Sandworld

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Camminavo lungo quello che un tempo era il tratto di mare che separava l'Africa dall'Italia: la polvere si alzava sotto forma di dense nuvole rossastre che andavano ad imbrattare le mie gambe ormai divenute del colore della terra. Il sole picchiava sulle mie spalle ed i miei capelli erano diventati un vero e proprio cespuglio sporco di polvere e terra; d'altronde questo era ciò che distingueva tutti noi, sudici e boccheggianti per il caldo.

C'eravamo messi in marcia nove giorni prima partendo da Napoli, divenuta una distesa di sabbia e terra: perfino il Vesuvio si era quasi inabissato sotto la sabbia lasciando solo intravedere qualche sporadico segno del suo cratere; si era spento da parecchi anni, forse proprio a causa della sua immersione nel suolo sabbioso. Così lasciammo quella che un tempo fu una città fra le più belle secondo il mio parere; certo avevo sempre detestato il caos del centro, ma in quel frangete avrei tanto voluto che tutto ritornasse ai bei tempi arcaici. Come sognavo che tutto tornasse come prima; non che desiderassi l'inquinamento di cui la Terra era avviluppata prima della fatidica disgrazia, ma almeno a quel tempo eravamo la specie dominante. Ora tutto era cambiato e noi ci stavamo sempre più allontanando da quella meravigliosa città che tanto avevo apprezzato per le sue stradicciole, i suoi meravigliosi paesaggi e tutto ciò che la rendeva speciale agli occhi di ogni essere Umano. Rimpiangevo con tutta me stessa ciò che stavamo lasciando.

Quando avevamo deciso di partire lo avevamo fatto unanimemente e c'eravamo messi in viaggio appena raccattati i nostri sporadici averi – naturalmente chi ancora ne possedeva dato che ci avevo estirpato tutto – fu un dramma per tutti abbandonare la città, ma non avevamo altra scelta; d'altronde la distribuzione avveniva due volte al mese e in quelle occasioni tutti i sopravvissuti si radunavano per poterne partecipare: un caos inimmaginabile. Odiavo fermamente partecipare a quell'evento, ma per sopravvivere ero costretta a farlo, come gli altri d'altronde.

Eravamo in cammino da nove giorni e tutti eravamo stanchi morti; alcuni ci avevano lasciato lungo il tragitto, troppo stanchi per proseguire; altri avevano deciso di rimanere in città, decisione assai stupida ed avventata, attendere a quel modo la morte era fin troppo efferato, molti di noi avevano tentato di dissuaderli ma senza successo. In cammino alcuni con rimpianti ed altri con la sola forza della speranza ci stavamo dirigendo verso quello che un tempo doveva essere l'Egitto. Era l'unico territorio che non era stato colpito dalla disgrazia e le sue Piramidi svettavano ancora verso il cielo, d'altro canto lo avevano scelto appositamente per le Piramidi e la loro posizione; molti antichi scienziati avevano sempre cercato di convincere la popolazione che le Piramidi nascondevano qualcosa, ma nessuno aveva creduto loro e li avevano ritenuti pazzi ed ora tutti noi ne pagavamo le conseguenze.

Io ero sopravvissuta a stento solo grazie all'aiuto di un amico che avevo ritrovato proprio a Napoli quando emigrai dalla mia città; tutti noi sopravvissuti ci riversammo nelle più grandi città sperando di poter trovare luoghi accoglienti ricchi di Vita, ma non fu così: avevano colpito anche le più insigni città; perfino Londra, New York e Pechino erano state completamente sommerse. Ora tutti si erano messi in cammino per raggiungere l'Egitto in attesa della distribuzione. Fortunatamente io e Herot c'eravamo nuovamente incontrati a Napoli ed avevamo deciso di proseguire il viaggio assieme. Lo incontrai dopo la disgrazia, quando annunciarono la frequenza delle distribuzioni, ed emigrai verso Napoli; lo rincontrai e ne fui felice perché non lo vedevo da fin troppo tempo: c'eravamo conosciuti a scuola – quando ancora la frequentavo – ed ora che io avevo 20 anni e lui 22 c'eravamo rincontrati a Napoli; fra tutte le persone che volevo incontrare lui era l'ultimo della lista, ma - si sa - nel momento del bisogno i rancori si mettono da parte e ci si aiuta a vicenda, così lui mi aveva salvata da uno di quegli esseri e da lì avevamo ripristinato la vecchia amicizia.

Inciampai in un ciottolo, forse per la stanchezza ed il caldo, ma prima di cadere a terra un braccio mi afferrò per il gomito e mi ritirò su. Mi voltai a destra vedendo Herot.

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