Aprì gli occhi sospirando e guardò l'orologio: erano le 8. Decise di alzarsi in modo da essere pronta per l'appuntamento che aveva con le sue due amiche e che sarebbe avvenuto due ore dopo.
Sistemò alcune cose in casa ed uscì all'aria aperta. Non appena chiuse la porta vide le due donne che stavano arrivando. Si presentarono a vicenda e decisero di andare subito nel negozio di abbigliamento per bambini che avevano dovuto lasciare in tutta fretta una settimana prima. Silvia si avvicinò all'amica, stringendole con affetto la mano; si chiese se fosse sicura di quella scelta e anche se quello che aveva scritto nella mail rispondesse a verità. Guardandola negli occhi, però, capì che l'amica realmente non ce l'aveva con lei, né la riteneva responsabile di quello che era successo. Sorrise tra sé.
Quando giunsero davanti al negozio, una delle commesse riconobbe le due amiche e fece un cenno alle altre che, subito, si affacciarono per guardarle. Le tre donne iniziarono a girare nel negozio ed a prendere alcuni vestiti. Quando arrivarono alla cassa, la commessa le guardò un po' intimorita. Entrambe si chiesero quale fosse il motivo, ma la ragazza non parlò. Mise tutto quello che avevano acquistato in due buste e le consegnò. Dopo aver pagato, si avviarono verso l'uscita. Una delle ragazze le fermò.
- Scusate se vi faccio questa domanda: non avete paura che possa succedere di nuovo?
- Ora capisco a cosa ti riferisci e per quale motivo la tua collega ci ha guardate in quel modo. In ogni caso no, siamo abbastanza certe che non succederà di nuovo quello che è successo settimana scorsa: hanno arrestato l'uomo che è scappato.
Uscendo, andarono in un parco giochi: a tutte e tre piaceva osservare i bambini che giocavano sull'altalena, sui tappeti elastici e su tutti gli altri giochi. Immaginavano che nel giro di qualche anno ci sarebbero state anche loro e, questo, le riempiva di gioia. Trovarono un bar lì vicino, e decisero di fermarsi a mangiare: era già ora di pranzo. Quando uscirono si diressero di nuovo verso la casa dell'amica: sarebbero rimaste lì tutto il pomeriggio, fino a quando non sarebbero dovute andare in ospedale per il corso. La aiutarono a sistemare i vestitini negli armadi della cameretta e decisero di chiamare Andrea per fargli vedere quello che avevano acquistato quella mattina. Gli diedero l'indirizzo e, in breve tempo, fu da loro.
Appena arrivò, notò subito lo strano congegno che stava davanti alla porta e dentro casa. Quando poi si accorse che Emily apriva e chiudeva la porta solamente con lo sguardo, si meravigliò moltissimo. Lei se ne accorse e sorrise tra sé. Quando incrociò il suo sguardo dubbioso, scoppiò a ridere.
- E' il mio nuovo antifurto.
- Dove l'hai trovato? Non ne ho mai visto uno del genere.
- In effetti, non esiste in commercio: l'ho fatto io quando mi sono resa conto che una semplice combinazione non era sufficiente a proteggermi. In questo modo posso aprire e chiudere la porta solo io.
- In base a quale criterio?
- L'ho tarato in modo che, quando devo entrare, chiudo gli occhi e li riapro verso la telecamera che è posta sopra la porta. Per chiudere adotto lo stesso metodo, ma al contrario: all'inizio sono aperti e poi li chiudo.
- Geniale. Ma non credi che chiunque potrebbe eludere questo tipo di allarme?
- Assolutamente no: è fatto in modo da riconoscere solo il mio occhio (in base ad alcuni criteri che ho impostato nella centralina). Se vuoi puoi provare ad aprire la porta, visto che per il momento siamo chiusi dentro. Ma ti avverto, ho collegato il sensore con la stazione dei carabinieri: se rileva un'intrusione, parte subito la chiamata.
Decisamente incredulo, provò ad aprire la porta come aveva detto la donna. In effetti non ci riuscì e, dopo qualche secondo, il cellulare di Emily squillò: era Daniele, e le chiedeva se fosse tutto a posto; aveva ricevuto una chiamata da parte della centrale per un tentativo di intrusione. Lo rassicurò, dicendogli che si era solo trattata di una prova, e lo ringraziò per la tempestività. Dall'altro capo del telefono si sentì uno sbuffo che nascondeva una risata.
Il tempo passò molto velocemente, e Veronica arrivò a casa per andare in ospedale. Uscirono tutti insieme, soddisfatti per quello che era successo durante la giornata.
Alla fine del corso Emily andò a trovare James e fu felice di notare che la situazione stava migliorando: le sue mani erano sempre più calde e le funzioni vitali stavano pian piano riprendendo. Si chiese di nuovo quando si sarebbe svegliato; sapeva che non avrebbe dovuto essere impaziente, ma non vedeva l'ora. Decise di scrivergli.
"Amore mio, sono di nuovo qui. E' passato molto tempo dall'ultima volta che ti ho scritto, lo so, ma non mi sono dimenticata di te. Sono sicura che hai sempre sentito tutte le volte che sono venuta a trovarti, che ti ho preso la mano, che ti ho baciato. Sai, ti sto sognando spesso in queste notti; mi trovo sempre in luoghi diversi: in mezzo al mare, su una barca, in mezzo ai delfini, in un igloo... ci sei sempre tu, in ogni momento.
Le sensazioni che provo sono reali, come se ci fossi veramente: sento il freddo e il caldo e, una volta, ho sentito gli spruzzi dei delfini sopra di me. Siamo sempre con le dita incrociate e ci guardiamo negli occhi. Non puoi sapere quanto mi manca questa azione: rivedere il tuo sguardo su di me, così dolce. Me lo hai detto anche tu più di una volta: non è ancora il momento. Io aspetto con fiducia. Le tue condizioni stanno migliorando, ma non sei ancora del tutto sveglio. Spero che possa succedere quanto prima.
Sai, oggi sono andata a comprare i vestiti per Sharon insieme a Silvia e a Sabrina, la mia compagna di corso. Siamo andate nello stesso negozio della settimana scorsa, ma, stavolta, è andato tutto bene. Sai, mi ha raccontato quello che le è successo; ho la sensazione che le abbia fatto bene sfogarsi. Spero solo che, ora, possa recuperare il rapporto con i suoi genitori.
Un recupero l'ha fatto il mio titolare, dopo tutte le cose che gli ho detto. Forse ho sbagliato il modo in cui gli ho parlato ma, sicuramente, hanno fatto effetto. Ieri mattina mi ha ringraziato, perché ha avuto il coraggio di tornare a casa e di chiedere perdono. La sera mi ha raggiunta il figlio: anche lui mi ha ringraziato per quello che avevo fatto. Questi due episodi mi hanno riempito il cuore di gioia. Per ora ti saluto, mi stanno aspettando. Tornerò presto, te lo prometto. Buona notte amore mio."
Gli diede un bacio ed uscì contenta dalla stanza. Mentre si avvicinava all'uscita si chiese se Sabrina avrebbe mai avuto il coraggio di chiamare i suoi genitori ma, soprattutto, se loro avrebbero avuto voglia di ascoltarla. Sperò che fosse così: in fondo si era pentita di essere scappata di casa. Uscirono tutti insieme e tornarono ognuno nella propria abitazione. Stava per iniziare a preparare la cena, quando qualcuno suonò alla porta di casa sua: andò ad aprire e trovò Sabrina ed Andrea. Li fece entrare, guardandoli con aria interrogativa. Lui prese la parola, spiegandole l'intenzione della moglie di chiamare a casa per parlare con i genitori; non aveva, però, il coraggio, ed erano venuti da lei per sapere se poteva dargli un sostegno morale. Fece entrare entrambi, con un cenno di assenso. Abbracciò l'amica cercando di rassicurarla; lei ricambiò la stretta, tentando, in quel modo, di calmarsi. Dovette respirare a fondo più volte prima di rilassarsi un poco. Decisero di chiamare inserendo il vivavoce, in modo che tutti potessero ascoltare, e per non dover tenere il telefono in mano. Con dita tremanti compose il numero ed avviò la chiamata. Sperò che nessuno rispondesse ma non fu così: dopo alcuni squilli, una voce femminile rispose.
- Pronto?
- Mamma, sei tu?
All'altro capo del telefono si sentì un momento di silenzio. Dopo alcuni istanti un pianto sommesso le fece capire che la mamma era ancora lì. All'improvviso si sentì una voce maschile, che chiedeva allarmato quello che stava succedendo. Sentì dei sussurri ed un altro pianto che si era aggiunto a quello di prima.
- Mamma, ti prego, dì qualcosa.
- Amore mio, ho sperato tanto che arrivasse questo giorno.
- Perdonami se ho impiegato tanto tempo per chiamarvi, ma non ho mai avuto il coraggio. Ho deciso però di telefonarvi perché vi devo dire una cosa molto importante: tra poco diventerete nonni.
- E' la notizia più bella che mi potessi dare. Mi riempie il cuore di gioia. Ma adesso dove sei?
- Mi trovo a Firenze con Andrea, mio marito. Avrei tantissima voglia di vedervi.
- Anche noi, figlia mia. Se lo ritieni possibile, potremmo venire a trovarti al più presto.
- Magari. Non vedo l'ora di riabbracciarvi. Temevo che non mi avreste più voluto come figlia, invece mi sbagliavo.
- Ma no, tu sei e sarai sempre la nostra bambina. Mi ha fatto piacere sentirti. Ci vediamo presto.
- D'accordo, a presto. Vi voglio bene, e mi mancate.
Si salutarono e, quando chiusero la conversazione, Sabrina sospirò sollevata. Si chiese come avrebbero accolto la notizia che il bambino era down ma era speranzosa: la telefonata era stata tranquilla e, sicuramente, avrebbe trovato il coraggio di dirglielo. Certo, forse all'inizio poteva essere dura accettare una realtà del genere, ma lei ce l'aveva fatta e non nutriva nessun dubbio nei loro confronti.
Emily decise di farli rimanere a cena, e loro accettarono di buon grado. Rimase alcune ore in loro compagnia; quando i due tornarono a casa, lei si sentì improvvisamente sola e stanca. Decise di andare a dormire subito, sperando di sognare ancora una volta il marito. Ma non fu così: la notte passò molto lentamente e senza sogni; non vedeva niente all'infuori del buio. Si svegliò più volte durante la notte e si girò e rigirò nel letto senza trovare pace.
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Ritorno alla vita
General FictionSi può rischiare di perdere la propria vita vacendo seriamente il propio lavoro? Emily non lo avrebbe mai immaginato, eppure il suo caro marito, e futuro padre della loro prima figlia, rischia la vita per essere stato troppo preciso... Ce la farà a...