente sperando che le porte non si chiudessero. Fu una grazia che quella volta sia riuscita a salirvi, pensavo, magari la prossima volta se ciò fosse accaduto nuovamente sarei rimasta a piedi... Letteralmente. Così da quel momento iniziai a tenere a mente questa scioccante esperienza per i viaggi che mi sarebbe toccato fare in futuro, ed è per ciò che cerco in tutti i modi, anche se a volte risulta più dispendioso, di evitare ogni genere di cambio o scalo.
Francamente, come dicevo prima, mi vergogno un po' delle mie prodezze passate, ma nonostante tutto cerco di ricordarle come esperienze positive: non si smette mai, infatti, di imparare da ciò che la vita ti pone davanti, dalle sfide (banali o difficoltose esse siano) che insediano le nostre giornate e donano varietà a un'esistenza altrimenti noiosa.
Le ore totali di viaggio furono 9; in più il fatto che fossi stata piazzata sul sedile vicino al finestrino garantiva sì una visuale mozzafiato la quale non posso negare di aver follemente amato, ma assicurava inoltre che non mi potessi in alcun modo alzare per sgranchirmi le gambe nel corridoio e che non potessi, cosa molto peggiore, andare in bagno. Così tentavo invano di distrarmi ascoltando musica, guardando film o dormendo, ma ogni sforzo fu a dir poco inutile: nulla poteva farmi pensare ad altro se non a "dove è la toilette?". Ciò fu sicuramente lo sforzo peggiore che mi toccò fare: quando l'aereo atterrò infatti, il fatto di dover aspettare almeno un'altra ventina di minuti prima di scendere per via dello scarico dei bagagli e dei passeggeri mi suscitò il terrore di esplodere da un momento all'altro. E andare in bagno fu la prima cosa che feci una volta scesa dalla passerella e ritirati i bagagli. Ma ciò per essere raccontato non ha bisogno di ulteriori dettagli, suppongo.
Dunque, una volta accertatami di aver raccattato ogni singolo bagaglio e di stare seguendo il gruppo con cui viaggiavo uscimmo tutti quanti fuori, in  attesa dell'arrivo del pullman che ci avrebbe portati a destinazione; fuori, a differenza di quanto mi aspettavo, non era affatto freddo e ciò mi lasciò piacevolmente sorpresa: infatti avevo sentito dire che gli inverni erano molto rigidi, ma non avevo effettivamente considerato che settembre non fa parte del periodo invernale.
Salii sul pullman; ironia della sorte l'unico posto libero che intravidi era situato di fianco a quelli in cui erano sedute la biondona e la sua amichetta; ma ecco che questo posto veniva occupato da un ragazzo alto e scheletrico, dai capelli color biondo cenere e occhiali dalla montatura leggera.
Nella mia testa però esultai: stare in piedi per venti minuti non doveva essere quasi nulla paragonato allo stare seduta in fianco a quelle ragazze, troppo snob, troppo alte, troppo belle per me, comune mortale.
Ma ecco di nuovo che il ragazzo volse la testa e mi vide in piedi; con fare benevolo e con tono dolce si accinse a lasciarmi il posto mormorando: << Oh, scusami davvero tanto, sono stato sbadato a non notare che c'era una donzella in piedi qui di fianco. Siediti, siediti pure >>.
Donzella? Non capivo se stesse cercando di attirare la mia attenzione nominandomi in quel modo o se fosse serio. Speravo che fosse al corrente del fatto che non eravamo più nel Medioevo ma nel ventunesimo secolo, oramai. E ad ogni modo né mi attirava il suo aspetto (carino, ma troppo intellettuale per i miei gusti), né penso sinceramente che il mio aspetto avesse attirato lui. E poi era troppo alto per me. Evviva l'autostima!
Così, a malincuore ma sotto sotto sollevata (dato il fatto che ero distrutta dal tragitto in aereo) ringraziai timidamente e mi sedetti, coprendomi il volto con i capelli per evitare ogni contatto con il mondo esterno, solo come gli asociali ad hoc sanno fare. Temevo un tentativo di discorso da parte della biondona e dalla sua amica. Infatti la prima, noncurante del fatto che avevo già indossato gli auricolari per starmene immersa in meditazione nella mia musica sorrise e mi salutò con un sonoro << Ciao!>>.
