Capitolo diciassettesimo. Guai

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Un colpo sordo, un tonfo pesante.
E poi, il buio. Non ricordo nulla di quella sera, se non di essere stata con un ragazzo.
E adesso il luogo in cui mi trovo appare fin troppo serio: parenti grigiastre, tendine gialle, grandi finestre con infissi prorompenti...
Io, sdraiata in questo letto, immobile. Tento di muovere le gambe ma non ci riesco.
Una donna dai capelli bianchi si avvicina con grazia è premuto sita a me, forse sorpresa di vedermi.
"Buongiorno cara, come ti senti?"
Un minimo di presentazione? Una spiegazione logica?
"Bene." riesco a dire.
Lei annuisce e dopo avermi lasciato la colazione su un comodino adiacente al letto, fa per lasciare la stanza.
"M-mi scusi." la interrompo.
Si avvicina a me sorridendo. "Posso fare qualcosa per te?"
"Vorrei sapere dove mi trovo e perché sono quì."
Lei fa per guardarsi intorno, come se ciò che stesse per dirmi fosse talmente scontato.
"Beh, sei in un ospedale. E sei qui a causa di un orribile incidente accaduto la scorsa notte."
Mi parlò con il capo chino e restai sbalordita. Che incidente?
"Ne è sicura? Lo chiedo perché io non guido e non so come sia potuto accadere."
"Cara, ci sono stati dei problemi in seguito all'incidente. Hai la visita col neurologo tra venti minuti, saprà spiegarti meglio."
Sospirando, lasciò in fretta la stanza.
Ma che razza di incidente? Non capisco.

Quando il medico entra in camera mi sento sollevata: lui saprebbe darmi le risposte che cerco. L'uomo, un signore sulla cinquantina, sfoglia dei documenti.
"Diane... Diane Margaret Reed."
Fece più pause prima di creare un discorso che filasse.
"Sono il dottor Mason, mi hanno riferito che non sai il motivo per cui ti trovi qui. Dunque, te lo spiego. Questa notte tra le due e le tre, hai avuto un incidente stradale con il tuo ragazzo, il conducente dell'altra auto è purtroppo deceduto e il signor Miller se l'è cavata bene. Tu, oltre ad avere una frattura al malleolo, hai delle lievi perdite di memoria, ma non preoccuparti ti aiuterò."
Perplessa a quella spiegazione, arricciai il naso alle parole tuo ragazzo poiché io non avevo un ragazzo. Non avevo mai avuto un ragazzo.
"Non ho un ragazzo."
In quel momento, dalla porta entrarono due uomini ben vestiti.
"Dottore, disturbo?" chiese uno gentilmente.
"Oh, no. Entrate pure, vi lascio soli."
Si accomodarono accanto al mio letto, incrociai le braccia al letto in attesa che parlassero.
"Ciao, Diane."
"Salve, signori." Chi erano?
"No, io non ce la faccio così." disse uno alzandosi di scatto e portandosi le mani al volto.
"Sta' buono. Ci vuole calma." Lo riprese l'altro. Allora il più giovane obbedì e si rimise seduto.
"Diane, io sono Sebastian e lui è Douglas. Gli avvocati."
"Ha un viso conosciuto, effettivamente..." replicai indicando quello che doveva essere Sebastian.
"Sì, brava! E lui è Douglas, te lo ricordi?"
Strizzai gli occhi per ricordare, ce la misi tutta, ma non lo riconobbi.
"Diane, cielo! Sono io, il tuo ragazzo. Come puoi non ricordarti di me?"
Parallelamente a questa scena, entrarono una ragazza e una donna.
Quest'ultima piangeva, piangeva molto.
"La mia Diane. Amore, è la mamma, mi riconosci?"
Spaventata da tutti quegli individui, mi buttai le coperte sulla faccia.
"La paziente ha bisogno di riposo, non è il caso di stressarla."
Nessun riposo, queste persone stavano facendo di tutto per aiutarmi.
"No, voglio ricordare."
Allora quello che doveva essere il mio ragazzo, mi accarezzò la guancia col dorso della mano senza staccare i suoi occhi dai miei.
Mi piaceva quella sensazione.

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