08. Adam

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Non avevo mai creduto alle coincidenze, però, dopo aver incontrato un licantropo, avevo dovuto ricredermi su molte cose. Prima fra tutte, l'intensità degli occhi marroni: fino a quel momento avevo sempre pensato che fossero comuni e quasi scontati. Poi era arrivata Scarlett con le sue iridi brucianti e non avevo potuto fare a meno di sentirmi un po' intimorito di fronte al suo sguardo indagatore e sospettoso.
E questo era piuttosto irritante: era fastidioso non avere il controllo della situazione quando incrociavo i suoi occhi ed era strana quella specie di attrazione che sentivo verso di lei. Non era una cosa normale, non che potessi aspettarmi normalità da un licantropo, e non sapevo come gestirla.
Sbagliare, con lei, poteva voler dire rischiare la vita, un semplice, piccolo errore e potevo dire addio a tutto quello che avevo fatto in diciassette anni. Da una parte, avrei voluto vedere di cosa era veramente capace, se tutto quel mistero e quel riguardo erano davvero fondati sul suo desiderio di proteggere la gente o se erano semplicemente una copertura per la sua mancanza di conoscenza del suo potere.
L'avevo incontrata tre volte e nessuna delle tre era stata anche solo lontanamente produttiva. Volevo rivederla e cercare di convincerla a parlare come due persone normali. Almeno all'apparenza. Odiavo ammetterlo, ma stava diventando un'ossessione cercare di capirne di più su di lei e sulla licantropia. Il problema era solo uno: come avvicinarla senza farla scattare sulla difensiva? Non sapevo nulla di lei, quindi anche iniziare un discorso poteva rivelarsi un'impresa. Anzi, ero piuttosto certo che sarebbe stato così.
«Parlare con un muro sarebbe più interessante...» Borbottò una voce che conoscevo bene.
Sollevai lo sguardo e incontrai gli occhi castani e severi di Michael che mi studiavano irritati. Mi passai una mano tra i capelli cercando di sfuggire alle sue occhiate accusatorie.
«Lo so... Scusa. Sono solo un po' distratto...» Mormorai.
«Distratto?! No, tu sei perso, completamente perso chissà dove. Hai bevuto stamattina? O ti sei fumato qualcosa? Oppure hai sbattuto la testa da qualche parte?» Chiese inarcando un sopracciglio. Sembrava si stesse trattenendo dall'urlare.
«No, niente del genere. Solo...» Cominciai sperando di riuscire a trovare una scusa credibile.
«Ho capito!» Esclamò facendomi sobbalzare. «Sei innamorato!»
«Non potevi andarci più lontano...» Commentai a mezza voce.
«Sì, certo. Ma con chi credi di avere a che fare, eh? Lo so riconoscere quello sguardo vuoto e distante, genio. Allora, chi è la fortunata?» Domandò.
«Nessuna, okay? Non sono innamorato.» Replicai.
Mi resi conto che mi stavo mettendo sulla difensiva. "Come Scarlett", pensai mio malgrado.
«No, no, ma figurati... Perché non vuoi dirmelo? Sono il tuo migliore amico, queste cose dovrei saperle! Andiamo, io te l'ho detto che mi piaceva Julia.» Insistette.
«Sì, lo so, ma non posso inventarmi una ragazza solo per farti contento. Ti ho detto che non c'è nessuna.» Ribattei.
«E io sono il presidente Obama. Sputa il rospo Meyers.» Ordinò incrociando le braccia al petto.
«Non chiamarmi per cognome. E poi ti ho già detto che non sono innamorato.» Sbuffai scoccandogli un'occhiataccia.
«Sicuro? Perché quello sguardo a me sembra proprio quello da innamorato pazzo che ha tagliato i collegamenti con il mondo.» Replicò lui studiandomi.
«Non posso neanche pensare in pace senza essere frainteso?» Borbottai esasperato.
