Capitolo 3

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Emily chiuse gli occhi, cercando di catturare la bellezza di quel paesaggio, e quando li riaprì si ritrovò nella sua stanza, con la luce di un pallido sole che filtrava dalla finestra. Veronica la stava osservando con un'espressione curiosa.
- E' successo qualcosa?
- No, perché?
- Non so se te ne sei accorta, ma hai una faccia strana, quasi totalmente serena. Non ti avevo mai vista così tranquilla.
- Sai, ho fatto uno strano sogno...
Le raccontò tutto. Alla fine si stiracchiò sbadigliando e guardò l'orologio: la sveglia stava suonando e, con un sospiro, si girò per spegnerla.
- Per fortuna oggi è venerdì. Lavoro solo mezza giornata; poi potrò andare da James. Domani, invece, mi troverò insieme a Nelly, l'infermiera. Sai, suo figlio era in coma ma ora si è svegliato. Scese dal letto, rabbrividendo per il contatto con il pavimento freddo. Fecero colazione ed uscirono. Prima di chiudere la porta Emily mise un nuovo codice, riparando quanto più possibile la tastiera con i numeri: era convinta che ci fosse qualche microcamera nascosta.
Presero l'auto e si diressero verso il posto di lavoro. Quella mattina, oltre alle sue normali incombenze, iniziò a progettare il nuovo sistema di allarme per la casa. Vedendola sorridere, Stefano si avvicinò a lei, posandole una mano sulla spalla.
- Mi fa piacere vederti sorridere. Ma dimmi, tuo marito si è svegliato?
- No, ma ho in mente un'idea che ci permetterà di dormire sonni tranquilli.
- Conosco la tua espressione: hai già in mente un piano, non è vero?
- Sì, ma è un progetto complicato. Al momento preferisco non dirti niente.
Sbuffò divertito, ma non le chiese altro: sapeva che, qualora avesse avuto bisogno di lui, non avrebbe esitato a chiedergli aiuto. Si domandò però cosa avesse in mente: non avrebbe mai potuto indovinare quello che aveva intenzione di fare.
La mattina trascorse in fretta e la donna, caricata da un rinnovato ottimismo, diede il massimo di se stessa.
Insieme a Veronica tornarono a casa, e vi trovarono il carabiniere di guardia lì vicino alla porta.
- Bentornata signora. Oggi nessuno è venuto a farle visite sgradite.
Sorrisero tutti ed entrarono insieme. Daniele (questo il nome del carabiniere) si offrì di preparare il pranzo. Emily rimase stupita dalla richiesta, ma un cenno di assenso di Veronica la convinse ad accettare la proposta. Anche Sharon, alla fine del pasto, scalciò, come per ringraziare chi aveva cucinato.
Dopo aver sparecchiato e lavato le pentole ed i piatti, si diressero verso l'ospedale. La lasciarono andare da sola in reparto e, davanti alla porta, trovò un carabiniere in divisa.
- Buongiorno.
- Buongiorno a lei. Posso esserle utile?
- Beh, io vorrei entrare nella stanza.
- Mi dispiace, signora. A meno che lei non sia la moglie, io non posso farla entrare.
- Sono la moglie. Può chiedere a Nelly, la caposala.
La fecero chiamare e, dopo una sua conferma, Emily entrò nella stanza. Sfiorò con un lieve bacio il marito e si mise a sedere accanto a lui. Nella mente aveva ancora ben chiaro il sogno della notte, e decise di parlarne con lui. Prese carta e penna ed iniziò a scrivere:
"Ciao amore mio, sono di nuovo qui, a parlarti e a scriverti. In questo momento, davanti alla tua porta, c'è un carabiniere. Nessuno può entrare tranne me. All'inizio mi ha impedito l'ingresso nella camera ma per fortuna Nelly era di turno, e sono potuta entrare. Ormai ha capito chi sono quindi credo che non ci saranno più problemi.
