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Arrivò la fredda e buia sera.
Si sarebbe risvegliata tutt'intera? O avrebbe dormito per sempre?
La paranoia la divorava, sotto le coperte tremava di paura e teneva gli occhi sgranati.
Non aveva raccontato nulla a Nancy per non rovinarle le vacanze preoccupandola tanto, ma era tentata dal chiamarla.
Cosa avrebbe dato per parlare con qualcuno in quel momento, anche con la mamma o con la sorella rimasta in Italia!
Si sentiva mancare il respiro: il "male" la aveva investita in tutta la sua potenza. Qualcosa le diceva che non sarebbe uscita da quella camera come la solita Clementine Smith.
Respirò profondamente.
- Clem... andrà tutto bene... ora dormi... - mormorò a sé stessa.
Si mise sul fianco e chiuse gli occhi, addormentandosi dopo parecchio tempo. Ma dopo solo un paio d'ore di sonno, si svegliò e si alzò dal suo letto.
La sveglia portava mezzanotte precisa.
La sua mente era vuota e non ragionava. Come un robot, si vestì con dei vestiti pesanti, prese dallo zaino la maschera e la indossò.
Christianna dormiva nel letto accanto, beatamente e senza sapere cosa stesse accadendo. 
Clem, con passo felino, scese le scale e andò in garage. In quella scura stanza, un contenitore rosso luccicava alla luce lunare: una tanica di benzina che il nonno teneva per evenienza.
La prese e anche se facendo molto sforzo; prese un accendino che stava in cucina e se lo mise in tasca; levó il tappo del contenitore e iniziò a farlo scorrere un po' sul pavimento.
Così facendo, percorse tutti i corridoi della casa, la cucina e il salotto.
Nessuno ancora si era svegliato e neanche la mente di Clem riusciva a riprendere il controllo: qualcuno la stava manipolando.
A lavoro finito, si recò alla porta di casa e riprese l'accendino giallo dalla tasca. Si chinó di poco sul liquido e... fuoco.
Le fiamme divamparono all'istante e una folata di calore le investì il viso.
Passo dopo passo si allontanò verso il bosco, venendo accolta a braccia aperte da una figura alta e oscura.
La casa bruciava velocemente e già si stavano alzando le voci per il quartiere. Quella notte, Clem divenne un'assassina.
Clementine si svegliò il mattino dopo per terra, nel soggiorno della sua casa in Virginia.
Scosse la testa e si guardò nervosamente attorno.
- Dove sono... eh?
C-come?! Com'è p-possibile?! Io stavo a casa dei nonni... stavo nel letto...  e... - si toccò il viso.
Le pupille divennero minuscole, il sudore le imperlava la fronte, le mani tremavano: si era accorta che indossava la maschera.
Se la tolse immediatamente e la gettò via spaventata a morte.
- NOOOO!!! NON È POSSIBILE!!! - grida di collera e disperazione risuonarono per tutta la casa.
Le lacrime scendevano, appannandole la vista.
In un secondo, ricordò tutto quello che aveva fatto quella notte e scoppiò a piangere.
- NOOO!!! P-PERCHÉ?! PERCHÉ L'HO FATTO!? - singhiozzava, respirando a stento.
- CHRISTIANNAAAAAA! PAPAAAA! - urlò a squarciagola.
Si inginocchió per terra, disperata e furiosa con se stessa. Scuoteva la testa per rinnegare tutto, ma non poteva negare la ormai evidente realtà.
Aveva tanta paura. In quel momento avrebbe dato di tutto pur di avere un abbraccio rassicurante.
- No... no-non ero io. Non l'ho fatto io... NON SONO STATA IO! - gridò ancora isterica, per buttare fuori tutti i suoi problemi.
Stava inumidendo la moquette con le sue lacrime salate.
L'unica cosa che voleva in quel momento era la sua migliore amica, l'unica persona rimasta in vita a lei cara e vicina.
- Naaancy... - disse lamentosa.
Si alzò piagnucolando.
- D-devo andare da lei... - si incamminó verso l'uscita, barcollante. Poggió la mano sulla maniglia e la girò.
Passò un'ora.
