Mi risveglia i il mattino dopo, notando che il mio fondoschiena era completamente scoperto.
Aprii gli occhi e notai che Theo era ancora lì, ma stava girando per la stanza osservando le foto appese al muro.
Mi sistemai e aggiustai i capelli, nonostante Theo non mi stesse degnando di uno sguardo.
Guardai la sveglia sulla scrivania e segnava le 05:06.
Evidentemente stava per andarsene.
"Vai via?" chiesi con voce flebile alzandomi dal letto.
Lui si voltò verso di me e annuì, non capii perchè da ieri sera non proferiva parola.
"Tutto okay?" chiesi "Ti ho... dato fastidio?".
Lui scosse la testa e si avvicinò a passi lenti verso di me.
"È tutto okay" avvolse le mie mani nelle sue e mi sorrise.
Il suoi battiti erano normali, ma quando prese le mie mani accelerarono notevolmente.
"Se vuoi posso prepararti la colazione, dirò a mamma che ti ho inc-" in un secondo mi zittì posando le sue labbra sulle mie e prendendo il mio viso tra le sue mani.
In un secondo tutte le mie preoccupazioni scomparvero, tutta l'ansia e tutto lo stress accumulati in questi tre giorni si dissolsero.
Le sue labbra erano morbide, baciarlo mi stava... facendo trasformare.
Appoggiai le mani, dotate di artigli, sulle sue per stringerlo più vicino a me.
Appena percepì i miei artigli sulle mani si stacco, guardando dritto negli occhi.
Vidi il riflesso dei miei occhi azzurri nei suoi.
"Ehi calmati" sorrise.
Oh dio quanto era bello il suo sorriso.
Avrei voluto chiedergli il perchè di quel gesto, ma il suo sorriso parlava da solo.
"Dovrei andare ora" poggiò una mano sulla mia spalla per poi accarezzarmi il braccio.
Annuii e aprii la porta, ma Theo mi fermò.
"Vorrei fare le cose con un tocco di romanticismo" ridacchio dandomi un bacio sulla guancia e avviandosi alla finestra.
"Ci vediamo dopo" fece l'occhiolino e uscì dalla finestra, balzano sul giardino per poi camminare via come se nulla fosse.
Ora ero io quella senza parole."Stiles non ce n'è bisogno, neanche Malia viene" dissi prime di uscire dalla porta di camera sua.
Mi aveva detto di andare lì perchè doveva parlarmi.
Mi aspettavo un discorso sul nostro rapporto, dato che l'ultima volta Tracy ci aveva interrotti, ma invece voleva solo accompagnarmi all'Eichen House.
Dovevamo parlare con il dottor Valack.
Malia si era intrufolata in camera di Tracy e aveva trovato un libro chiamato I Dottori del Terrore, scritto da un autore sconosciuto, che però alla fine del libro ringraziava calorosamente di dottor Valack.
"Non ti lascerò andare da sola, e Malia non viene perchè sa che è un covo di psicopatici assassini" afferrò il mio polso con la mano destra.
Notai che gli faceva male, visto che subito dopo la ritrasse trattenendo un lamento.
"Che hai?" chiesi accigliandomi
"Mi fa male la schiena" disse massaggiandosi dietro al collo
"Era la spalla" cercai di avvicinarmi, ma lui me lo impedì
"Okay non andrai da sola dove un infermiere ha cercato di ucciderti"
"Ma siamo vivi!" quasi urlai per la frustrazione.
Era sabato, sarei voluta andare a divertirmi, invece no, dovevo andare in un manicomio e perlopiù Stiles non voleva mandarmici.
"E siamo vivi" indicò con le dita me e lui "vedi? Lavoro di squadra" sorrise.
Roteai gli occhi al cielo, okay, mi aveva convinta.
"Va bene, ma solo perchè mi darai un passaggio".
Uscimmo di casa senza dirci più una parola, stavo ancora pensando al bacio con Theo.
Si, la morte mi circondava ed io pensavo al mio ragazzo.