Questa notte ho fatto un sogno strano, ma forse questo lo sai già. Eravamo insieme, in un posto bellissimo, solamente noi tre. In un primo momento ho creduto di essere morta, ma la nostra bimba mi ha fatto capire di essere nel torto. Ho pianto, proprio come sto facendo ora, ma lì tu mi hai asciugato le lacrime. Cosa darei perché non fosse solo un sogno... Mi hai detto di non preoccuparmi, e che ti saresti svegliato. Già, ma quando? Continuo a chiedermi se per caso non è stato il mio inconscio a lanciarmi questo messaggio, e se non sono state le risposte che avrei voluto sentire, invece che le tue. Eppure mi sembrava tutto così reale: i nostri corpi erano caldi, vivi, e sono certa di non aver mai provato una sensazione del genere durante i miei sogni.
Ogni tanto mi domando cosa penserai leggendo queste lettere. Forse mi dirai che non cambierò mai. In effetti, sarà proprio così: per sfogarmi continuerò a scrivere e a parlarti, come se tu fossi sveglio. Ma mi rendo conto che questo è un monologo. Spero comunque che tu mi senta, e che la nostra presenza, unita alle mie parole, possa essere di stimolo per svegliarti. Io aspetterò fiduciosa, e spero di sognarti ancora. A proposito, sai cosa mi è successo l'altra sera? Avevo l'impressione che tu fossi nella stanza insieme a me, come un angelo, ma era una sensazione inquietante. Fosse stato così, avrei finito di sperare, ed io non lo faccio mai, continuo ad aspettare, ad avere fiducia, nel destino e in te. So che non mi lascerai da sola, ma ti prego, svegliati. Se non fosse per la nostra bimba, la mia vita, in questo momento, sarebbe vuota. Ma non ci voglio pensare: tu sei qui, e quando leggerai quello che ti sto scrivendo, sono sicura che sorriderai, magari penserai che sia un po' matta, ma lo sto facendo per avere un ricordo. Per ora ti saluto. Domani ci sarà anche Nelly, qui con noi, e non ti scriverò. Ma il mio pensiero sarà sempre rivolto a te. Buona notte amore mio."
Chiuse la penna, ripiegò il foglio, lo mise sopra l'altro e, prima di uscire dalla stanza, sfiorò delicatamente il volto di James. Gli prese poi la mano e la mise sul suo ventre, per fargli sentire anche la presenza della piccola Sharon. Le sembrò di avvertire un soffio di vita, dopo aver appoggiato la mano sul letto, ma si convinse subito che fosse stata una sua fantasia: le linee sul monitor e la frequenza dei battiti non era cambiata, neanche per un secondo. Uscì quindi dalla stanza, rivolgendo un cenno di saluto al carabiniere che stava di guardia. Trovò Nelly di ritorno dal suo consueto giro di visite, e si accordarono per l'appuntamento per l'indomani. Le chiese anche dove potesse trovare una cappella. Gliela indicò e si salutarono, abbracciandosi.
La trovò quasi subito, e la prima cosa che notò fu l'atmosfera calda, accogliente, rassicurante. Vide un Crocifisso; era semplice, ma era intagliato così finemente da sembrare vero, quasi fosse vivo. Il suo sguardo si posò poi su una statua raffigurante la Vergine Maria. Rimase senza parole, tanto era bella, e si trovò a chiedersi qual era stato il suo vero aspetto.
Poi notò alcuni angeli, simili a bambini, che erano collocati intorno all'altare e in alcune nicchie. Avevano uno sguardo rassicurante, che trasmetteva tranquillità; lo stesso stato d'animo si rifletteva sul suo volto, ed una suora, che si trovava lì per pregare, aveva notato il suo graduale cambiamento, e ne era rimasta quasi attratta. Si avvicinò a lei e posò una mano sulla spalla.
- Figliola, cosa ti porta in questa cappella?