«Giusto, tu sei un genio, devi riflettere su... quelle questioni esistenziali che riguardano l'universo eccetera eccetera.» Convenne facendo un cenno vago con la mano.
"Almeno ha smesso di insistere", pensai. «Più o meno.»
Proprio in quel momento vidi Scarlett e la sua amica con mezza testa rasata passarci di fronte dall'altra parte del parcheggio. Senza volerlo veramente, mi ritrovai con lo sguardo fisso su di lei, come se anche solo guardarla potesse aiutarmi a conoscerla di più, a capirla. No, così non andava, mi stavo facendo prendere troppo da quella strana ragazza e dalla sua... situazione ancora più complicata. Se avessi continuato così sarei finito per complicarmi la vita anch'io e, sinceramente, non è che mi andasse.
«Sembri un segugio che punta la preda.» Commentò Michael.
Solo in quel momento mi ricordai che era accanto a me. Mi irrigidii e mi affrettai a distogliere lo sguardo. Strinsi le labbra maledicendomi per la mia disattenzione: come era possibile che una ragazza praticamente sconosciuta mi facesse un effetto del genere? Neanche fosse stata chissà quale bellezza... "Bugiardo", sibilò una vocina nella mia mente.
«Quindi... quale delle due?» Domandò Michael incrociando le braccia al petto e appoggiandosi alla fiancata della mia auto.
Sbattei le palpebre e riportai la mia attenzione su di lui. «Cosa?»
Sollevò un sopracciglio. «Stavi guardando quelle due ragazze come se avessi voluto... uh, mangiarle? Sì, direi di sì. Le cose sono due: o una ti ha spezzato il cuore e porti ancora rancore, o vuoi uscire con una di loro. E, tenendo conto del fatto che sei un adolescente in piena crisi ormonale, sono più propenso per la seconda.»
Rimasi un po' sorpreso dal suo strambo discorso e dai suoi paragoni bizzarri, ma cercai di non farglielo notare. «Non voglio mangiare nessuno e non voglio uscire con nessuna delle due.»
«Vuoi fare l'asociale.» Tradusse, erratamente, lui.
Alzai gli occhi al cielo, esasperato. «No. E mi farai venire una crisi di nervi se continui così.»
Lui si limitò a socchiudere gli occhi, segno che stava progettando qualcosa. Qualcosa che non mi sarebbe piaciuto. «Sai, quella con mezzi capelli è amica di Julia, fanno pallavolo insieme.» Buttò lì con aria indifferente.
«E quindi?» Chiesi consapevole di star cadendo nella sua trappola.
«Niente, era così per dire. Sì, insomma, se tu volessi il nome di quella ragazza potrei farmelo dare da Julia così... beh, magari potreste uscire insieme. Senza impegno, si intende.» Continuò lui facendo gesti vaghi con le mani.
Mi ritrovai a prendere seriamente in considerazione la sua proposta, non tanto perché mi interessava la ragazza con la testa mezza rasata, ma perché attraverso lei potevo arrivare a Scarlett. In un modo più civile e accettabile che presentarmi a casa sua come avevo progettato di fare durante l'ora di economia.
Però usare quella ragazza per parlare con Scarlett mi sembrava sbagliato, e in effetti lo era: non potevo approfittare una persona per i miei scopi senza curarmi dei suoi sentimenti, farlo era da insensibili. Lasciarsi scappare la possibilità di avvicinare Scarlett era da pazzi. Ma volevo davvero andare contro i miei stessi ideali per... lei?
Mi passai una mano tra i capelli, combattuto, e sospirai. Com'era possibile che una perfetta, o quasi, sconosciuta mi portasse tanti dubbi? Conoscerla quanti guai avrebbe comportato? Le risposte che avrei potuto ottenere, sarebbero valse il rischio?
«Allora?» Chiese Michael studiandomi con aria fintamente innocente.
«Non lo so... Non mi sembra giusto.» Ammisi.
