Spes

15 dicembre 1936

Mi chiamo Herrmann e sono un ragazzo di trent'anni.

Sono stato arruolato nelle SA, ovvero "battaglione d'assalto", il primo gruppo paramilitare del Partito Nazista.

Purtroppo nella mia Germania l'unico modo per sopravvivere era far parte del regime di Hitler, pur non condividendone le idee.

Voglio raccontare la mia storia per lasciare una testimonianza su come sia stato difficile per me ritrovarmi ad amare una persona del mio stesso sesso, durante questi anni.

Tralasciando la difficoltà psicologica personale di accettarmi, andando contro ogni insegnamento ed etica che mi sono stati imposti dalla società e dalla mia famiglia.

Non è facile descrivere un amore, tanto meno il mio, si tratta di un sentimento forte, che sale dalle viscere fino ad esplodere in superficie, facendo battere forte il cuore, rilassando i muscoli e creando una patina di felicità intorno alla mia vita.

Ad ogni risveglio inevitabilmente pensavo a lui, ogni parte di me stesso viveva per quell'amore, per quella persona con cui avrei voluto condividere tutto, ogni aspetto della mia esistenza fino al mio ultimo respiro.

Purtroppo nella vita non sono stato molto fortunato, poiché venne creata una sezione della Gestapo che aveva il compito di stilare le liste di omosessuali, e dopo qualche anno crearono l'ufficio centrale del Reich per la lotta all'omosessualità, recitando che: "Le attività omosessuali di una non trascurabile parte della popolazione, costituiscono una seria minaccia per la gioventù. Tutto ciò richiede l'adozione di più incisive misure contro queste malattie nazionali."

Di conseguenza ho tenuto segreta la mia vera natura e ho lottato per custodire il massimo riserbo, ma la notizia trapelò e mi sono ritrovato catapultato dal paradiso all'inferno; il mio compagno è stato portato in un campo di concentramento e non ho mai più avuto sue notizie.

Io sono riuscito a scappare all'estero, salvando la mia vita, ma uccidendone una parte, perché mai più sfiorerò quella felicità e non posso fare a meno di ripensare a quello sguardo, quando i nostri occhi si sono incrociati per l'ultima volta, senza grida, senza rumore, senza proteste, ma con la consapevolezza che da quel momento tutto sarebbe rimasto un ricordo indelebile che rimbomba dentro al mio spirito con più forza di qualsiasi altra cosa.

Da allora mi chiedo perché l'uomo deve farsi del male, perché precludere la contentezza altrui con leggi contro la differenza di religione o idee, in fondo la vita dura un attimo e dovremmo cercare di sfruttarne ogni momento alla ricerca della felicità. Durante questi anni ho visto morti, perseguitati, uomini torturati a causa della perfidia umana, per la soddisfazione di pochi che, giunti al potere, pretendono di comandare sull'esistenza altrui, iniziando guerre sanguinarie ed inutili.

Io mi sento diverso e lotterò fino a quando sarò esanime per aiutare i più deboli a sfiorare una dignità personale di cui ognuno ha diritto.

15 febbraio 1976

Sono Chi, sono vietnamita e ho quaranta anni.

Ho vissuto l'intera guerra del Vietnam e vorrei lasciare per iscritto una testimonianza vera di chi ha passato questi anni infernali tra bombe e distruzione pregando per rimanere in vita.

Tutto iniziò nel 1954 quando la penisola indocinese venne divisa in tre Stati Indipendenti: Laos, Cambogia e Vietnam, il quale venne ulteriormente suddiviso in Vietnam del nord, nel quale viene riconosciuta una repubblica democratica guidata da Ho Chi-Min e Vietnam del Sud, affidato al cattolico Ngo Dinh Diem; io abitavo nella capitale, Saigon.

Venne stabilito che si tenessero libere elezioni in previsione della riunificazione del Paese, ma gli USA intervennero con aiuti militari ed economici per fronteggiare la guerriglia dei vietcong che continuava ad opporsi ai vari governi che si susseguirono al Sud.