- Mio marito è qui, in coma. Avevo bisogno di sentirmi amata, rinfrancata, rassicurata; questi sentimenti, in questo luogo, li ho trovati. Sono venuta per chiedere una grazia: tra circa due mesi partorirò una bambina, mi piacerebbe che il padre si svegliasse per poter vedere il frutto del nostro amore.
- Cosa ti ha reso lo sguardo così sereno?
- Non lo so, credo che sia la bellezza di queste statue, la loro perfezione, che le rende quasi umane e vive.
- Sei la prima persona che sento dire una cosa del genere. Spero di poterti rivedere presto. Comunque io sono Suor Claudia.
- Lieta di conoscerti; io sono Emily.
Si strinsero la mano, salutandosi, e si allontanarono; una si diresse verso l'uscita, l'altra si inginocchiò raccogliendosi in preghiera. Prima di uscire dalla cappella, la donna si trovò a dare nuovamente uno sguardo d'insieme. La colpì l'intensità e la serietà dello sguardo di Suor Claudia, che aveva notato nel riflesso di uno specchio che si trovava lì vicino. Chiuse la porta il più dolcemente possibile, per non rompere quell'intensa atmosfera. Fuori dalla porta Veronica stava aspettando per poter tornare a casa. Anche lei notò il volto più sereno, ma decise di non dire niente: era sicura che dipendesse da quel luogo. Conosceva la sensazione che dava la vista di quelle statue, e la consapevolezza che tutto sarebbe andato per il meglio. A lei era successa la stessa cosa quando il suo bambino, nato in quello stesso ospedale, aveva rischiato di non farcela. Anche lei era entrata lì, e la vista di quei sorrisi, di quelle fattezze umane, l'avevano convinta che tutto sarebbe andato per il meglio; fu quello che in realtà successe: il bambino si riprese, e venne riportato a casa. Sapeva, però, di persone che avevano creduto di vedere quei volti tristi, e le loro speranze erano svanite di lì a poco.
- Vogliamo andare?
- Sì, volentieri. Sai, le statue che ci sono lì dentro sembrano vive. Ho avuto la sensazione che mi sorridessero... ma penso che sia stata la mia immaginazione. Dovresti vederle, sono troppo belle.
- Lo so, le ho già viste anche io. Ho notato il loro sorriso, e questo mi ha rassicurata quando Matteo, mio figlio, era nell'incubatrice, perché nato prematuro. Ho avuto paura: avevo lottato con tutte le mie forze, e temevo che non ce la facesse. Mio marito cercava di rassicurarmi, ma i miei pensieri negativi correvano più veloci di me. Suor Claudia, la stessa che hai incontrato tu, mi ha consigliato di venire in questo luogo; mi ha detto che avrei potuto trovare conforto e pace, e mi sono voluta fidare. Aveva ragione: un senso di tranquillità e di profondo amore mi ha quasi investita, e lo sguardo di quelle statue mi invitava ad essere fiduciosa. Non ho detto neanche una parola, eppure ho avuto la sensazione di aver parlato e di essere stata ascoltata. Dopo essere uscita sono andata in reparto, per osservare il mio cucciolo che lottava per restare in vita. E' stata una ripresa lunga, lenta ma costante. Ora sta bene, ed è stato un vero miracolo. Auguro anche a te la stessa felicità.
- Ti ringrazio; in questo modo mi doni un'aspettativa in più. Io continuerò a sperare e, appena possibile, verrò qui per trovare un po' di serenità.
Si abbracciarono, confortandosi a vicenda, e si incamminarono verso la macchina. Durante il tragitto verso casa non vide niente, né le strade, né le case. La sua vista era come offuscata, e la sua mente aveva un unico, costante pensiero: il risveglio di James. Giunti a casa entrarono insieme ed Emily prese in disparte Veronica per poterle parlare.
- Ascoltami, io dovrei fare una cosa, anche se, per ora, non ti posso anticipare niente. Ti posso solo dire che devo andare in un laboratorio, che abbiamo costruito dentro casa.