In realtà io mi riferivo a Scarlett e all'usare la sua amica come tramite per arrivare a lei, ma lui interpretò la mia risposta a modo suo. Per fortuna direi.
«Però lo vuoi, vero?» Insistette il mio migliore amico.
Trassi un respiro profondo. «Perché no. Sì, insomma, non credo che tu mi lascerai in pace finché non ti dirò quello che vuoi sentire.»
Sorrise, soddisfatto. «Bene. Stasera ti manderò un messaggio con nome e cognome. Oppure non lo farò. Dipende tutto dalla tua risposta alla mia prossima domanda.»
Lo sapevo che voleva qualcosa in cambio, qualcosa che non sarei stato molto felice di dargli. «Sei un bastardo, lasciatelo dire.»
Mi diede una pacca sulla spalla. «La vita è dura amico, bisogna sapersi adattare. Io la considero pura e semplice sopravvivenza.»
«Okay, senti, finiamola qui: cosa vuoi?» Domandai al limite dell'esasperazione.
Il suo ghigno si allargò. «Voglio un invito al diciottesimo di tua cugina.»
Mi lasciai sfuggire un sorriso quasi beffardo. «Ti piacerebbe. Selena neanche sa che esisti.»
«Ma tu lo sai, e puoi informarla di questa grandiosa notizia, dico bene?» Aggiunse lui.
«Se ti faccio invitare alla festa tu mi dai il nome della ragazza?» Chiesi studiandolo.
«Certo amico, io sono un uomo di parola.» Mi tese la mano. «Affare fatto?»
"Come distruggere i propri ideali con due semplici parole", pensai. «Affare fatto.»

«Dici che sarebbe una buon'idea?» Mi domandò Selena con la sua voce dolce.
«Ma sì, è un bravo ragazzo, lo conosco da anni...» "E ti sto mentendo spudoratamente solo perché voglio avvicinare un licantropo", aggiunsi mentalmente. «Se proprio non vuoi va bene lo stesso, se ne farà una ragione.»
Spostai il cellulare all'altro orecchio mentre cercavo la ciotola di Cora che, come al solito, sembrava essere sparita. Se non fossi stato al telefono con mia cugina probabilmente mi sarei lasciato sfuggire un'imprecazione: perché il nostro cane aveva la pessima abitudine di nascondere qualunque cosa gli capitasse a tiro?
Cora strofinò il naso sulla mia mano con un mugolio impaziente. Le scoccai un'occhiata ammonitrice: in fondo era colpa sua se non poteva mangiare subito.
«Oh, ma per il mio cuginetto farei questo ed altro!» Esclamò Selena. «Senti, digli che se vuole può venire: più siamo meglio è.»
«Grazie Sel. E comunque c'è solo un anno di differenza tra noi, siamo praticamente coetanei.» Risposi.
«Per me rimarrai sempre il mio cuginetto, sappilo. Però eviterò di dirlo in pubblico.» Replicò lei. Percepii il sorriso nella sua voce.
«Credo di doverti ringraziare per questo, giusto?» Domandai individuando, finalmente, la ciotola di Cora.
La sentii ridere. «Direi di sì. Allora ci vediamo tra due settimane, mmh?»
«Perfetto. Anche se mi sembra incredibile che tu abbia già programmato tutto con così tanto anticipo.» Commentai mentre Cora saltellava allegra intuendo che stava per mangiare.
«Beh, diciotto anni si compiono una volta sola, quindi... Ho voluto fare le cose in grande. Ora devo andare, il mio ragazzo mi aspetta. Ci vediamo cuginetto.» Ribatté.
Alzai gli occhi al cielo. «Sì, ci vediamo...»
Si raccomandò di salutare mamma e papà da parte sua e riattaccò. Infilai il cellulare nella tasca dei jeans e riportai l'attenzione su Cora: mi guardava con aria implorante scodinzolando piano.
«Ora ti do da mangiare, sì. Sei parecchio golosa, eh?» Borbottai riempiendole la ciotola.
