Gioia Fantàsia

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Quando Clara lo annunciò a Marco, quasi non pianse dalla contentezza:

<<Aspetto un bambino>>.

A Marco non importava se fosse maschio o femmina, gli bastava sapere che nel grembo della persona più importante della sua vita crescesse quella piccola creatura, metà di lui e lei, per sentirsi l'uomo più felice del mondo; un figlio era tutto ciò che desiderasse dalla vita. Prima ancora che nascesse gli comprarono mille giochi e gli fecero una cameretta tutta sua; sarebbe stato il bambino più amato e desiderato in assoluto.

<<E' una femminuccia>>, dichiarò la dottoressa.

Marco prese la mano di Clara fra le sue e la baciò.

<<Come vuoi chiamarla?>>, le chiese.

<<Vorrei che il suo nome esprimesse tutto quello che questa bambina è per noi>>, rispose Clara.

E così la chiamarono Gioia: Gioia il nome, gioia quello che la piccola rappresentava per i suoi genitori. La dottoressa disse che sarebbe nata nella prima settimana di marzo, invece non fu così: sbagliò i suoi calcoli di solo una settimana; la bambina nacque a febbraio, il ventinove. Era un anno bisestile; la bimba avrebbe trascorso il giorno del suo compleanno una volta ogni quattro anni. A Clara non importava; avrebbe festeggiato la sua piccola tutti i giorni.

Quando Marco la prese per la prima volta in braccio, gli sembrò che non esistesse una bambina più bella della sua. Era tanto piccola e delicata che aveva paura di farla male se l'avesse stretta un po' di più. Sfiorò la sua piccola manina con un dito, lei lo afferrò delicatamente e poi aprì gli occhi; erano gli occhi più belli del mondo, un misto fra quelli neri come una notte senza luna del padre e quelli dorati come un tramonto della madre: cioccolato, la bimba aveva gli occhi dello stesso colore del cioccolato e, quando le sue minuscole labbra si piegarono in un delicato sorriso, Marco ne assaporò la stessa dolcezza.

Ma quella felicità era destinata a non durare molto. Passarono le settimane e poi i mesi e Clara si accorgeva che Gioia era identica a quando l'avevano portata per la prima volta a casa.

<<La bimba non cresce>>, fu la risposta della dottoressa. <<Il suo peso è identico a quello di nascita, la sua altezza lo stesso. Dobbiamo ricoverarla urgentemente>>.

A Clara pianse il cuore quando vide la sua piccola creatura con le flebo in una culla dell'ospedale. Marco strinse sua moglie fra le braccia.

<<Vedrai che si riprenderà>>, le sussurrò.

Clara soffocò i singhiozzi sul suo petto. Come desiderava che fosse vero! Tuttavia la situazione non migliorò un mese dopo, né un anno. Nessuno riusciva a capire il motivo per cui Gioia non crescesse.

<<E' sana come un pesce>>, disse il primario dell'ospedale dove era ricoverata, <<eppure la sua crescita si è completamente bloccata. Le sue cellule hanno smesso di riprodursi ma non per questo invecchiano e muoiono; c'è uno strano meccanismo che le fa mantenere in vita. E' una cosa strabiliante>>.

I suoi genitori non trovavano nulla di straordinario in quello che stava succedendo e Clara pregava tutti i giorni perché Gioia guarisse da quella strana malattia che aveva preso il possesso del suo debole corpicino ma, nonostante tutto, le cose non sembravano migliorare: Gioia aveva raggiunto già il suo terzo anno di vita e nulla di lei era cambiato. Poi giunse il quarto anno, era bisestile e per questo la piccola avrebbe potuto festeggiare il suo compleanno. Durante quell'anno accadde qualcosa di straordinario: per la prima volta Clara vide una sfumatura rosea sulle guance della sua bimba, chiamò il medico e chiese di visitarla; la bambina stava ricominciando a crescere. Fu una gioia immensa per tutti. Dopo qualche mese in cui il medico poté essere sicuro che lo sviluppo di Gioia stesse procedendo speditamente e che non avrebbe smesso, poté dimetterla raccomandando ai giovani di avvertirlo se ci fosse stato qualche problema.

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