- Perché parli a bassa voce?
- Ho la sensazione di essere spiata. Ritengo che sia l'unico modo per scoprire il codice dell'allarme. - Non è possibile che tuo marito abbia fatto entrare qualcuno?
- Lo escludo. In ogni caso l'incidente è avvenuto in strada. - Potrebbe aver dimenticato di inserire l'allarme...
- Possibile, ma molto improbabile.
- Che altro non ti convince?
- Io ho inserito l'allarme ieri mattina, e chi è entrato l'ha disinserito con il codice.
- Giusta osservazione.
- In ogni caso posso vedere se e quando è stato messo e tolto l'allarme.
- Ah, e in che modo?
- Sai, avevo inserito un chip nella scheda madre. L'ho collegato con il mio portatile. Dovrebbe risultare anche il cambiamento che ho fatto.
Accese il portatile premendo un dito in uno spazio. Dopo qualche secondo il computer si accese, lasciando i carabinieri a bocca aperta.
- E' un riconoscimento digitale: solo io posso accenderlo.
- Non vorrei portarti sfortuna, ma se ti dovesse succedere qualcosa, sarebbe possibile forzarlo?
- No, l'ho programmato in modo che sia impossibile, a meno che non si inseriscano una miriade di codici necessari per sboccare i vari livelli di protezione. Quei codici li conosco solamente io.
- Bene. Ora ti dispiacerebbe spiegarmi cosa stai facendo?
- E' semplice: sto verificando a che ora è stato inserito e disinserito l'allarme. In questo modo potrete sapere con certezza a che ora è arrivato il ladro.
- So che la domanda potrà sembrarti banale, ma qual è lo scopo? Non ti dirà mica chi ha premuto i pulsanti...
- No, non ho ancora architettato un congegno del genere. Mi darebbe però la conferma di quello che penso.
- Ovvero?
- Che qualcuno ha messo microspie in casa mia.
- Penso che, a questo punto, potrei farti una domanda lecita: se qualcuno ha fatto quello che hai detto, in che occasione le avrebbe messe?
- A questa domanda non ti so rispondere, almeno non in questo momento. Però vorrei capire quando è entrato. Ecco, si è caricato.
Lanciò il programma e verificò i vari orari; ritrovò il suo cambiamento e fece notare i momenti delle due giornate in cui il ladro era entrato in casa. Il problema, comunque, non era stato risolto: era impossibile trovare il codice nei 30 secondi successivi all'apertura, neanche utilizzando un apposito macchinario.
Iniziò ad elencare mentalmente le varie possibilità: la tastierina dell'allarme si trovava vicino alla porta d'ingresso. Era forse possibile che qualcuno avesse ascoltato il rumore dei tasti? No, aveva abbassato il volume; in ogni caso, anche registrando il suono era impossibile scappare o nascondersi. Che altro? Prese a muoversi nella stanza, cercando una risposta alla sua domanda. Notando i suoi lenti movimenti, Veronica le chiese cosa stesse facendo.
- Sto cercando una risposta.
- Chiaramente la domanda è: come ha fatto il ladro a scoprire il codice?
- Già, mi sembra ancora incredibile.
- Ti serve aggirarti per la stanza come se fossi un fantasma?
- Che buffo paragone! Comunque, sì, mi concentra. Ma soprattutto cerco di capire dove può essere stata piazzata la microspia.
- Ne sei ancora convinta?
- Sì, sono assolutamente certa.
- Hai qualche idea?
- In realtà non ne ho. Avevo pensato ad una cosa, ma l'ho esclusa a priori.
- Sarebbe?
- Avevo pensato che qualcuno avrebbe potuto stare fuori ad ascoltare o registrare il rumore dei tasti. Sarebbe bastato acquistarne uno simile per ricavarne il codice.
- Perché pensi che sia così impossibile?
- Semplice: James impiega 3 secondi dal momento in cui digita l'ultimo numero a quando esce dalla porta. Neanche l'uomo più veloce del mondo riuscirebbe a nascondersi in così breve tempo.
- Ottima osservazione. Ma come fa ad uscire così velocemente?
- Beh, toglie prima le chiavi. Ha sempre l'ossessione di non farcela ad uscire in tempo. Una volta aveva dimenticato una cosa in cucina, e l'allarme si è messo a suonare. E' riuscito a spegnerlo ma, da quel giorno, ha quasi azzerato il tempo di uscita.
- Bene. Escludendo questo, cosa rimane?
- Non lo so. Tenendo conto della distanza tra l'ingresso e la nostra camera, mi sento di escludere qualsiasi microspia. Anche tutte le altre stanze sono posizionate ad angolazioni strane. Rimangono solo due punti probabili: il camino e le finestre.
- Chi entrerebbe nel camino?
- Beh, una persona magra ed atletica potrebbe benissimo farcela. In effetti, ora che ci penso, avrebbe avuto tutto il tempo a disposizione, ma solo per mettere una microspia alla finestra.
- In che modo?
- Il mese scorso siamo tornati a New York, e siamo rimasti fuori casa per tre settimane. Il cancello è alto, ma c'è il modo di entrare dal retro. Sarebbe bastata semplicemente una scala: nessuno avrebbe visto niente.
- Perché escludi il camino?
- E' un allarme sensibile; non c'è modo di entrare senza farlo scattare. A momenti si mette a suonare anche se passa una mosca...
- Se non fosse entrato fisicamente?
- Intendi dire se avesse usato qualcosa con un comando a distanza?
- Proprio così.
- Sarebbe una soluzione possibile. Per ora controlliamo la finestra.
- Va bene. Daniele, scusami, potresti salire su una scala per controllare la finestra?
- Sarebbe meglio chiamare i nostri colleghi.
- Sì, hai ragione.
Chiamarono i tecnici, che arrivarono dopo pochi minuti. Effettivamente trovarono due microspie, proprio dove avevano pensato. Chiunque le avesse messe, da quel momento non avrebbe più potuto ascoltare né vedere niente.
- Wow! Hai mai pensato di entrare in polizia? Sei veramente intuitiva e riflessiva.
- No, non ci ho mai pensato. Non credo comunque che sarebbe una scelta appropriata, soprattutto ora che sta per arrivare Sharon.
- In effetti, hai ragione.
- Scusi la domanda, che raggio hanno queste telecamere?
- In che senso?
- Dove deve trovarsi chi guarda le immagini?
- Non molto lontano, diciamo al massimo 800 metri.
- Potrebbe guardarle da un comune portatile o deve avere un'attrezzatura apposita?
- No, direi che un semplice computer può bastare.
- Potrebbe quindi essere in macchina?
- Sì, direi che questa è una possibilità.
- Stai forse pensando a quello che penso io?
- Ci sono alternative?
- No, non credo. Daniele, sai per caso se ci sono telecamere a circuito chiuso qui intorno?
- Mi dispiace, ma non ce ne sono. Cosa avevi intenzione di fare? Volevi controllare tutte le macchine che passavano?
- Poteva essere un'ipotesi.
- No, mia cara, questo è puro masochismo.
- Scusate se mi intrometto, ma non credo che sarebbe venuto sempre con la stessa auto. Forse è fermo in qualche punto, e qualcuno gli porta da mangiare. Oppure abita qui vicino. Magari ha installato un software nel telefono per vedere le immagini. In questo modo potrebbe andare e venire quando noi non ci siamo.
- Improbabile.
- Perché?
- Il computer deve essere acceso.
- Potrebbe tenerlo in macchina.
- Cosa mi dici della batteria?
- Niente di più semplice: basta collegare il cavo ad un accendisigari; in questo modo resta sempre carico. Magari lo tiene nel portabagagli, oppure su un tavolo in una casa qui vicino.