Cioè, non era il mio ragazzo, era il mio amico Theo.
Stiles continuò ad avere "mal di schiena" per tutto il tragitto. Non sapevo perchè non volesse dirmi la verità, era fastidioso.
Arrivammo all'Eichen House e notai che all'ingresso c'erano anche Kira e Scott.
"Cosa ci fanno solo qui?" chiesi mentre Stiles parcheggiava.
"Non lo so"
"Non potevamo lasciarvi andare da soli" Kira sorrise facendo brillare i suoi occhi.
Annuii senza fare domane, non vedevo l'ora che finisse quella giornata.
Entrammo lì senza problemi, solo Kira dovette lasciare la sua cintura/spada all'ingresso.
Un infermiere ci condusse da Valack, lasciando Kira e Scott indietro dato che il colloquio era stato fissato per due persone e Stiles aveva insistito per accompagnarmi.
"Salve" il dottore ci stava aspettando seduto sul suo letto all'interno della cella.
Non c'erano sbarre, era semplicemente un cubo di vetro antiproiettile.
Si sistemò la benda sulla ferita che aveva in fronte e ci sorrise.
"Cosa ne sai dei Dottori del Terrore?" sputai senza mezzi termini, la sua presenza mi metteva sempre molto a disagio.
"Oh, avete letto il libro?" sorrise avvicinandosi al vetro.
"Non ancora" confessò Stiles, ma non appena pronunciò quelle parole avvertii nuovamente quel ronzio fastidioso.
Quella volta fu più lieve, sopportabile.
"Vi dirò tutto ad una condizione. Devi urlare Helen, urla".
Pronunciò quelle parole molto lentamente.
Era tempo che non urlavo.
Di solito lo facevo quando avevo visioni, o quando le voci nella mia testa iniziavano ad asfissiarmi.
"Non se ne parla" Stiles mise le braccia sulle mie spalle.
"Aspetta" dissi togliendomi le sue mani da dosso.
Non so perché lo feci, ma sentivo il braccio destro tremare, come se stesse soffrendo nel fare quei movimenti.
Valack sorrise nuovamente posizionando un registratore davanti a una porticina da dove forse gli passavano il cibo.
Guardai Stiles e gli feci cenno di stare tranquillo.
Presi il registratore e lo rigirai tra le mani.
Non sapevo a cosa gli servisse quell'urlo, ma i ragazzi avevano bisogno di me e non li avrei abbandonati di nuovo.
Premetti il tasto rec e presi un grande sospiro.
Urlai, urlai fortissimo.
Vidi Stiles appoggiarsi i palmi delle mani sulle orecchie.
Mi sentii libera, più rilassata, come se avessi scaricato ansia e rabbia in quell'urlo.
Riconsegnai il registratore al dottore che era visibilmente soddisfatto e lo guardai con aria interrogativa.
"Bene ragazzi, il libro l'ho scritto io. L'ho scritto io per far sapere alla gente di questi scienziati che lavorano con l'elettromagnetismo. Dovete leggerle il libro, ricorderete tutto ora n-" il dottore non ebbe il tempo il tempo di finire la frase che le luci si spesero.
Mi avvicinai a Stiles prendendogli istintivamente la mano.
"Avete portato una Kitsune qui?!" urlò Valack sbattendo la mano sul vetro.
"Io non..." non sapevo che dire, ero spaventata.
"Sta neutralizzando le difese del palazzo! Portatela via e leggete il libro!" continuò ad urlare, ma io e Stiles ci eravamo già allontanati, seguendo le luci di emergenza.
Sentimmo dei passi pesanti nel corridoio dove avevamo lasciato Kira e Scott e improvvisamente qualcosa di metallico e freddo afferrò la mia gola, trascinandomi lungo il muro.
Non riuscivo ad identificare cosa fosse, ma dal ronzio, capii che di trattava di uno dei Dread Doctors.
Cercai di respingere la mano e di graffiare l'uomo, ma indossava una specie di corazza.