Da fuori la porta, si sentiva Nancy imprecare per un qualcosa.
Clementine bussò di nuovo il campanello.
- Arrivo! - rispose l'altra ragazza in inglese, non aspettandosi che fosse l'amica. Aprì la porta.
Clementine la guardava con gli occhi tristi e spenti.
- Ciao, Nancy... - quasi sussurró.
Nancy aveva gli occhi sbarrati.
La guardò allibita per un paio di secondi.
- Che ci fai qui?! - le domandò incredula, tirandola dentro casa e trascinandola in camera sua.
Clem non le diede risposta.
Nancy la fece sedere sul letto e chiuse la porta a chiave.
- Ho paura, Nancy... aiutami... - mormorò con voce rotta.
- Clemmy... che ti è successo? - si avvicinò preoccupata all'amica.
Quando furono spalla a spalla, Clementine si buttò tra le braccia dell'altra e le passò la sua maschera che aveva messo in tasca. Si mise poi a fissare un punto indefinito della camera, respirando così lentamente che a stento il torace si muoveva.
Nancy la osservò stranita: che significava?
- Me la sono ritrovata in volto. Anzi... mi sono ritrovata direttamente a casa. Non so come, ma so perché... -.
Nancy si distaccò da lei e la prese per le spalle.
- Cos'è successo? Dimmi. - le ordinò.
La corvina guardava il pavimento, muta come un pesce.
Nancy le alzò il mento con dolcezza, così che si guardassero dritte negli occhi.
- Dimmelo. -
- ... ho... ho ucciso la mia famiglia, Nancy. L'ho uccisa. -.
- C-cosa...? - Nancy la guardava pallida come un lenzuolo.
- Se... se hai paura di me e... non vuoi più vedermi... lo capisco... - Clementine si alzò dal letto.
- No! - la afferrò per il polso.
- Io non ho né paura né non voglio più vederti. Sei mia amica, come potrei aver paura di te? - un sorrisino rassicurante le si disegnò sul viso.
Clementine la guardava con un barlume di speranza negli occhi, ma ancora fredda.
- Ne sono felice. Ma... credo che devo comunque andare... - si levó la mano dell'amica dal polso.
- Dopo quel che è successo, non mi fido più di me stessa. Ho paura di farti del male... - le voltò le spalle come per non farsi vedere.
Vergogna e rabbia riempivano i suoi pensieri: doveva andarsene, prima che fosse troppo tardi.
- Sono sicura che non accadrà più nulla di brutto. Ne sono certa! - Nancy la prese per le braccia e la fece risedere sul letto.
-Tu rimani qui. Vado a prepararti qualcosa da mangiare, ok? - le disse.
L'amica annuì senza obbiettare.
- Torno subito! -.
La porta si chiuse.
Clem si rimise la maschera in tasca.
" Devo andare. Mi spiace così tanto, Nancy, ma è per il tuo bene... addio. ".
Scese dal letto e aprì la porta. Silenziosa come un'ombra, se ne andò via di casa.
Intanto Nancy aveva appena finito di preparare dei sandwich per Clem e per lei. Tornò in stanza.
- C-clemmy? Clementine...? - poggió la colazione sulla scrivania.
- Clemmy?! - si guardò intorno, ma della ragazza neanche l'ombra.
Senza dire A, prese al volo la prima giacca che trovò e corse fuori casa.
Lontano da lì, camminava Clem. Sconsolata e solitaria, ripensava a tutti i fatti accaduti fino a quel momento.
" Dove potrei mai andare... ? " pensò, calciando un sassolino che stava sulla sua via.
Era inutile e insensata la sua esistenza... almeno questo lei credeva.
Decise di tornare a casa a prendere le sue cose, così sarebbe andata via per sempre. Vi ci arrivò in fretta e si fiondó in camera sua per prendere il necessario.
- Bhe... spero di non combinare altre cazzate. - sospirò.
Dopo aver preso dei vestiti e una delle sue armi di autodifesa, andò in cucina a prendere da mangiare.
Ma un ospite indesiderato la aspettava, seduto tranquillo a tavola e con le mani intrecciate.
- C-ciao... Clem. Spero c-che tu voglia seguirmi stavolta. -.

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