9. Tre fori nel cuore

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BUONDÌ [rigorosamente al cioccolato eh]

+ce l'ho fatta, dopo varie avventure e ostacoli, robinson è tornato a casetta bella XD

un grazie speciale a mrsxcollins per all and other [non so che ho scritto ma okay]

Mattina grigia, di quelle che non cambieranno colore durante la giornata.

Tanto che mia madre mi fissava sbalordita perché a malapena avevo mangiato due biscotti invece che mezzo pacchetto come mio solito «Rebbi, stai bene?»

Annuii con lo sguardo abbassato e mi alzai dalla sedia «vado a sistemarmi e ci sono» con la voce da zombie.

«Sei pallida, hai la febbre?» chiese preoccupata e appoggiando una mano alla mia fronte, guardandomi storta due secondi dopo.

«Mamma sto bene, sono solo stanca» le rifilai, prima di correre letteralmente in camera.

Dopo tutto era vero, non avevo chiuso occhio per tutta la notte, e il motivo dovevo ancora trovarlo.

Ero io che mi facevo film su Lore che era invece felicemente fidanzato con quella biondina ossigenata, Vanessa qualcosa.

Mi guardai allo specchio e ricercai il correttore nel cassetto dove tenevo i trucchi indispensabili, e ne applicai almeno tre tonnellate per nascondere quell'ombra scura sotto l'occhio.

Sbuffai e mi posizionai lo zaino in spalla, come se andassi al patibolo.

Mia madre era già in posizione, cintura allacciata, auto accesa e mani sul volante pronta a ingranare la marcia.

L'unica teppistella ero io, vestita peggio di una barbona, con una magliettina tra le più sobrie che avevo trovato nell'armadio ma anche tra le più brutte: era di un blu elettrico sbiadito, una schifezza insomma, per fortuna avevo indossato dei pantaloni della tuta perfettamente grigi e non i soliti jeans larghi e usurati.

«Un giorno di questi andiamo a fare shopping, sembri una scappata di casa» asserì lei, dopo avermi squadrata con una piccola smorfia della bocca, le lanciai un'occhiataccia e ne approfittai per osservarla: era vestita in modo impeccabile per il lavoro, gonnella scura e camicietta bianca.

Avevo bisogno urgente di un corso accelerato di moda, tipo quelli di Enzo e Carla.

Feci una smorfia appena vidi il portone del liceo che era pronto ad accogliermi a braccia aperte per cinque ore.

Sbuffai e scesi dalla macchina stile ippopotamo, sbattendo la portiera così forte che temetti una strillata di mia madre.

«Rebecca, si può sapere che ti prende?» domandò, affacciandosi dal finestrino e guardandomi attenta e pronta a scorgere ciò che solo le madri potevano capire.

«Niente, poi mi passa» alzai le spalle e mostrai un sorriso più tirato di un ritocco estetico e le diedi le spalle, iniziando a camminare e guardando a terra.

Tutto quello intorno non esisteva, ero circondata dal silenzio.

«Ehi Reb» una voce maschile che equivaleva alla mia perdita della vita ma era anche la causa del mio stato depresso.

Alzai lo sguardo e lo vidi correre verso di me, con il casco infilato in un braccio, strano non ci fosse Rapunzel con lui che gli scorrazzava attorno.

Baci al cianuroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora