Capitolo 8

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Aveva un'espressione stanca, e Veronica le domandò se stesse bene. Il collega la guardò, incuriosito dalla domanda.
- Tu veramente non ti sei accorto di niente?
- Scusami, ma non ti capisco: cosa sta succedendo?
- Mio caro, stanotte questa donna ha fatto un sogno strano e, quando si è svegliata, ha fatto un identikit. Personalmente so di aver già visto il volto che ha disegnato, ma non riesco a collegarlo ad un nome. A proposito, devo farti i complimenti: il tuo disegno è preciso come se avessi utilizzato un software.
Finirono di fare colazione e si recarono al lavoro. Durante il tragitto, Emily raccontò il sogno che aveva fatto quella notte. Veronica le chiese se ricordasse particolari dell'auto, ma la donna scosse la testa: non era quella la sua passione, ma era sicura di poterla riconoscere. Decise di fare un disegno anche di quella, una volta tornata a casa. Alla fine delle ore di lavoro, andarono insieme all'ospedale. Entrando, salutò Alessia, la ragazza che si trovava alla reception, e si diresse verso la camera. Sorrise al carabiniere e si avviò verso la porta della stanza. Si fermò all'improvviso e tornò indietro.
- Mi scusi, ci salutiamo ogni giorno ma non so neanche come si chiama...
- Il mio nome è Luca, ed è un piacere conoscerla. Le confesso che è la prima persona che mi chiede una cosa del genere, ma non le nego che mi fa piacere.
- Sono lieta di conoscerla. Volevo anche ringraziarla per quello che sta facendo: immagino che non sia facile rimanere sempre qui.
- Beh, in effetti, non ci sono sempre io: il mio collega, Michele, viene qui le prime 12 ore; io resto fino alla mezzanotte.
- Bene. Ora vado da mio marito. Buon lavoro, e a dopo.
Entrò nella camera e si avvicinò al letto. Gli prese la mano e la accarezzò delicatamente. Quel giorno, decise, non gli avrebbe scritto: voleva fargli sentire la sua presenza esclusivamente attraverso il contatto fisico. Incrociò le dita con le sue, e lo guidò lungo i tratti del suo volto; le lacrime avevano iniziato a scorrere, e niente riusciva a fermarle. Il dolce ricordo di quei gesti, semplici ma profondi, la fece commuovere. Posò poi la mano sul suo ventre e Sharon scalciò. Sorrise teneramente al pensiero che la piccola avesse capito il suo intento. Fissò lo sguardo sul monitor, sperando in qualche cenno di miglioramento, ma la situazione non era cambiata. Respirò profondamente più volte, cercando di cancellare i segni del pianto e, quando si sentì pronta, uscì dalla stanza. Sorrise debolmente a Luca, salutò Nelly e raggiunse Veronica. Le bastò un solo sguardo per capire quello che era successo, ma decise di non chiederle niente. Salirono in silenzio in macchina e si avviarono per ritornare a casa.
Dopo qualche minuto di silenzio, Emily parlò:
- Ti posso chieder una cosa?
- Certo, tutto quello che vuoi.
- Quando accarezzi tuo figlio e tuo marito, che cosa pensi?
- Beh, che sono un dono e che sono le persone più importanti della mia vita.
- Sai, ti ho fatto questa domanda per un semplice motivo: oggi non gli ho scritto, ma ho preso la sua mano e gli ho fatto toccare il mio viso. Ti potrà sembrare stupido, ma era una cosa che adorava fare. Per la prima volta mi sono resa conto che quello è un gesto d'amore, per niente scontato.
- Ti capisco, e sono sicura che ti ricorderai di questo anche quando tuo marito ti accarezzerà con le sue mani. E' questa la vera bellezza delle cose.
Proseguirono il viaggio in silenzio, immergendosi di nuovo ognuna nei propri pensieri. Quando arrivarono a casa trovarono l'appuntato in loro attesa. Si scambiarono uno sguardo incuriosito e ne rivolsero uno anche al collega che stava dietro le sue spalle.
