Foglie d'inverno.

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Era il 15 Dicembre del 1942, quando il piccolo Evan Chois salì su una nave, la Great Artemis. Era un bambino spaventato, abbandonato dai genitori, all'età di due anni, in una solitaria stradina di Londra.Tutta la sua breve vita l'aveva passata in un teatro abbandonato. Nella tenera età, un uomo burbero, il custode del teatro, aveva provveduto ad occuparsi di lui senza fargli mancare l'indispensabile, il cibo. Quando l'uomo morì, il 2 Novembre del 1942, Evan aveva solo otto anni. Il giorno della morte del custode il piccolo uscì per la prima volta dal teatro. Urla di dolore si levarono in cielo, Evan piangeva disperato, l'unica persona che si era mai occupato di lui, era morta. Ora era realmente solo. Pianse tutta la notte, ranicchiato su se stesso, al margine della strada. Sentì i passi lenti delle persone, nessuno si fermava per chiedergli cosa avesse. Iniziò a piovere quella notte, un normale temporale Londinese, Evan tremava come una foglia, ma sapeva che se fosse entrato nel teatro non sarebbe mai più uscito. La pioggia si confuse con le sue lacrime. Il bambino stremato dal pianto si addormentò lì, ranicchiato su se stesso, al margine della strada.
Sentì la voce dolce di donna: "Alzati piccolo eroe." Lo incoraggiava dolcemente la voce: "Il tuo destino è segnato. Vai conquista ciò che è tuo."
Il bambino aprì gli occhi, per vedere chi fosse la donna misteriosa, ma non vide nessuno. Gli faceva compagnia solo la Luna, solitaria, maestosa, imponente. Un raggio di Luna gli toccò il viso come se lo accarezzasse. Per un momento la vide, la donna dalla voce dolce era lei. La Luna. Fu un istante, ma la vide chiaramente, una donna sorridente, con lunghi capelli biondi, le labbra rosse e il colorito pallido. Coperta solo da una sottoveste bianca, e una corona di foglie d'argento era posata sul suo capo. Fu un istante. Ma il bambino decise di alzarsi per lei.
Il giorno dopo Evan vagava tra le strade di Londra, si sentiva un piccolo granello di sabbia in quella grande città. Non sapeva cosa cercare, la Luna gli aveva detto di conquistare ciò che era suo, ma lui non sapeva cosa fosse ciò che doveva conquistare.
Sentì un ragazzo urlare, la sua voce proveniva dal porto. Era più grande di lui, vestiva con un pantalone color cachi, delle bretelle del medesimo colore, e una maglietta bianca che per lo sporco era quasi marrone.
"Salite! Salite! La Great Artemis vi aspetta! Una crociera fantastica!" Urlava a squarciagola "Non ve ne pentirete!"
Si avvicinò al ragazzo. Con la piccola manina tirò la sua manica, quando il ragazzo si girò, lo guardò. Aveva un sorriso da pazzo stampato sul volto, doveva davvero amare quella nave.
Gli uscì un piccolo sussurro quando chiese al ragazzo: "Io... Io posso salire sulla nave?"
Il ragazzo gli scompigliò i capelli continuando a sorridere: "Non credi di essere troppo piccolo, per salire a bordo di questa meraviglia?" Con un ampiò gesto della mano indicò una nave molto grande con su scritto in rosso Great Artemis.
Evan arretrò alla vista di quella nave immensa, guardò il cielo e ripensando alla Luna ritrovò la forza. Parlò al ragazzo in modo deciso: "Si. Si! Sono abbastanza grande da salire sulla nave! Ho ben otto anni!"
Il bambino mostrò otto dita per accentuare ciò che aveva appena detto.
"Io sono Uriah." Disse il ragazzo sorridendo. "Sei pronto per questa folle avventura?"
Evan raddrizzò la schiena, serrò i pugni e con voce decisa disse: "Si, sono pronto!"
Uriah rise per il comportamento di Evan: "Okay piccolo, il 15 dicembre salirai sulla nave insieme al resto dell'equipaggio!"