Lei si limitò ad infilare il muso nei suoi croccantini decisamente soddisfatta. Mi appoggiai al tavolo della cucina e mi passai una mano tra i capelli. In quel momento il mio telefono vibrò. Lo presi dalla tasca e notai che c'era un messaggio da Michael: "La ragazza con i capelli strani si chiama Elisabeth Levine. E tu che mi dici? Tua cugina sa della mia meravigliosa esistenza?".
Senza nemmeno accorgermene mi ritrovai in tensione: era il primo passo verso Scarlett. Anche se, a dirla tutta, non sapevo che avrei fatto ora che avevo il nome della sua amica. Proprio non ne avevo idea, ma mi dissi ci avrei pensato più avanti.
"Perfetto, grazie. E sì, mia cugina ti ha invitato ufficialmente. Sono sicuro che anche il suo ragazzo sarà felice di sapere della tua esistenza. Magari proprio da te." Scrissi il messaggio senza riuscire a trattenere un sorriso.
"Sei un bastardo Adam Meyers! Questa me la paghi, sappilo." La sua risposta mi fece sorridere di più.
Infilai il cellulare nella tasca dei jeans ripensando a quello che sapevo in quel momento: Elisabeth Levine non sembrava troppo difficile da avvicinare, aveva l'aria disinvolta e sorrideva spesso, quindi forse era anche amichevole.
Il punto era cosa fare dopo? Dovevo fingere di provarci con lei o dirle la verità? Omettendo, ovviamente, la licantropia della sua amica. E quindi che scusa dovevo usare? Dovevo farle credere che mi piaceva Scarlett? Avrei anche potuto farlo, non doveva essere troppo difficile fingere che lei mi interessasse perché, in un certo senso, lo faceva davvero. Non c'entravano niente né il desiderio, però ero comunque attratto da lei.
"Che situazione complicata", pensai. Come diavolo avevo fatto a cacciarmi in un guaio del genere?
Avrei dovuto usare Elisabeth in ogni caso, sia che fossi stato sincero, più o meno, che no, quindi restava solo da scegliere quanto senza sentimenti dovevo essere: illuderla e poi avvicinare Scarlett o farle sapere fin da subito che lei non mi interessava e che volevo solo parlare con la sua amica? A dirla tutta, messe così sembravano tutte e due opzioni disonorevoli alla pari, il che non mi aiutava a decidere.
Mia madre entrò in cucina con una grossa borsa della spesa e l'appoggiò sul tavolo. Indossava dei jeans blu scuro e un maglione grigio. Aveva raccolto i capelli in una coda alta perfettamente ordinata, come sempre.
«Oh, ciao tesoro. Tutto bene a scuola?» Chiese sorridendomi.
Scrollai le spalle. «Come al solito.»
«Hai dato tu da mangiare a Cora?» Domandò tirando fuori le uova dalla borsa.
«Mm-mm.» "Perché non chiedere un parere a lei? Senza nominare le parti che possono metterti nei guai, naturalmente", suggerì una vocina nella mia mente. «Senti, posso farti una domanda?»
«Certo tesoro, dimmi pure.» Confermò lei.
«Mettiamo caso che io abbia il nome di una ragazza però in realtà voglio... uh, avvicinare una sua amica: che dovrei fare? Sì, insomma, non voglio approfittare di nessuno, ma neanche illudere questa ragazza.» Spiegai tenendomi il più possibile sul vago e chiedendomi quanto fosse riuscita a capire da quel poco che le avevo detto.
Lei incrociò le braccia al petto e aggrottò la fronte. «La ragazza che vuoi avvicinare ti piace?»
"No, voglio solo sapere di più sulla licantropia", pensai. «Ehm... Diciamo di sì.» Suonò come una domanda persino a me.
Lei si lasciò sfuggire un sorriso. «Perché non parli direttamente con lei? Evita terzi incomodi e fatti avanti.»
