Capitolo 3

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Mi staccai piano dalla bambina, poggiando lo sguardo su di lei mentre sorrideva quasi sollevata nell'avermi trovato, o almeno questo era quello che mi trasmetteva. "Okay, signor Tomlinson. Ci vediamo fra un mese per la conferma. Andrea tesoro, divertiti con il tuo papà." disse l'assistente, interrompendo gentilmente il nostro momento. La bambina annuì felice ed entrò dentro casa, quasi in una corsa. Sin da subito, capii che la piccola assomigliava caratterialmente a me. "Arrivederci e grazie." dissi all'assistente per poi cercare di chiudere la porta, ma fu proprio la donna a fermarmi, mettendo un piede tra la porta e il muro. "La terrò d'occhio signor Tomlinson, lo sa? La sua reputazione non le da un'aria da padre maturo e, alla prima mossa falsa, potrà dire addio alla piccola." disse squadrandomi attentamente quasi disgustata nel vedermi senza maglia. A quelle sue parole e al suo sguardo pertinente, mi coprii con le braccia il busto, annuendo sorpreso e dispiaciuto: si, amavo divertirmi, ma non pensavo di avere una reputazione così brutta in giro. "Si ricrederà." mormorai poi, rivolgendole un falso sorriso prima di chiudere nuovamente la porta, questa volta senza salutare la donna, e mi girai verso mia figlia. Lei guardava me e io guardavo lei con un sorriso stampato in volto: era uguale a Victoria. "Perché mi guardi così?" chiese innocentemente dopo pochi minuti passati in un silenzio imbarazzante. Aprii la bocca per poterle rispondere ma, quando piegò la testa di lato facendo ondulare i codini un sorriso si formò sul mio viso. "Sei strano papà." commentò con quella sua piccola vocina, iniziando a guardarsi intorno con curiosità. Era proprio uguale a me nell'atteggiamento e ciò lo notarono anche i ragazzi che mi stavano guardando divertito e, dopo essersi lanciati un'occhiata d'intesa, si alzarono dal divano. "Credo che noi dobbiamo andare, ci vediamo Louis. Ciao piccola, spero che potremo conoscerci meglio." disse Niall, facendo un occhiolino ad Andrea che, in risposta, le sorrise divertita per poi salutare uno ad uno i ragazzi, non chiamandoli per nome dato che, sicuramente, ancora non li conosceva. Apprezzai molto il fatto che i ragazzi ci avessero donato privacy, ma da una parte Andrea mi metteva a disagio. Io a disagio? Mi sembrava così strano eppure era così che mi sentivo. Mi sedetti sul divano, osservando la bambina che si guardava intorno incuriosita prima di posare gli occhi azzurri nei miei del medesimo colore. Dopo vari minuti passati a fissarci la sentì dire una frase che mi fece sorridere divertito: "Papà, mi fai del latte?"

La mia bambina, faceva tanto strano. Il giorno prima ero convinto di essere un ragazzo senza responsabilità, libero da qualsiasi cosa e il giorno dopo mi sono ritrovato padre di una bambina di quattro anni. Non sapevo davvero come avrei fatto poi per il lavoro, avrei cercato una baby sitter un po' di giorni più tardi. In quel momento stavo preparando del latte e speravo vivamente che Andrea riuscisse a bere dalla tazza perché non possedevo biberon, giocattoli o qualsiasi oggetto che avrebbe fatto comodo a mia figlia. Misi quindi il latte nella tazza per poi metterla sul tavolo, osservando la bambina guardarlo intensamente. "Sai bere dalla tazza?" chiesi, sedendomi davanti a lei mentre annuiva leggermente, ma scoprii che stava dicendo una bugia quando vidi il latte finirle addosso, cosa che la fece imbronciare. Sorrisi divertito e mi alzai velocemente, così da raggiungerla. Mi ero occupato, anni prima, delle mie sorelline più piccole dato che mia madre stava quasi sempre al lavoro, quindi sapevo come dovevo comportarmi con una bambina. "Mh, perché non mi hai detto che non eri capace? Ti avrei aiutato." rimproverai teneramente mia figlia la quale arrossì leggermente e abbassò lo sguardo sui suoi indumenti sporchi di latte mentre mormorava un lieve 'scusa'. Le alzai la testa e le rivolsi un sorriso rassicurante prima di porgerle la mano- che lei non rifiutò- e condurla verso la stanza dove dormivano le mie sorelline quando venivano a trovarmi. Le magliette che avevo erano decisamente più grandi di quelle che sarebbero servite ad Andrea, ma avevo solo quelle. Mentre la cambiavo, notavo i suoi occhi stanchi guardarmi con attenzione. "Hai sonno?" domandai poi, sorridendo leggermente alla bambina. Non riuscivo a capire la sua allegria dopo tutto quello che aveva passato, eppure lei mi sorrise e annuì. Così la portai nel mio letto, guardandola mentre si metteva sotto le coperte stanca. "Il viaggio deve averti stancata, vero piccola?" le chiesi poi, ricevendo l'ennesima risposta affermativa. "Si, ma dommo poco poco pecché mamma tolna" disse fiera prima di chiudere gli occhi, con un ampio sorriso in volto. Il mio cuore perse un battito a quell'esclamazione, ma decisi di ricambiare il sorriso per poi lasciarle un bacio sulla guancia e tornare in salotto. Quello si che era un problema per me: lei non sapeva che la madre non c'era più.

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