capitolo 1

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Sveglia rigorosamente tarda, vestiti già pronti e zaino sprovvisto, queste erano le tre caratteristiche fondamentali per affrontare il primo giorno di Liceo Artistico. A seguire venivano : atteggiamento da duro, l'obbligatorio "non rompe" da dire a mia madre, l'anello al dito e braghe ben strette. Ovviamente tutto a nascondere l'emozione sotto forma di nervosismo che quel giorno mi metteva.
Feci il primo grande passo fuori casa, poi il secondo e continuando così mi ritrovai nel giro di un quarto d'ora davanti alla scuola, la stessa di cui speravo di far parte da tempo. Aspettavo impaziente davanti alle porte chiuse che pronunciassero il mio nome,di quattro sole lettere, "Alex"

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Con il peso dello zaino sulle spalle e una mano intenta ad arrotolarmi una ciocca di capelli rosa, mi stavo dirigendo verso la mia nuova scuola. Non ero neanche troppo nervosa.
Come al solito stavo osservando il paesaggio intorno a me, in particolare le case che mi scorrevano accanto. Stavo fantasticando su quali strani esseri potevano viverci quando notai un ragazzo che stava camminando velocemente nella direzione opposta alla mia. Lo sguardo, di un azzurro ghiaccio, era concentrato e distante dal resto del mondo. Era così impegnato a risolvere chissà quale problema astronomico interiore che non si preoccupò molto di andarmi a sbattere contro.
Fu un attimo. L'immagine del ragazzo scomparve e al suo posto comparve ciò che i miei occhi vedevano il lui. Pelle grigiastra, ampia tunica grigio scuro e occhi privi di iride e pupilla ma stranamente azzurri, ancora più inquietanti di quelli originali.
Mi ero sempre divertita ad accavallare le immagini delle persone che vedevo con quelle che la mia testa creava. Una cosa piuttosto...strana. Ma "strano" era una parola che conoscevo fin troppo bene.
Continuando a camminare ormai ero arrivata all' ingresso della scuola. Era pieno di gente. Mi piazzai davanti all' entrata. Non passò molto tempo che il bidello arrivò per assegnarci le classi, essendo il nostro primo anno.
Ero immersa nei miei pensieri, ascoltando tutti quei nomi sconosciuti e chiedendomi se fossi capitata con qualche tipo particolare. -...D'albero Alex- . Alzai lo sguardo in quel momento e notai il ragazzo che si staccava dagli altri per raggiungere la classe. Nel farlo mi passò davanti. Rimasi bloccata per un attimo. Non era possibile.
Io... non riuscivo a vederlo.

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Presi posto in quell' aula del tutto nuova per me. Non era decorata, il colore dominante era il grigio e questo non rispecchiava proprio del tutto il termine " artistico".
Mi sedetti a fianco del mio amico Francesco, che solo a guardarlo trasmetteva preoccupazione. Alzai spesso lo sguardo, osservando quella che da quel giorno sarebbe stata la mia classe. Conobbi professori, bidelli, segretari e tutti i miei nuovi compagni, immaginando la loro vita fino a quel momento, arricchendola con problematiche e situazioni frutto della mia immaginazione. Tutti tranne una: la ragazza rosa.
Erano le 10:03, ora di ricreazione.
Mi passò davanti sfoggiando la sua chioma accesa ,legata in una coda alta, curando delicatamente una ciocca con la mano. Sicuro di me la guardai cercando il suo passato ma senza nessun preavviso il volto mi si irrigidì e il vuoto mi si presentò davanti, senza riuscire a guardarla, come se alle spalle non avesse nessuna storia.
-Andrea, sono qui!- la chiamava la sua amica - Andrea!-
Quel nome rimase impresso nella mia mente come fosse stato scolpito. Distolsi lo sguardo dopo quell'attimo faccia a faccia, tornando a mangiare la mia pizza con sottofondo Francesco che nel frattempo non aveva mai smesso di chiacchierare.

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Avevo finito di mangiare e stavo camminando tranquillamente per il corridoio. Con le dita giocherellavo con una ciocca di capelli. Era una specie di vizio.
Guardavo tutte le persone che mi passavano davanti e le trasformavo. Una ragazza bassa con le lunghe orecchie bianche e un martello in mano, un ragazzo con gli orecchini e le ali da rondine, una ragazza mora con dei tatuaggi sulla faccia, un ragazzo normale... Mi bloccai.
Riconobbi in lui la persona che mi era passata davanti e non ero riuscita a trasformare mentre ci assegnavano le classi. Stava parlando con un suo amico ma si bloccò, notando forse che mi ero fermata ad osservarlo.
I nostri sguardi si incrociarono.
Pensavo che non riuscirlo ad immaginare fosse dovuto al fatto che non lo avevo guardato bene. Ma anche ora, che si trovava fermo davanti a me, la sua immagine restava la stessa, uguale, identica. Normale.
Non ci potevo credere, ma decisi comunque di proseguire.

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