Magari fosse stato così semplice... «Ecco, in realtà non è così facile: questa ragazza è parecchio...» "Lunatica, rabbiosa, imprevedibile... pericolosa." «Timida. Quindi avvicinandola così mi sembra di metterla con le spalle al muro.»
«Hai ragione, non l'avevo considerata sotto questo punto di vista... Si vede che ci tieni parecchio a lei.» Commentò mia madre annuendo piano.
"Ah sì?", mi chiesi. In realtà neanche io l'avevo vista così quando avevo parlato, semplicemente le parole erano venute fuori da sole. «Mmh... Sì. Credo.»
Stavo facendo tutto quel casino solo perché non volevo rischiare troppo andando direttamente a parlare con Scarlett: poteva reagire molto, molto male e sarei stato da solo ad affrontare le conseguenze. Anche perché non potevo certo chiedere aiuto a qualcuno, e neanche lo volevo. Era qualcosa che doveva risolvere io e lei.
«So che è difficile, però mettere qualcun altro in mezzo sarebbe solo una complicazione. Devi essere diretto con lei e dirle cosa provi. Invitala ad uscire magari.» Aggiunse mia mamma prendendo delle carote dalla borsa.
Invitare Scarlett ad uscire era praticamente un suicidio, non potevo farlo: mi aveva detto esplicitamente che dovevo tenermi lontano da lei, quindi proporle una cosa del genere era assolutamente fuori questione. E poi, se le avessi davvero chiesto di uscire avrebbe pensato che mi piaceva in quel senso, ed era un'altra cosa da evitare.
«Ci penserò...» Mormorai distrattamente.
Lei mi mise una mano sul braccio. «Se lei ti piace davvero vedrai che andrà tutto bene, mmh? Devi solo rilassarti e pensare meno.»
Sospirai. «Non è così facile...»
«Lo so, tu sei una persona molto razionale, tendi a valutare tutto. Ma adesso devi lasciarti andare. E vedere come va.» Replicò mia mamma prima di mettersi a preparare la cena.
"Andrà male, molto male...", mi dissi. Avvicinare un licantropo e farlo parlare suonava come un'impresa impossibile e in effetti lo era: in fondo che diritto avevo io di interferire con la vita di Scarlett? Nessuno. Eppure volevo farlo lo stesso, volevo mettermi nei guai con le mie stesse mani solo per trovare qualche risposta che neanche mi serviva.
Ero ancora in tempo per tornare indietro, lo sapevo, esattamente come sapevo che, se l'avessi fatto, se avessi fermato tutto prima ancora di iniziarlo, mi sarei odiato e me ne sarei pentito. Quindi... avrei sfidato la sorte, e Scarlett, solo per placare quella strana curiosità che mi provocava quella altrettanto strana ragazza.




SPAZIO AUTRICE:In questo capitolo Adam dimostra di pensare ancora molto a Scarlett, cosa che sta facendo anche lei, e di essere disposto a rischiare pur di avvicinarla. Il perché non è chiaro neanche a lui, ma non sembra volersi fermare a riflettere. In realtà, nessuno dei due lo farà: Scarlett è ossessionata dall'idea che Adam possa rivelare il suo segreto e quindi vuole tenerlo d'occhio pur sapendo che sarebbe più saggio non farsi notare; Adam vuole delle prove per capire se la licantropia esiste davvero e, se sì, che cosa comporta. Questo porterà entrambi ad agire d'istinto e a cacciarsi in situazioni che avrebbero dovuto evitare.
Vi anticipo che la festa di Selena sarà teatro di qualche colpo di scena che non riguarderà solo i nostri due protagonisti: anche Michael combinerà qualcosa di cui potrebbe pentirsi.
Detto questo, vi ringrazio di nuovo per l'entusiasmo che dimostrate nel seguire la storia, non me l'aspettavo assolutamente *-*

A presto,
TimeFlies


Under a Paper Moon (Completa)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora