Capitolo 19

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A poco a poco i rumori del mare svanirono, lasciando il posto alla pioggia che picchettava insistentemente contro il vetro. Si stirò ben bene e si alzò. Preparò la colazione, pur non avendo molta fame. Le sembrava strano non trovarsi al lavoro a quell'ora della mattina, ma, come sempre, le ci voleva qualche giorno per abituarsi alla nuova condizione, anche quando iniziava le ferie. Decise di andare a trovare il marito per vedere quale fosse la sua condizione quella mattina. Quando arrivò, gli sfiorò la mano con un gesto delicato e le sembrò ancora più calda rispetto agli altri giorni. Questo la faceva ben sperare. Si rese conto che non sarebbe potuta restare tutta la giornata lì, anche se avrebbe voluto, quindi si recò nella Chiesa che aveva visto qualche giorno dopo essere arrivata lì. Entrò in punta di piedi, cercando di fare meno rumore possibile. Le statue avevano ancora lo stesso aspetto umano che aveva notato la prima volta. Si sentì rassicurata da quelle presenze e decise di rimanere in quel luogo che le concedeva una pace interiore che non riusciva a trovare da tempo. Chiuse gli occhi e cercò di non pensare a niente, e di lasciarsi trasportare da quel vortice che sembrava risucchiarla. La sua mente era completamente vuota, come se aspettasse di essere riempita da qualcosa, come una risposta. Era abituata a rimanere in silenzio e a sgombrare la mente: solo in quel modo riusciva a trovare la soluzione più adatta ai problemi, che le arrivava quasi senza fare niente.
Non seppe per quanto tempo rimase in quello stato, ma si rese soltanto conto, all'improvviso, di una presenza dietro le sue spalle. Si voltò di scatto e vide Nelly, che era venuta a cercarla non avendola più trovata in stanza. Quando l'aveva vista lì seduta, aveva aspettato qualche minuto prima di avvicinarsi. Vedendo che non reagiva alla sua chiamata, aveva deciso di avvicinarsi. Quando finalmente si era riscossa, l'aveva guardata con aria incuriosita.
- Cosa è successo? Perché mi guardi in quel modo?
- Non ti sei resa conto di niente, vero?
- No. Ti prego, non farmi preoccupare, cosa mi è successo?
- Sono venuta a cercarti, visto che non ti ho più trovata nella stanza con tuo marito, e sono subito venuta qua: ero certa di trovarti. Ho aspettato qualche minuto, poi mi sono avvicinata a te, toccandoti la spalla, ma tu non mi hai risposto. Allora ho cercato di scuoterti per svegliarti e, dopo un po', mi sono allontanata di nuovo; dopo di che ti sei svegliata e mi hai vista.
- Non mi sono resa conto di niente. Ogni tanto mi capita di riuscire a non pensare a niente, di sgombrare la mente. Anche James, ogni tanto, mi diceva che sembravo assente. In realtà rimango fisicamente qui, ma ogni cosa intorno a me scompare.
- Usciamo, ti porto a mangiare qualcosa: anche se tu non te ne sei accorta, ormai è ora di pranzo. Non ti brontola lo stomaco?
Sorrise e si accorse di avere effettivamente fame. Uscirono e si diressero verso il bar che si trovava all'interno dell'ospedale.
Ebbe appena il tempo di sedersi, che iniziò ad avvertire delle fitte. All'inizio non ci fece particolarmente caso, ma le si leggeva in volto che stava soffrendo. Nelly la guardò accigliata e le chiese se stesse bene. Lei annuì con la testa, ma una nuova fitta le fece fare una smorfia di dolore. All'improvviso entrambe capirono.
- Mia cara, stai per partorire.
- Non è possibile, deve nascere alla fine del mese.
- Mi dispiace darti questa notizia, ma se lei è pronta per venire al mondo, tu non puoi fare niente. In ogni caso è normale che nasca un po' prima, non ti devi preoccupare.
- No, io, infatti, non sono preoccupata, sono terrorizzata.
- Va bene. Inizia a respirare, come hai imparato a fare durante il corso. Intanto portate una sedia a rotelle, in modo da poterla accompagnare in sala parto.
- Chi ci riesce a respirare? Lo so che ce lo hanno insegnato, ma non mi ricordo niente. Sono nel panico più totale.
- D'accordo. Rilassati, respira lentamente e profondamente.
Dopo qualche minuto riuscì a regolare il respiro e si calmò; intanto due infermiere la portarono in sala parto. Dopo tre ore la piccola Sharon vide la luce, ed annunciò il suo arrivo con alcune grida ripetute: era in buona salute. La lavarono, la pesarono e, dopo in controlli di rito la adagiarono tra le braccia della mamma. Lei guardò quel fagottino che aveva tra le mani, e le accarezzò i pochi capelli che aveva in testa. Si guardarono negli occhi e, in quello sguardo, riconobbe la bimba che aveva sognato.
