Capitolo 05

449 29 14
                                    

Finalmente arrivò la bella e cara domenica e Angus era libero dal lavoro almeno per un giorno, nonchè fosse pesante ma aveva comunque bisogno di riposo, come chiunque altro umano d'altronde.
"Ehi, esco con una ragazza" disse un Nash sorridente e pronto per uscire.
Si abbottonò l'ultimo bottone della camicia nera, aderente quanto basta per non lasciar spazio all'immaginazione e poi guardò il cugino Angus sul divano.
"Hai veramente intenzione di startene a poltrire sul divano per tutto il giorno? Vuoi venire con noi? Sono sicuro che Betty abbia un'amica da poterti presentare, ha delle amiche davvero sexy".
Nash, a modo suo, voleva essere gentile, gli dava fastidio vedere il povero Angus ridursi ad un vegetale in un giorno di riposo e poi erano solo le cinque del pomeriggio, era inutile passare l'intera giornata libera a casa.
Angus, dopo le parole del cugino, si alzò in un secondo, come se si fosse ripreso da un lungo periodo di trance.
"Oh..no! Ho un altro impegno" e detto questo si andò a cambiare nella sua stanza lasciando, come sempre, un povero Nash confuso che uscì prima di potersi sbattere la testa al muro per il cugino lunatico che si ritrovava.
Ma Angus aveva già qualcosa d'importante da fare, non gli importava uscire con le amichette di Nash.

I giorni precedenti lo avevano aiutato a riflettere sulle sue emozioni e decise che qualcosa nella sua vita doveva cambiare.

Ma cosa avrebbe dovuto cambiare?

Staremo a vedere.

Prese il suo furgoncino e in una mano teneva la lettera che Lauren aveva dimenticato quando fuggì dal bar.
Voleva che la tenesse lei così si avviò verso casa sua, sperando che non si fosse trasferita visto che odiava vivere lì un tempo.
Arrivato a destinazione dopo un po', parcheggiò il furgoncino davanti l'immensa villa che fece riaffiorare in lui ricordi di loro.
Ricordi felici dei momenti altrettanto felici passati insieme.
Le corse nel grande giardino, le passeggiate tra le rose, ricordò quando la spingeva sull'altalena e si sentivano come teneri bambini con la voglia di prendere il mondo tra le mani.
Con il passare del tempo quella voglia passò, si affievolì sempre più.
Il mondo era cambiato e anche loro lo erano. Angus scese dal furgoncino e appena i suoi piedi si appoggiarono al suolo non era più convinto di ciò che aveva deciso di fare.
Mille dubbi invasero la sua mente chiedendosi "e se mi apre sua madre? Se rivedessi i suoi genitori come la prenderei? Loro come la prenderebbero? E se semplicemente lei non volesse più parlarmi?".
Tanti "se" che gli frullavano in testa ma che doveva cercare di affrontare.
Si avviò verso il grande cancello e appena suonò il campanello qualcuno rispose al citofono.
"Chi è?".
Angus, a quelle parole, fu sommerso dal sollievo, conosceva benissimo il suono di quella voce e senza volerlo un piccolo sorrisino si fece spazio sul suo viso.
"Alexander?" domandò Angus.
"Signorino Wonder, è veramente lei?".
"Proprio così".
Ebbene si, il maggiordomo ricordava a sua volta la voce di Angus, poco dopo gli aprì il cancello e il ragazzo si diresse verso la porta della villa.
La porta si aprì e poco dopo ne uscì Alexander che, sorprendendo entrambi, abbracciò Angus visto che non lo vedeva da molto tempo. Angus ricambiò l'abbraccio anche se un po' a disagio.
Quel dolce ragazzo era stato in grado di conquistare anche il maggiordomo, con il suo essere semplicemente se stesso, con la sua spontaneità e Alexander lo aveva sempre ammirato per queste sue caratteristiche.
"Signorino Wonder, qual buon vento?" chiese educatamente il maggiordomo, per tutti Alex, a dir poco stralunato dall'arrivo di Angus.
Molte domande frullavano nella testolina del povero maggiordomo, era soprattutto curioso.
"Lauren è in casa?".
"Ah..no è uscita soltanto dieci minuti fa".
Angus sbuffò e l'altro si accigliò confuso.
"Voleva vederla?" chiese poi il maggiordomo.
Angus annuì mentre teneva quella vecchia lettera tra le mani.
"Aveva voglia di uscire e prendere un gelato, credo che tu sappia dove sia andata.." Alex sorrise e gli fece l'occhiolino sapendo di avere ragione.
Angus lo salutò e ringraziò velocemente ed uscì dalla villa dirigendosi di nuovo verso il furgoncino.
Per fortuna non aveva beccato i suoi genitori in casa o gliele avrebbe dette di santa ragione.
Si diresse verso il centro della città e, arrivato in mezzo a tutti i negozi, parcheggiò per poi camminare a piedi.
La gelateria che Lauren tanto amava era lì vicino e Angus sperava di poterla incontrare ma appena fece ingresso nel locale, non c'era nessuno, non c'era lei, magari quello non era più il suo posto preferito, in fondo erano passati anni e Angus non conosceva più le sue preferenze.
Il ragazzo, un po' deluso, tornò a camminare per la strada intento a tornare al furgoncino, calciando i sassolini di tanto in tanto e dopo un po', quando alzò lo sguardo, non poco distante, la vide.
Aveva il suo gelato in mano e gli dava le spalle.
Guardava le vetrine dei vari negozi e Angus la guardava come lei guardava quei meravigliosi abiti che tanto le piacevano.
C'erano poche persone per strada e loro due erano solo a pochi metri di distanza.
Lei ancora non si era accorta della presenza del ragazzo e così continuò a camminare indisturbata, mangiando di tanto in tanto il gelato.
Anche Angus continuò, quasi seguendola. Ripiegò su se stessa quella stupida lettera e la infilò nella tasca posteriore dei suoi jeans.

"Accetto le tue scuse!" urlò ad un tratto Angus, squarciando la quiete che c'era, facendo voltare tutte le persone che camminavano tranquille, compresa lei.
Lauren lo guardò con un cipiglio sul volto, poi tolse il cucchiaino di plastica dalla bocca e lasciò spazio al suo meraviglioso sorriso.
Lui si avvicinò e i due erano ad un passo dall'altro.
"Accetto le tue scuse, anche se la colpa non è né tua, nè mia". Angus si inumidì le labbra e la guardava negli occhi, non provava più quell'odio verso di lei.
Forse soltanto un po', ma il peso che aveva tenuto addosso per anni era quasi come scomparso e lui sentì di stare meglio.
Lauren non sapeva che dire al riguardo, era contenta, contenta di non avere più qualcosa in sospeso.
"Ti va una passeggiata?" chiese lei buttando la coppetta di gelato ormai vuota in un cestino.
"Certo" annuì Angus sorridendo. Fu la prima volta dopo tanto tempo che sorrise sinceramente.
Che le sorrise sinceramente.
A Lauren vennero i brividi al solo ricordo.
Ricordò che i sorrisi più belli li riservava solo a lei e magari continuava a farlo.
Andarono in un parco e videro dei bambini che giocavano come matti.
"Guarda quello grassottello, fa fatica a correre" Angus rise di gusto indicando un bambino e Lauren lo spinse giocosamente per il braccio.
"Non si prendono in giro le persone, lo sai? Soprattutto i bambini" lei si tratteneva dal ridere per la faccia imbarazzata di Angus.
"Okay, scusa" borbottò quest'ultimo per poi sedersi su una panchina e lei lo seguì poco dopo.
"Che strano trovarci qui.." disse lei flebilmente, con le mani sulle ginocchia e lo sguardo puntato verso i bambini apparentemente felici, si domandò se lo fossero veramente.
"Qui, insieme intendo..".
"A distanza d'anni.." continuò Angus con la caviglia appoggiata al ginocchio dell'altra gamba e il braccio appoggiato lungo lo schienale della panchina, dietro di lei.
"Già.." lei sembrò quasi abbattersi, rabbuiarsi, facendosi trascinare dalla tristezza e lui se ne accorse.
"Raccontami, hai detto di aver viaggiato, dove sei stata?" chiese lui cercando di sviare i suoi pensieri facendola riprendere.
Lei si voltò a guardarlo e poi sorrise.
"Beh, in Europa, ci sono tanti posti bellissimi che son sicura piacerebbero anche a te, in Africa, lì ho incontrato la tristezza, spesso malinconia, ma c'era gente speciale in quei posti, che sapeva come apprezzare la vita, come divertirsi con le piccole cose. Ho imparato che la cosa più bella del mondo è il sorriso delle persone che combattono ogni giorno pur d'essere felici" disse Lauren ricordando le varie esperienze mentre Angus ascoltava meravigliato.
"Sono stata a New York, quella città è bellissima, specialmente di notte..sono stata in California, il paradiso secondo me.." disse per poi sorridere e riportare lo sguardo davanti a sè.
"Sei stata in Europa..sei andata anche a Parigi allora" Angus sorrise aspettando una risposta che tardò ad arrivare per qualche secondo.
"No.." disse lei sospirando.
Lui si accigliò e domandò il perchè.
Lei si voltò a guardarlo per l'ennesima volta con un espressione triste e quasi ferita.
"Ci eravamo ripromessi di andarci insieme..non ne ho avuto il coraggio..".

---

Le giornate scorrevano veloci e Angus ripensava a quel pomeriggio al parco, le parole di Lauren risuonavano nella sua testa e lui si domandò più volte perchè la loro vita era stata scombussolata in quel modo. Avevano tante cose da fare, tanti posti in cui andare, tanti progetti da realizzare e invece..niente. Erano rimaste tutte cose irrealizzate.
Angus, quel giorno, servì una birra ad un uomo che lo ringraziò gentilmente.
"Sai ragazzo, tuo nonno manca tanto e tu me lo ricordi tanto.." disse ad un tratto l'uomo dalla barba grigia prima di alzare la birra verso Angus a mo di saluto e andarsene.
Il ragazzo annuì come per dire che mancava anche a lui e tornò a servire altre persone.
Per tutto il giorno non fece che pensare alle parole di quell'uomo e a alla cara Lauren.
Si, Angus, non faceva altro che lasciarsi trascinare dalle emozioni e questo per lui significava vivere veramente.

---

Angolo autrice:

Ecco il capitolo *-* spero vi piaccia.
Votate e commentate se vi va e fatemi sapere che ne pensate.
Ci tengo!

Al prossimo aggiornamento babieeess.

Torno per Te (#Wattys2019)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora