1- "Mi faccio /accidentalmente/ sospendere il primo giorno"

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La professoressa di chimica parlava come al solito delle sue noiossissime vacanze estive, rivelando cose come il foruncolo spuntato sulla testa del padre. Lo trovai disgustoso.
Odiavo avere chimica all'ultima ora, non tanto per la materia quanto per l'insegnante.
Era una donna sulla quarantina, bassa e robusta. Portava quasi sempre i capelli marroni pieni di nodi in una coda di cavallo, con un ciuffo che le ricadeva sugli occhiali tondi e neri.
Non aveva figli e non era sposata, e non faceva altro che dirlo durante la lezione, lamentandosi di ogni singolo particolare della sua vita per la metà dell'ora.
Sapevo perché faceva così, l'avevo studiato in psicologia, ma odiavo questo comportamento.
Venivo a scuola per imparare, non per ascoltare gli aneddoti della mia prof.
Molti, a dire il vero, avrei preferito non saperli.
«Quella donna è una palla.» bonfonchiò Travis Stoll, un ragazzo che portava una zazzera castana davanti agli occhi e dai lineamenti elfici. Era uno dei miei migliori amici.
Quel giorno si era seduto al banco accanto al mio, a mio rischio e pericolo.
Travis era simpatico e divertente, per carità, ma aveva un difetto: era un po' troppo cleptomane.
Avevi dei dollari in tasca e dovevi comprarti la merenda? Se lui era nei paraggi non avevi nè i soldi, nè la merenda.
Non si prendeva neanche la briga di restituirteli in seguito o di farti trovare da mangiare.
Anzi, se vedeva qualcosa che gli piaceva particolarmente la prendeva anche se prima aveva mangiato un panino abbastanza grande con tonno e maionese.
E, per la cronaca, lo mangiava quasi sempre.
«Che schifo! Hai sentito, Will? Ha mangiato delle lumache.» continuò, mimando una scena di vomito.
Quel ragazzo faceva morire dalle risate.
«Fino a prova contraria non è sordo, Stoll. Zitto, stai rovinando una lezione.» Travis venne brutalmente rimproverato da Malcom, uno degli studenti più bravi in tutta la scuola.
Era l'unico che ascoltava ogni singola parola dell'insegnante di chimica anche se, per la stragrande maggioranza dei casi, non era per niente inerente alla lezione.
Frequentava quasi tutti i miei corsi ed era eccellente in ogni materia, al contrario mio che me la cavava solo in arte e in ogni materia scientifica.
Mentre Travis iniziava a dare fastidio insistentemente a Malcom, Appoggiai la testa all finestra e, con la mia penna arancione forforescente, presi a disegnare sul suo foglio per appunti.
Il ticchettio della pioggia suonava fastidioso alle mie orecchie, facendomi rimpiangere l'estate.
Era la mia stagione preferita.
Mi mancava sentire il calore del sole sulla mia pelle abbronzata, il sapore dell'acqua salata sulle labbra e il tempo passato a divertirmi.
«E adesso vi presento Nico Di Angelo.» disse con il suo fastidiossissimo tono squillante. «C'è un banco davanti al biondo laggiù.»
A quel punto, alzai gli occhi.
Per quella professoressa non ero Will Solace, ero il biondino. Non si ricordava mai il nome degli studenti, o meglio, faceva finta di non ricordarlo.
Un ragazzo mingherlino, dai capelli corvini e mossi e dagli occhi scuri, si faceva strada tra i banchi.
Indossava un giubbotto da aviatore e dei jeans neri.
Era il mio esatto contrario, che avevo i capelli biondi e ricci e gli occhi azzurri.
Lui sembrava freddo e distaccato, io invece anche fin troppo disponibile e solare.
Non sapevo perchè, ma quel Nico mi incuriosiva parecchio.
La professoressa prese a parlare della sua materia e io, che avevo perso ormai ogni interesse, picchiettai la spalla del nuovo arrivato con la penna.
«Benvenuto.» gli dissi, sfoggiandogli un sorriso. «Io sono Will Solace.»

POV NICO


"Died last night in my dream..."
*La canzone di Adam Lambert rimbombava nelle Quattro mura della mia camera, arredata soprattutto con poster di band rock e personaggi del mio libro preferito "storie dell'orrore".
Sembrava tutto un insieme di una serie Tv, legno malridotto e cigolante con vestiti sporchi a destra e a sinistra, vigorosamente neri –non che siano sporchi al tal punto di essere neri- ma preferivo vestirmi così.
Jeans stretti, magliette abbastanza larghe per il fisico asciutto e ossuto, Converse All stars nere (ovviamente) e una giacca da aviatore abbastanza malconcia per tutte quelle volte che l'avevo messa. Anche quella mattina quello sarebbe stato il mio look. Non che mi importasse di essere vestito decentemente per il branco di scimmioni che avrei incontrato nella mia nuova scuola. Si. Avrei cambiato scuola, di nuovo.
"Walking the streets..."
Passavo da un luogo all'altro senza mai fermarmi, Italia (paese di origine di mia madre), poi Las Vegas dove io e mia sorella Bianca siamo restati lì per un po' e dopo Los Angeles, dove mio padre Adelaido (preferisce farsi chiamare Ade), aveva un lavoro presso...un coso cososo per fare i film, credo. Ora eravamo lì, nella grande mela. I miei genitori avevano preparato tutto il programma, in inverno avrei frequentato una stupida scuola e in estate uno STUPIDO campo, il campo mezzosangue. Che nome idiota.
"Of some old ghost town..."
I passi di mia madre contro le scale di marmo bianco ronzavano nella mia testa, per non tralasciare il suo urlo di prima mattina "Nico, svegliati, sono le dodici e mezza. Dovresti sbrigarti per andare a scuola, ti accompagno io!". Affondai la testa nel cuscino, scacciando fuori un urlo tormentato, okay. Potevo farcela come avevo fatto le atre volte.
(...)
Il mio umore era come il clima, piovoso. Mentre nostra madre ci lasciava davanti all'ingresso della scuola ci diede due moduli da consegnare in segreteria per poter entrare più tardi. Sempre la solita storia. Con bianca che aveva in mano il suo ombrello con i procioni, io passavo sotto la chioma degli alberi con le mani nella tasche della giacca di pelle marrone. La tracolla mi scendeva lungo il fianco, fin sopra alla coscia mentre saltavo tra una pozzanghera e l'altra facendo intravedere la mia pelle biancastra e i lineamenti ben visibili per la mancanza di peso. Si, ero abbastanza magro, ma non anoressico, stavo bene con il mio corpo. Capelli corvini e occhi scuri come le ombre...
Riuscii dopo varie peripezie a trovare la mia aula, io e Bianca avevamo lezioni totalmente diverse. Chimica. Entrai nell'aula con sguardo alto, quasi con fare superiore, piazzandomi di fianco ad una donna che sembrava più un troll che un essere umano con la sua voce strillante da venditrice di tappeti persiani. Gli mancava solo il turbante.
Con delle rapide occhiate scrutai in generale la classe, con fare freddo e distaccato –tirando qualche occhiataccia ad alcuni- mentre un mormorio riempì l'aula.
Quando il troll mi indicò il mio posto, scrutai attentamente il ragazzo. Capelli ricci e biondi, occhi azzurri, uno spruzzo di lentiggini qua e là e un colorito piuttosto abbronzato per la stagione. Facendo cigolare le scarpe bagnate sul pavimento andai a sedermi sullo sgabello del bancone di chimica. Presi i miei libri dalla tracolla e li buttai sul banco in modo goffo, facendo rimbombare il rumore per tutta l'aula. Con fare distratto cercai di ascoltare la lezione, si parlava della...tavola perpendicolare o cose così. O era quella parallela? Bah, la chimica.
Un ticchettio disturbò la mia "concentrazione", poi sentì una voce chiamarmi. Doveva essere il biondino. Will Solace aveva detto. Senza voltarmi gli risposi:
<<E a me non interessa>>
Dissi con fare annoiato, mostrandogli un solo dito.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Sep 12, 2015 ⏰

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