- Riccardo, cosa ci fai qui? Non dovresti essere in servizio?
- Infatti sono qui per lavoro: mi ha mandato il capitano.
- Ci sono novità sulle indagini?
- Sì, hanno ritrovato l'agenda. Mi ha detto solo di portarvela.
- Bene, ti ringrazio. Ci mettiamo subito al lavoro. Buona serata. - Grazie, anche a voi.
L'appuntato uscì dalla casa, chiudendosi la porta alle spalle; i tre si diressero verso il monitor e lo osservarono. Notarono subito il suo stato d'animo molto preoccupato, anche se, difficilmente, avrebbero potuto intuirne il motivo.
- Scusatemi, non vorrei fare la guastafeste, ma non vi sembra strano che abbia portato l'agenda e che sia così nervoso?
- Effettivamente non è proprio normale. Secondo me c'è qualcosa che non va.
- Concordo. A proposito, tra qualche minuto dovrebbe arrivare il capitano; in questo modo possiamo fargli vedere l'identikit.
- Già, hai ragione. Stavo quasi per dimenticarmene.
Emily iniziò a sfogliare l'agenda. All'inizio non prestò molta attenzione ad alcuni dettagli, ma qualcosa colpì la sua attenzione: c'erano troppi spazi bianchi. Sentiva che c'era anche qualcosa d'altro che non andava ma non riusciva a capire cosa.
Pochi minuti dopo entrò il capitano, che salutò tutti con un sorriso.
- Avete visto? Il vostro collega ha "ritrovato" l'agenda.
- Mi sembra molto strano. In ogni caso era agitato sia quando è arrivato che quando è uscito. Non ha senso.
- Dove l'avrebbe trovata?
- Non me lo ha voluto dire. Mi è sembrato strano come comportamento ma, l'essenziale, è che ora sia nelle nostre mani.
- Già. Capitano, l'abbiamo chiamata per un motivo: Emily stanotte ha sognato l'incidente del marito ed ha fatto un identikit della persona che era alla guida della macchina. Mi ha anche dato un numero di targa.
- Con tutto il rispetto, ma non vedo in che modo possa essere utile una cosa del genere.
- Vede, anche io ero scettico all'inizio. Eppure più disegnava i tratti del viso, più mi veniva in mente di averlo già visto da qualche parte. In ogni caso lei non lo aveva mai incontrato.
- Bene, vediamo cosa possiamo fare. Emily, mi scusi, avrebbe uno scanner da collegare al mio portatile?
- Certo, prendo tutto il necessario per l'installazione.
- Va tutto bene? Ha un'aria così seria, quasi preoccupata...
- No, non si preoccupi, sto bene. C'è qualcosa, però, che non mi torna per quanto riguarda l'agenda. Non so ancora di cosa si tratta, ma spero di capirlo presto.
Installò in poco tempo lo scanner, e si misero subito all'opera. Il capitano confrontò il disegno con quelli presenti nel suo archivio. Era quasi certo che non avrebbe trovato nessuna corrispondenza, ed iniziò a guardare distrattamente la serie di volti che avevano cominciato a scorrere sullo schermo.
Dopo qualche minuto le immagini si fermarono: c'era più di una somiglianza tra il disegno ed una delle foto.
- Lo conoscete?
- Io so di averlo già visto da qualche parte, ma sinceramente non mi ricordo in che occasione. Vediamo per quale motivo è stato arrestato.
Fecero scorrere la scheda allegata e, quando videro che tra i reati c'era la contraffazione dei vini, compresero immediatamente.
- Ora che abbiamo capito chi è stato, resta solo da scoprire se è stato effettivamente lui ad investire suo marito. Non mi fraintenda, ma non è possibile incriminare una persona in base ad un sogno. In ogni caso la targa che mi ha dato appartiene proprio a lui.
- Non si può fare niente?