Naturalmente non avevo sentito nulla; ad un tratto però percepii un colpetto delicato sulla spalla, come se qualcuno mi stesse chiamando senza pronunciare il mio nome.
<< Hey? Ci sei? >>
Mi voltai di soprassalto spalancando gli occhi in una smorfia di sorpresa e la fissai per un lunghissimo secondo. Vedevo le sue labbra carnose che si aprivano e si chiudevano ma non sentivo nessun suono provenire da esse che scavalcasse il suono della musica che stavo ascoltando. Ah già, gli auricolari.
Li sfilai dalle orecchie e cliccai sul mio cellulare il tasto "pausa".
<< Scusami tanto, non ti avevo sentita perché avevo gli auricolari >>. Tenni la testa bassa mentre pronunciavo queste parole, poiché ancora una volta il colorito rosso aveva preso il soprassalto sulle mie guance, tingendomi il viso. Avevo fatto un'altra bella figura, insomma.
<<... E stavo ascoltando musica rumorosa. >>
<< Oh figurati. Sta tranquilla. Io mi chiamo Aurora, piacere >>. Mi porse la mano toccandosi i capelli con l'altra è rigirandoseli in una ciocca.
<< Piacere, Alice >>
<< Lo sapevamo già. Lei invece è Ylenia, Ylenia con la Y però, sta attenta dato che lo sbagliano tutti >> e scoppiarono in una risata fragorosa. Io mi limitai a sorridere dato che effettivamente un nome così non lo si vede spesso. È come se io mi chiamassi Alyce in fondo, no? Carino ma inusuale.
Le due ragazze smisero di ridere e presero dei respiri profondi per calmarsi: << Scusa se arrivo subito al dunque >> disse la bionda << ma da quanto ho capito siamo state affidate a famiglie che abitano nello stesso quartiere. Credo poi che io e te saremo pure vicine, se non erro >>
In quel momento mi scappò un << Cosa?>> incredulo. << E come fai a saperlo? >>
<< Mi hanno inviato una mail con i nomi dei ragazzi che partecipano e i relativi indirizzi e cognomi delle famiglie. A dire il vero l'hanno inviata a tutti, tu non l'hai ricevuta? >>
<< Uhm... Non controllo mai le mail... >> bofonchiai lasciando trasparire la mia superba sbadataggine.
<< In ogni caso, è stato facile, ho cercato i luoghi e gli indirizzi delle nostre famiglie su Google maps. Ma può essere che abbia sbagliato a controllare. In ogni caso pensavo che sarebbe bello trovarsi tutte assieme, ogni tanto... Ti andrebbe? >>
<< Ehm.. Ssssi. D'accordo >>
<< Perfetto, sono contenta che l'idea ti piaccia. Ora se vuoi >> e ridacchiò, non in maniera beffarda ma benevola << puoi ascoltare la tua musica senza più essere disturbata. Scusa se prima ti abbiamo interrotta ma ci tenevamo a conoscerti. >>
Tutto ciò mi lasciò di stucco. Ero convinta che mi avrebbe trattata con superiorità e presa in giro, ma forse mi sbagliavo.
<< Uhm, grazie >>.
Ma si vedeva così tanto che non avevo voglia di parlarle? Nascosi le mie guance vermiglie di imbarazzo dietro la tenda di capelli e iniziai nuovamente a srotolare le cuffie, le quali, non si sa come, si erano nel frattempo attorcigliate e annodate da sole, come se per due minuti avessero avuto vita propria.
<< Aspetta >> aggiunse la bionda.
Smisi di fare ciò che stavo facendo con le cuffiette e rigirai il volto verso di lei.
<< Volevo dirti che hai dei capelli bellissimi >>
Un alone di sorriso mi avvolse la bocca, abbassai nuovamente la testa e il colore rosso mi ricoprì ancora una volta il viso, questa volta non per imbarazzo ma perché ero contenta di aver ricevuto un complimento del genere.
<< Grazie mille >> mormorai timidamente, e mi infilai nuovamente le cuffie nelle orecchie.

Teal and Orange (sospeso) Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora