Capitolo decimo. Realtà

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Quando dalla soffitta mamma scendeva afflitta, negli ultimi, tempi mi rendevo conto che qualcosa non andava.
Eppure, nella soffitta non potevano esserci grandi segreti: ricordo che i miei genitori custodivano gelosamente vecchi regali di nozze, vari souvenir e mobili inutilizzati poiché papà aveva fatto ristrutturare la casa pochi anni prima e in più aveva comprato altri arredamenti.
Ma io non mi attendevo, sarei sembrata ridicola, certo, ma volevo sapere perché trascorreva quasi assiduamente del tempo in soffitta e scendeva poi come se fosse sfinita dopo una partita di baseball.
Decisi così di salire, pur essendoci lei presente in casa.
La polvere era rintanata negli angoli della soffitta e quei vecchi mobili sarebbero stati da buttare all'istante, viste le pessime condizioni in cui si trovavano.
Proprio dietro una credenza scorsi una manciata di scatole di media grandezza, quando mi avvicinai non riuscii a trattenermi dalla curiosità, quindi li aprii uno ad uno, delicatamente.
Quelle scatole già aperte, quindi semichiuse, nascondevano centinaia se non migliaia di lettere.
Lettere con tanto di mittente, senza francobollo né destinatario.
Pensai che fosse una cosa molto strana.
Presi una lettera, la prima che mi capito sotto mano. Il mittente era Charlene Davidson, mia madre. Guardai le altre lettere nella scatola accanto ai miei piedi: stesso mittente. Tutte le lettere erano state scritte per mia madre.
Aprii con cautela quella che avevo tra le mani, la carta ingiallita emise il classico fastidioso stropicciare. La lessi.
Mia Charlene,
Odio questo momento. Ti ho avuta tra le braccia per due settimane e adesso mi sento vuoto. In viaggio, ti scrivo il più possibile ma sai già che queste lettere non ti arriveranno poiché nella campagna è difficile trovare un servizio postale ed io non posso allontanarmi dalla base. Bada alla piccola Diane.
Ti amo.
Tuo, Gabe.
Lettera da mio padre. Io non potevo crederci. Volevo andare più a fondo. In un'altra scatola, afferrai una lettera dal centro.
Mittente, destinatario e francobollo inseriti.
24 dicembre 1999
Cara Charlene,
Mi chiedo spesso cosa fai, perché non rispondi alle mie lettere. Perché non mi chiami più. Non saprò mai perché ti sei comportata così con me, un mese fa. Oggi è la Vigilia di Natale e Diane la trascorre senza il suo papà per un capriccio della mamma. Quale capriccio sarà mai? Ti aspetto sempre.
Tuo, Gabe.
Sbarrai gli occhi: che comportamento avrebbe mai potuto avere una donna come mia madre? Non lo dico perché fosse lei, ma perché era talmente brava e diligente che non avrebbe recato dolore a nessuno, ne sono certa.
Un'altra lettera, la seguente.
1 gennaio 2000
Non so come iniziare stavolta.
"Cara" mi sembra azzardato, ti senti cara? Dovrei definirti tale? Sono sempre stato presente per te e la bambina, per quanto potessi. Ho lavorato duramente per garantire un futuro migliore a voi.
Detesto questa situazione: venire a scoprire di soppiatto le cose... Mi hai distrutto. Mi aspettavo tutto ma non questo, un tradimento. Non so cosa fosse ma sono certo che non fosse una infatuazione da poco. Sono distrutto e a te non importa, visto che non mi rispondi.
Inerme, senza parole, senza forze. Leggevo, piangendo, le parole, le confessioni di mio padre. Riuscivo a percepire il dolore, il trauma che a donna che amava le aveva fatto passare.
Ma non poteva essere mia madre.
Una lettera di aprile 2010 recitava:
Cara Charlene,
È passato tanto tempo e il mio cuore è ancora da rifinire. Mi è bastato ascoltarti e non agire impulsivamente per capire cosa volessi veramente. Mi dispiace essere stato così assente, questa sarà una delle ultime volte che partirò. Dopodiché, passerò la mia vita accanto a te e alle bambine.
Vi amo.
Gabriel.
Commossa, capii che mio padre non ci aveva abbandonato mai nonostante avesse sofferto tanto.
Non mi aspettavo tanta malvagità da mia madre. Avrei voluto sapere chi era l'uomo con cui aveva tradito papà, ma mi avrebbe fatto solo più male. Lui non c'era più e niente avrebbe cambiato le cose.
Amareggiata, scesi dalla soffitta.
In quel momento mi sentivo proprio come mia madre, l'espressione in viso era la stessa.

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