6. amici

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Avevo veramente bisogno di parlare a qualcuno così, il giorno dopo, invitai anche Agata a casa mia e al posto di fare i compiti con Tom e la persona che era stata la mia migliore amica dalla nascita, mi sfogai.
Non volevo andare ad abitare a Roma anche se mio padre, la sera prima, mi aveva detto che non ci saremo trasferiti durante quel periodo bensì l'estate successiva.
A me non interessava quando volevo solo restare dove abitavo in quel preciso momento, volevo restare dove ero nata.
A scuola quel giorno ero distratta, persa nei miei pensieri, e infatti i professori lo notarono subito e mi chiesero se stavo bene.
Ovviamente dissi che stavo alla grande e cercai di stare un po più attenta a ciò che dicevano i professori.
Tornai a casa a piedi con Agata e Tom, mangiammo e poi li portai in camera mia. Erano ancora convinti che quel pomeriggio fosse dedicato ai compiti ma dissi loro che i compiti potevano aspettare.
'Ma come? sei sempre stata una grande studiosa e ci tieni molto alla scuola! Cosa ti è capitato Giada? Hai la febbre? Cosa c'è che non va?' Agata era a dir poco senza parole.
Mi sentivo un nodo alla gola, una sensazione strana, le lacrime che salivano algli occhi. Non sapevo il perché. Semplicemente volevo piangere. Perché? Perché volevo piangere?
La risposta arrivò presto. Capii che avrei perso tutte le persone a me care andando a vivere a Roma e che non c'era niente che potevo fare per impedirlo.
Scoppiai a piangere. Tom e Agata mi guardarono preoccupati, Tom non mi aveva mai visto piangere e Agata sapeva che non avevo mai pianto in vita mia tranne quando morì mia madre. Sapeva che c'era qualcosa che non andava, così spiegai ciò che era successo: della chiamata, del lavoro di papà, dei miei dubbi e delle mie paure.
Agata mi abbracciò dicendomi che avrebbe trovato una soluzione per non farmi partire.
Tom non sapeva cosa dire ma mi abbracciò anche lui.
Ed ecco di nuovo la strana senzazione nello stomaco, quella del giorno precedente al parco, quando Tom mi aveva abbracciata.
Tom andò a casa verso le 16.30 e io chiesi ad Agata di rimanere a dormire da me così avrei potuto parlarle in tranquillità.
La notte è il momento migliore per dire ciò che si pensa, si prova e si sente. Di notte si dicono cose che di giorno non si direbbero

i sogni non si avverano da soliDove le storie prendono vita. Scoprilo ora