Capitolo 11

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Si svegliarono il giorno dopo, sentendo il rumore della pioggia che picchettava contro il pavimento del balcone. Si prepararono per andare alla Messa, anche se, quel giorno, Emily era particolarmente agitata, nonostante la notte fosse stata tranquilla. Aveva una strana sensazione, come se dovesse succedere qualcosa; si sentiva come il giorno dell'incidente, e questo la angosciava parecchio. Mentre camminavano verso la Chiesa, cercò di distrarsi pensando ad altro; il suo volto, però, era teso e Veronica le toccò il braccio, come per chiederle spiegazioni. Lei scosse la testa: non aveva voglia di parlarne. Inspirò profondamente, cercando di calmarsi, e si andarono a sedere su una delle ultime panche. I bambini iniziarono a cantare, ma il cuore le batteva così forte da non farle sentire le parole. All'improvviso vide l'uomo che si stava avvicinando: era proprio lo stesso che era entrato nel negozio. Colta da un momento di panico, afferrò la mano di Veronica, stringendola. La donna si voltò a guardarla: non aveva mai visto così tanto terrore dipinto su un volto. Non appena incrociò lo sguardo con l'uomo, questi scappò via di corsa, richiamando su di sé l'attenzione di tutti i presenti. Appena arrivò fuori, però, trovò ad aspettarlo il capitano. Dopo averlo bloccato, lo arrestò; fece cenno alle due donne di rimanere pure in Chiesa: si sarebbero ritrovati a casa. La Messa riprese ma, l'attenzione del carabiniere era completamente svanita. Non riusciva a capire cosa poteva aver spinto l'uomo a ritornare, e ringraziò mentalmente il capitano, dato che si era trovato al momento giusto nel posto giusto.
Quando tornarono a casa, decisero di non dire niente, anche se, la loro espressione, era piuttosto chiara. Daniele, però, sapeva già tutto: la notizia dell'arresto dell'uomo si era diffusa abbastanza velocemente.
- Ragazze, ho saputo quello che è successo. Come state?
- Insomma, io mi sono spaventata molto. Per fortuna il capitano era lì fuori.
- Sai se lo hanno interrogato?
- So che hanno iniziato, ma credo che durerà parecchio. Mi hanno detto che hanno chiamato Riccardo. Ho la sensazione che li lasceranno da soli, forse per farli parlare.
- Il nostro collega, però, non sarà così stupido da farsi scoprire. Sa come si svolgono i colloqui e sa benissimo che, dall'altra parte del vetro, c'è sempre qualcuno che ascolta.
- Già, ma questa non è una situazione normale. La tensione provoca sbagli; se siamo fortunati dirà qualcosa che potrebbe incastrarlo.
- Ci vorrebbe un poligrafo, ma dovremmo avere l'autorizzazione del giudice per utilizzarla.
- Forse è così. Però ci sarebbe un altro metodo, ancora più veloce.
- Conosco il tuo sorriso, e so che hai in mente qualcosa di tecnologico. Parla pure.
- Voi registrate i colloqui, giusto?
- Certo, perché me lo chiedi?
- Vedi, con un semplice programma è possibile analizzare la voce. In base ad alcuni parametri si può capire se la persona che parla sta dicendo la verità oppure mente. Certo, c'è un margine di errore, ma è veramente piccolo. Se volete, posso venire da voi per riconoscere l'uomo e, visto che sono già lì, posso farvi vedere il programma.
- E' già pronto?
- No, ma ne ho già fatti parecchi, e non mi occorre più di un quarto d'ora per programmarlo.
- Beh, direi che avresti il tempo necessario per spiegarci come funziona. Avverto il capitano.
Dopo aver fatto la telefonata, disse alle due donne che era possibile andare: lui sarebbe rimasto lì, a controllare la casa.
Una volta arrivate in caserma, dopo aver fatto il riconoscimento, Emily si mise subito al lavoro. Dopo poco tempo, il programma era pronto da usare; scelsero una persona che lo avrebbe utilizzato in quel caso e, qualora fosse stato necessario, anche durante gli altri interrogatori. Il carabiniere non era a conoscenza del coinvolgimento dell'appuntato e, quando gli fu ordinato di non parlare del programma a nessuno, nemmeno con i colleghi, rimase un po' interdetto.
Restarono lì tutto il pomeriggio e, quando andarono via per recarsi in ospedale, l'uomo era ancora sotto interrogatorio.
Quando ebbero finito il corso, la donna andò a trovare il marito, solo per salutarlo e fargli sentire la sua presenza. Quando uscì dal reparto, trovò Sabrina in attesa. Corrugò la fronte e, quando le andò incontro, le sorrise. Lei le prese la mano, e le chiese se era possibile incontrasi fuori dall'ospedale. Le propose di trovarsi il venerdì pomeriggio. Si salutarono e tornarono a casa. Al loro arrivo, guardarono immediatamente l'uomo che scosse la testa: l'interrogatorio non era ancora finito. Sospirarono tutti e tre e si chiesero se, quello, fosse un buono o un cattivo segno. Prepararono svogliatamente la cena, e mangiarono in silenzio; avevano portato il telefono vicino al tavolo, in modo da poter rispondere immediatamente qualora il capitano avesse chiamato. Non si fece però sentire nessuno e, quando andarono a dormire, non era ancora arrivata nessuna notizia. Quella notte nessuno dormì; Emily, nonostante si sforzasse di tenere gli occhi chiusi e di riposare, si ritrovava sempre con gli occhi spalancati. Nella mente delle tre persone continuava a turbinare una domanda: come mai l'interrogatorio non era ancora finito? A nessuno di loro sembrava normale. Forse, ipotizzarono, era successo qualcosa.

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