Stavo arrivando al limite, non respiravo più e non sentivo neppure più il ronzio.
D'un tratto la luce tornò, sentii un rumore acuto, come dei vetri che si frantumavano, e l'uomo davanti ai miei occhi lasciò finalmente la presa dalla mia gola.
Scivolai senza forze sul pavimento e lo guardai allontanarsi.
Stiles si trovava steso a massaggiarsi la testa, forse lo avevano colpito.
"Dobbiamo andarcene. Subito" afferrai il suo braccio e corsi verso le scale che portavano all'uscita.
Non vidi Scott e Kira, ma in quel momento né io né Stiles ce ne preoccupammo.
Un infermiere ci urlò qualcosa, ma eravamo troppo impegnati a correre.
Quando finalmente raggiungemmo il cancello esterno, vedemmo Scott con abrasioni su tutto il corpo che reggeva tra le sue braccia Kira.
Era stata lei a causare i frequenti cali di tensione in tutta la città?
Crollai per terra sfinita, non sentivo più il mio collo.
La pressione del Dottore era fortissima.
Pur essendo la migliore nel combattimento corpo a corpo, non ero stata capace di fronteggiarlo.
"Ragazzi!" la voce di Theo risuonò in tutto in giardino a causa del silenzio tombale.
Ero troppo stanca, come gli altri, per rispondergli o semplicemente fargli un cenno.
"Helen" si accasciò di fianco a me posizionando la mia testa sulle sue ginocchia.
"Perché non mi hai detto che venivi qui? Mi hai fatto preoccupare" disse accarezzando i miei capelli "Non farlo più".
Le sue parole dolci mi avvolsero come una coperta di lana, non so se mi spiego.
Mi fecero sentire così al sicuro, così importante.
Non sapevo perché mi sentissi così debole, era come se avessi corso una maratona.
Continuavo a sentire la stretta del braccio meccanico attorno al mio collo.
Sentivo il mio respiro pesante, il mio cuore battere fortissimo.
Rimanemmo lì per un po'.
Io, Theo, Stiles, Scott e Kira.
Tutti un po' troppo stanchi e sconvolti anche solo per parlare.
In quel momento capimmo qualcosa: non potevamo combatterli, dovevamo solo scappare.
Theo dopo mi riaccompagnò a casa, Stiles mi fece promettere di tenere un occhio su di lui, ancora non si fidava.
Anche quella sera invitai Theo a dormire, nonostante mia madre fosse in casa.
Lo feci salire dalla finestra e gli dissi di aspettarmi.
Entrai in casa e notai mia madre sul divano.
"Ciao mamma" la salutai nella speranza che non mi guardasse, sembrava che non dormissi da giorni.
"Helen" la sua voce mi immobilizzò mentre salivo le scale "di chi è quel casco all'ingresso?"
Cazzo, me n'ero dimenticata.
"Di Theo, è passato oggi a salutarmi. Avrei dovuto dirtelo" sapevo sarebbe arrivata la predica.
"Theo Raeken? Il tuo fidanzatino?" ridacchiò voltandosi a guardarmi.
"Mamma avevamo tredici anni" sbuffai.
Aveva cinquant'anni e ancora impazziva quando parlavamo di un ragazzo.
"Spero sia carino come allora".
Si mamma, non preoccuparti.
Ridacchiai tra me e me e andai in camera ricordandomi di Theo.
Entrai e chiusi la porta a chiave.
Quando mi voltai vidi Theo sdraiato sul mio letto a guardare la tv.
Law&Order.
A quell'ora facevano la maratona, lo adoravo.
Ancora una volta arrivò la dura scelta del pigiama, ma pensai che non gli sarebbe importato molto, così optai per una maglia bianca con una luna e un'ape e un pantaloncino bianco.
Non chiedetemi che affinità ci fosse tra una luna e un'apina vestita con un abito rosso.
Quando mi spogliai dietro l'anta dell'armadio Theo non si scompose minimamente.