- Questa sì che è un'ipotesi molto valida. Spero per lui che sia in una casa qui vicino, così, per noi, sarà più facile trovarlo.
- Cosa? Hai intenzione di controllare tutte le case qui intorno?
- Perché? Non è una cattiva idea.
- No, infatti è una pessima idea. Non eri tu che mi dicevi che era masochismo controllare tutte le macchine? E poi scusa, secondo te dovremmo metterci a controllare tutti i computer?
- Ti sembra una cosa così assurda?
- Se tu credi che chi ha piazzato le microspie nella casa non è così furbo da nascondere il computer o cancellare le immagini, allora siamo senza speranze.
- Hai qualche idea migliore?
- Per il momento no.
- Se ritieni che sia una cosa fattibile, ti seguo. Ricordati però che abbiamo bisogno di un'autorizzazione del giudice. Non vorrei essere la solita guastafeste, ma credi seriamente che ci darebbe un mandato per controllare tutte quelle case?
- No, hai ragione.
- Scusate la domanda, potrebbero esserci cascine qui vicino?
- So a cosa stai pensando, ma credo di poter escludere questa ipotesi: non c'è nessun posto nascosto, o cascina, dove qualcuno possa nascondersi.
- Peccato!
- Già, ma non sarebbe così incosciente. No, continuo a credere che sia nascosto in qualche casa o in qualche auto.
- Non possiamo escludere anche l'auto?
- In base a quale criterio?
- Tu prima dicevi che il portatile poteva essere collegato all'accendisigari...
- Sì, è corretto. Qual è il problema?
- Funziona solo con l'auto accesa. Sinceramente non credo che qualcuno se ne stia i giorni interi con la macchina avviata... la batteria andrebbe a farsi benedire nel giro di poco. A meno che non sia un caso di vitale importanza, sinceramente non credo che ne valga la pena.
- Ci sono alternative?
- Purtroppo sì.
- In che senso?
- Come dicevo prima, potrebbe aver installato un software nel telefono, soprattutto se ne ha uno di ultima generazione. In questo modo può tranquillamente trovarsi in ogni luogo, vicino o lontano.
- Capisco. In poche parole mi stai dicendo che sarebbe come trovare un ago in un pagliaio.
- Esatto. Presumo comunque che sia nella zona: mio marito, in questo periodo, stava controllando alcuni produttori che si trovavano qui vicino.
- Bene. Sai per caso se aveva un'agenda su cui segnava gli appuntamenti?
- Una volta l'ho vista, ma non so dove possa essere.
- Cosa hai intenzione di guardare?
- Tutte le persone che ha incontrato prima di agosto. Se la mia intuizione è giusta, dovremmo trovare anche il commerciante di cui ci siamo occupati qualche tempo fa. Sono sicura che abbiamo indagato su quella persona prima di agosto.
Iniziarono a cercare, aprirono armadi e cassetti, eppure non se ne trovò traccia. Insieme cercarono di immaginare dove potesse essere. L'unica idea che venne in mente a tutti era la cartella che portava sempre con sé. Era stata repertata al momento dell'incidente, e si trovava ancora presso la stazione dei carabinieri. Chiamarono, chiedendo di verificare se l'agenda si trovasse effettivamente nella cartella. Attesero una risposta, che tardò ad arrivare: secondo l'inventario che avevano fatto dopo aver repertato tutto, l'agenda doveva trovarsi nella cartella; quando andarono per prenderla si accorsero che era sparita. Come poteva essere possibile? Cercarono dovunque, increduli; certamente non ci poteva essere stato un errore quando erano stati repertati gli oggetti ritrovati sul luogo dell'incidente. Era però impossibile che non si trovasse più al suo posto: solo i carabinieri potevano entrare in quella stanza, ed era inverosimile che qualcuno di loro avesse sottratto apposta qualcosa. Chiamarono a casa di Emily, spiegando la situazione; tutti rimasero senza parole, ma la donna scosse la testa: era certa che l'appuntato fosse in qualche modo responsabile. Tenne tuttavia per sé i propri pensieri: era solo un suo parere, non sarebbe stato accettato ben volentieri, soprattutto considerando il fatto che era un collega e, sicuramente, si conoscevano abbastanza da potersi fidare gli uni degli altri. Veronica notò il suo sguardo triste e deluso, e decise di lasciarla da sola: in fondo quello era un duro colpo anche per lei. Si trovò intanto a chiedersi chi poteva aver fatto una cosa del genere, ed anche il suo pensiero andò all'appuntato: era l'unico che, dall'inizio delle indagini, si era comportato in modo strano; aveva notato lo stesso comportamento anche durante un'altra indagine, anche se non ricordava, in quel momento, cosa riguardasse. Poteva essere un caso? Forse, ma l'intuito le diceva che le due cose erano collegate. Decise di verificare prima di esporre il suo dubbio a chiunque: era pur sempre un suo collega, e sperava che fosse solo un suo pensiero.
Seguì Emily con lo sguardo e la vide dirigersi verso il muro. Notò strani gesti da parte sua, come se stesse cercando qualcosa. All'improvviso udì un rumore metallico, ed una parte del muro si aprì, come fosse una porta, rivelando un laboratorio. Non riuscì a contenere il suo stupore a quella vista, e comprese che quello era il luogo di cui parlava, dove avrebbe costruito un allarme a prova di ladro. Non poteva immaginare quale fosse il suo progetto, ma era curiosa di vederlo realizzato.
- Ti piace? E' il nostro laboratorio segreto.
Entrarono insieme, e vi trovarono una grande quantità di materiale elettronico ed elettrico, componenti di computer, televisori e cellulari. Emily girò lo sguardo per capire cosa poteva tornarle utile. In realtà aveva due idee: un allarme di riconoscimento visivo messo sia all'interno che all'esterno della casa, con lo scopo di far entrare ed uscire solo lei ed il marito; un'altra ipotesi era il riconoscimento digitale. Naturalmente avrebbe dovuto effettuare alcune modifiche in seguito: avrebbe tarato l'allarme su di lei, e dopo il ritorno di James e la nascita di Sharon, avrebbe dovuto modificare le impostazioni. Quello, però, sarebbe stato un problema secondario. Iniziò a riflettere, valutando quale sarebbe stata la scelta migliore e più funzionale. Decise di chiedere consiglio, ottenendo sguardi ammirati. Dopo aver valutato tutto il materiale presente, optarono per il riconoscimento visivo.
- Non vorrei essere drastico, ma il riconoscimento digitale è molto rischioso: non ti auguro niente di male, sia chiaro, ma se dovessi avere un incidente e perdere la mano, sarebbe un vero disastro.
- Grazie, non l'avevo presa in considerazione questa ipotesi. Bene, ora mi metto al lavoro.
Indossò il camice e prese tutto il materiale di cui aveva bisogno.
Daniele e Veronica la osservarono mentre procedeva con il lavoro. Era uno spettacolo guardarla, così sorprendentemente attenta da sembrare quasi assente. Notarono la sua capacità di concentrazione, secondo loro fuori dalla norma, soprattutto nel momento in cui aveva iniziato a disegnare il progetto. Aveva preso diversi fogli e su ognuno aveva preparato uno schizzo riguardante ogni parte dell'allarme. Dovette pensare a due congegni, uno per l'interno ed uno per l'esterno. Lavorò fino all'ora di cena, dopo di che si concesse un meritato riposo. Era in ansia, sia per il progetto che per l'incontro del giorno seguente con Nelly; le avrebbe portato giovamento? Sperava di si, anche se si augurava di non procurare turbamento alla donna: nonostante la conclusione fosse stata felice, era palese la sua sofferenza. Con questo ultimo pensiero nella mente chiuse gli occhi e si addormentò.

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