In seguito il bambino salì sulla nave come allievo mozzo poichè non poteva pagare il biglietto. Per due anni aiutò il mozzo. Fin quando a 10 anni un uomo arrivò sulla Great Artemis, era alto con capelli brizzolati, sembrava avere 45 anni, lo caratterizzava una cicatrice lunga quattro centimetri sulla guancia sinistra. Vestiva sempre in nero. Evan aveva paura di lui, del suo abito nero, e del suo alone di mistero. Si diceva fosse stato in un carcere di massima sicurezza e che si fosse procurato quella cicatrice scappando. Si credeva anche che per salvare una donna incinta da un incendio, entrò nella casa dove si trovava la donna, ma una trave di legno gli cadde sopra e si fece quella cicatrice, ma riuscì a portarla fuori. Si pensava che avesse avuto un tempo una moglie ed una figlia, ma in una crisi psicotica le avesse uccise entrambe.
Evan non riusciva ad avvicinarsi all'uomo, che scoprì chiamarsi Jhon Booman, per la troppa paura. Una sera erano tutti nella sala grande, dove si ballava, si mangiava, si suonava e ci si divertiva.
Jhon Booman si diresse verso il pianoforte. Aveva una sigaretta spenta in bocca, la appoggiò su un lato del pianoforte, si sedette nello sgabello. Erano tutti col fiato sospeso aspettando che l'uomo misterioso facesse qualcosa. Posò le mani sui tasti bianchi un pò sporchi. Iniziò a suonare, le mani erano così veloci che non si riusciva a vedere quali tasti suonava. Una musica leggera inebriò la stanza, il bambino rimase a fissarlo con la bocca aperta per lo stupore. Evan si guardò intorno per vedere la reazione delle altre persone. Una signora sorrideva beata, una piangeva per la commozione col sorriso stampato in faccia, un uomo un pò panciuto cercava di nascondere le lacrime mentre accarezzava il suo pancione. Jhon Booman continuò a suonare mentre l'intera stanza lo ascoltava. Quando finì si alzò dallo sgabello, prese la sigaretta poggiata precedentemente sul pianoforte, la sfregò leggermente sui tasti, la sigaretta si accese grazie al calore emanato dai tasti utilizzati molto velocemente.
Evan capì. Lui voleva diventare come Jhon Booman, voleva far gioire la gente con la sua musica. Mise da parte la timidezza e andò da Jhon per imparare a suonare il piano. Jhon accettò.
I due stavano sempre insieme. Il signor Booman era diventato come un padre per Evan. Un giorno sul ponte di poppa della nave, Evan confessò al signor Booman di aver parlato con la Luna, aspettandosi che l'uomo misterioso non gli credesse preparò una scusa, ma questa non servì.
Jhon gli rispose: "Anche io ho parlato con la Luna. Lei mi ha fatto salire a bordo di questa nave, mi ha detto che il mio destino era segnato, e mi ha detto che avrei incontrato un bambino speciale. Perchè credi che siamo su questa nave?"
Evan lo guardò stupito, rispose un pò perplesso: "Perchè ci ha guidati la Luna?"
Jhon iniziò a ridere, non rideva mai, aveva una risata così melodiosa. Quando riuscì a non ridere rispose al bambino: "Sai come si chiama questa nave?"
"Great Artemis!"
"Sai che significa?"
"Grande Artemide!"
"Sai chi è Artemide?"
"Una donna?"
Jhon rise sommessamente.
Diventò serio: "Artemide è la dea della caccia e della Luna. Lei ci ha guidati qui, questa è la sua nave. La donna che hai visto non era la Luna, era la dea Artemide!"
Evan lo guardò stupito: "Io... Io ho parlato con una dea?"
Jhon sorrise: "Una dea ha scelto il tuo destino e ti ha portato qui, da me. Tu dovrai suonare il pianoforte e ne dovrai fare il tuo mestiere."

Passarono gli anni ormai il piccolo Evan non era più un bambino. Aveva 18 anni. Il suo lavoro era ormai suonare su quella nave insieme al suo maestro-padre. Quando Jhon morì, dieci giorni dopo il diciottesimo compleanno di Evan, il ragazzo era disperato.
La dea Artemide gli apparve in sogno: "Evan so che credi il mondo ti stia crollando addosso. Ma vedrai incontrerai presto una ragazza con cui costruirari una famiglia."
"Mi hanno abbandonato tutti. -rispose il ragazzo tra le lacrime.- Mi abbandonerà anche lei."
"No mio piccolo uomo coraggioso. L'oracolo di Delfi mi ha parlato. Lei sarà la tua sposa! Ora riposati caro. Domani dovrai suonare un melodia per il nostro defunto Jhon, confido in te Evan."
Evan dormì traquillamente tutta la notte dopo che la dea gli toccò la fronte.
Il giorno del funerale Evan suonò una melodia dolcissima, le sue mani volavano sui tasti, mentre le sue lacrime cadevano. Una ragazza si avvicinò a lui e gli poggiò una mano sulla spalla. Lui fermò le sue mani, la guardò negli occhi, e vide il loro futuro insieme, su quella nave partita da Londra, con quel pianoforte, con un bambino tra le loro braccia. Sorrise alla ragazza.
"Ciao io sono Eleonor. Tu sei...?"
"Io sono Evan!"
Strinse la mano della ragazza. Una seconda volta sentì il tocco leggero di una mano sulla sua spalla, e un sussurrò arrivò al suo orecchio: "È lei, mio piccolo eroe. Sono fiera di te!"
Evan si girò e vide la dea allontanarsi leggiadra, nella sua sottoveste bianca.
Sussurrò in risposta alla dea: "Grazie magnifica Artemide. Ora so il mio futuro. Non ti deluderò."
Il piccolo Evan non si sarebbe più sentito abbandonato.

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