Non avrebbe potuto vedere niente anche se avesse buttato un occhio, ma non mi aspettavo di vederlo indifferente.
Mi sedetti sul letto, ma stavolta cercai di mantenere le distanze da lui.
Una ragazza non invita un ragazzo a dormire da lei senza motivo, ma io si.
Ero solo curiosa di vedere cosa avrebbe fatto.
"Così tua madre pensa che io sia carino" mise un braccio attorno alla mia spalla e mi avvicinò a lui.
Sorrisi guardandolo "La prossima volta porta il pigiama però".
Mugolò un si e poi mi baciò.
Avevo ripensato alle sue labbra tutta la giornata, ed eccole li.
Era così carino anche con un accenno di barba.
Continuammo a baciarci per un po', perdendo anche una bella puntata di Criminal Intent, ma in quel momento per me non esisteva niente e nessuno.
Nè Dread Doctors, nè Chimere, nè cattivi che volevano ucciderci o usarci come topi da laboratorio.
Theo si addormentò prima di me, mentre io rimasi un po' a guardarlo.
Era davvero bello.
Dopo due puntate di CI crollai sul suo petto, stringendo la sua mano.
Quando mi svegliai, Theo non era più al mio fianco, aveva lasciato solo sul suo cuscino un post it giallo con un cuoricino disegnato sopra.
Perfetto, non eravamo più amici.
Erano le 6:13 e a quel punto non seppi che fare se non ripensare alla serata passata con Theo.
Lui riusciva a farmi dimenticare tutto ciò che mi circondava.
Mi alzai dal letto e mi diressi verso la scrivania e attaccai il post it di Theo sul muro.
Osservai lentamente le foto che avevo appeso non appena arrivata.
C'erano foto mie e di Stiles al ballo, foto con Lydia, i Gemelli, Allison...
Sarei dovuta andare al ballo del terzo anno con Stiles, ma lasciai la città all'inizio dell'anno scolastico.
In basso a destra notai anche un triskele, non ricordavo di averlo inchiodato al muro.
Me lo diede Derek quando venne a trovarmi a New York.
L'anno prima venne da me per salutarmi, mi disse che non sarebbe tornato a Beacon Hills per un po' e che si sarebbe unito a una squadra di ricerca per trovare Kate Argent.
Forse mia madre lo aveva appeso nella speranza che la smettessi di graffiare il pavimento quando ero agitata.
Da quando ero tornata a Beacon Hills non avevo più attacchi di rabbia, forse era l'aria di New York...
In ogni caso mi venne un'idea folle.
Mia madre mi avrebbe ucciso, ma in quel momento mi sembrava una grande idea: un tatuaggio.
Una volta Derek mi disse che tatuaggio significava ferita aperta, ed era ciò che questa città aveva lasciato sul mio cuore.
Ad un tratto sentii il mio telefono squillare, mi era appena arrivato un messaggio alle 6 di mattina?
Controllai e il mittente era Liam.
Il messaggio era strano, mi chiedeva come stessi.
Non che mi dispiacesse parlare con lui, ma non eravamo molto amici.
Gli scrissi di vederci, magari per fare un po' di esercizio.
Mi avrebbe fatto piacere conoscerlo meglio, e poi il mio istinto mi diceva di vederlo.
Sperai molto intensamente che a parlare non fosse il mio istinto da banshee, perché ciò avrebbe significato solo una cosa: morte.Ciao ragazze! Scusate il ritardo, ma questo capitolo mi ha preso un po' di tempo.
Spero vi piaccia, ma non affezionatevi troppo a Theo...
Chi sa Liam cosa vorrà da lei, e chi sa come mai Helen senta il bisogno di incontrarlo.
Alla prossima 👊🏻⭐️
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Run
FanfictionHelen Argent, banshee e cugina di Allison, decide di tornare dopo due anni nella sua città natale: Beacon Hills. Dopo la morte di Allison aveva deciso di abbandonare tutto: i suoi amici, il suo ragazzo Stiles e il suo branco, per trasferirsi a New Y...