- L'unica alternativa sarebbe trovare almeno un testimone, ma la vedo dura. Tra l'altro non ci sono nemmeno telecamere di sorveglianza a circuito chiuso lì in zona.
- Avete già controllato se in qualche officina hanno portato a riparare una macchina? Insomma, qualche ammaccatura dovrà pure esserci.
- C'è anche la possibilità che non l'abbia portata; in fondo ci sono centinaia di auto ammaccate. In ogni caso posso sempre fare un tentativo. Mi raccomando, però, non perda la speranza.
- Non è facile, ma ci proverò. Spero che ci sia qualcuno che abbia visto qualcosa ma, anche se fosse così, non credo che si presenterebbe spontaneamente dai carabinieri.
- Se lei avesse visto una cosa del genere, sarebbe venuta?
- Sinceramente credo di no; forse verrei se la notizia apparisse sui giornali o in televisione, ma credo che in questo caso non sia la mossa appropriata.
- Anche io sono di questo parere. Abbiamo qualche alternativa?
- Io avrei una mezza idea, ma penso che le risulterà un po' assurda.
- Non si preoccupi, esprima pure il suo pensiero.
- D'accordo. Pensavo che, essendo un orario in cui, di solito, la gente torna a casa per il pranzo, qualcuno potrebbe passare di lì ogni giorno.
- Ricorda qualche volto in particolare?
- Sì, ne ricordo alcuni. Se vuole posso fare i ritratti.
- Benissimo. In ogni caso non è un'idea così assurda.
- Mi scusi, avrei un'altra domanda da farle: voi siete arrivati sul posto dopo la chiamata di qualcuno, giusto?
- Esatto.
- Di solito non si chiede qualcosa a chi ha chiamato, per esempio se ha visto quello che è successo? - Sì, questa è la prassi. Ora che ci penso, però, le persone che erano lì hanno fatto delle deposizioni. Sono state prese da Moretti; sa qual è la cosa strana? Mi ha detto che tutte le persone che c'erano non sapevano niente, che la macchina andava troppo veloce e che, a causa dell'agitazione, non ricordavano quanto era successo.
- Ha controllato le deposizioni?
- No, sinceramente non mi è venuto in mente. In ogni caso sono firmate, e non credo che arrivi a falsificare le firme.
- Mi dispiace parlarle in questo modo, ma non ci metterei la mano sul fuoco.
- Una cosa, però, la posso fare: ho i mezzi per rintracciarli, in base ai dati che devono aver lasciato. Chiamo un attimo in caserma; intanto, se non le dispiace, potrebbe iniziare a fare i disegni?
- Certamente, non ci sono problemi.
Collegò nuovamente la tavola al portatile ed iniziò a disegnare. A mano a mano che terminava, salvava i ritratti con dei numeri. Veronica, che stava osservando il lavoro, si chiese in base a quale criterio li avesse assegnati. Quando ebbe terminato e stampato tutto, scollegò la tavola ed aprì un programma che sarebbe servito per ricostruire la scena dell'incidente in tre dimensioni. Dal menù selezionò un ambiente esterno; inserì le macchine ed alcune persone, che numerò come aveva fatto con i ritratti.
Modellò i vari avatar, dandogli un aspetto quasi umano, ed invitò il capitano ad osservare il lavoro. Lo guardò soddisfatto e, dopo averlo stampato, tornò al suo portatile, dove era in attesa dei dati delle persone che avevano deposto, e delle relative deposizioni. Si trattava di soggetti che abitavano nelle vicinanze. Decise di andare a parlare personalmente con ognuno di loro. Sarebbe passato l'indomani, visto che si era fatto tardi; salutò i colleghi e la donna ed uscì di casa.
Dopo aver cenato, andarono tutti a dormire. Daniele prese un paio di cuffiette, simili a quelle che usava per ascoltare la radio. Inserì lo spinotto in una presa che si trovava sotto il monitor: in quel modo avrebbe sentito meglio eventuali rumori. Si addormentarono tutti e tre, abbandonandosi ad un sonno senza sogni.

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