Dopo qualche minuto la portarono nel nido e lei rimase da sola nella stanza. Guardò l'orologio e pensò che, a quell'ora, di solito era insieme a Veronica e alle sue compagne di corso. A quel pensiero si ricordò: la sua amica, probabilmente, la stava ancora cercando. Accese il cellulare e la chiamò. Rispose con voce preoccupata.
- Emily, ma dove sei? Stai bene? Sono qui, fuori dalla palestra. Se vuoi ti vengo a prendere.
- No, sono in ospedale, in una delle camere al secondo piano.
- Come? Cosa ti è successo? Ti sei sentita male? E la piccola come sta?
- Tranquilla, stiamo benissimo. Mi sono sentita male stamattina, ma ero già qui: non sapendo cosa fare a casa, sono venuta direttamente in ospedale, perché volevo stare un po' insieme a James. Ad un certo punto sono andata in Chiesa e sono rimasta lì fino a quando Nelly non è venuta a cercarmi. Poi siamo andate a mangiare e... beh, dopo tre ore è nata la piccola.
- Ho capito bene? Quindi sei nel reparto di maternità?
- Sì, esatto, sono qui. Sono sola, però: hanno portato Sharon al nido. - Tu come stai?
- Sono un po' stanca, ma sto bene.
- Posso venirti a trovare?
- Certo, mi farebbe piacere.
Bussò alla porta della palestra, dando a tutti la notizia. Sabrina si commosse; insieme alle altre coppie, decisero di andare a trovarla alla fine del corso. Veronica si diresse verso la stanza e, quando vi entrò, la vide distesa nel letto. Aveva gli occhi chiusi, stava dormendo ed aveva un'espressione serena dipinta sul volto. Si avvicinò piano e spense la suoneria del cellulare; mandò un messaggio al capitano e a Daniele: sarebbero arrivati alla fine del lavoro. Prese una sedia e si mise vicino al letto. La osservò intenerita; dopo qualche minuto decise di andare a vedere la bimba al nido. La trovò lì, nel suo lettino, addormentata. La riconobbe subito, non solo per il nome che era scritto vicino alla culla, ma anche per qualche dettaglio che le ricordava Emily. Restò un po' davanti alla vetrata e poi ritornò in camera dall'amica. Quando arrivò, trovò tutte le coppie del corso dentro la stanza che stavano parlando con lei. Rimasero quasi un'ora e poi la lasciarono da sola a riposare. Si addormentò quasi subito e riposò tranquilla, per la prima volta tutta la notte. La mattina seguente, dopo aver allattato la piccola Sharon, decise di andare a trovare il marito insieme alla figlia, in modo da fargliela conoscere. La vestirono con un piccolo camice ed entrarono. Si avvicinarono e gli sfiorò la mano. Decise di appoggiare la piccola su di lui, in modo da fargliela sentire, per la prima volta in carne ed ossa. La mise sulla pancia e incrociò le braccia del marito sulla schiena, come per fargliela tenere stretta. Si allontanò di qualche passo e rimase ad osservare la scena. Quasi non si accorse del battito del suo cuore che aveva iniziato a dare qualche cenno di miglioramento. Iniziò a farci caso quando sentì che i bip si facevano sempre più insistenti. Senza essere in grado di muoversi per la sorpresa, iniziò a notare che le funzioni vitali stavano riprendendo la loro normale attività. Come in un sogno, vide aprirsi lentamente i suoi occhi e, con un gesto involontario, afferrare saldamente il corpicino che era stato posato su di lui. Impiegò alcuni minuti per comprendere quello che era successo e in che luogo si trovava. Guardò la moglie e le sorrise; lei si avvicinò lentamente, ancora emozionata per quello che era successo, e premette il pulsante. Nelly si precipitò subito nella stanza, temendo in un peggioramento della situazione, ma quando vide la scena, ancor prima di entrare nella stanza, si sciolse in un pianto liberatorio. Entrò, abbracciandola con tenerezza, e fece tutti i controlli che avrebbe dovuto fare in caso di risveglio del paziente. Fece uscire la donna e la bimba, che andarono in camera con una gioia nel cuore infinita. Al suo arrivo trovò il capitano che la stava aspettando. Quando vide la sua espressione capì immediatamente quello che era successo e la abbracciò con affetto.
Quando il marito fu in grado di camminare da solo, si recarono nella Chiesa dell'ospedale ed osservarono quelle statue che avevano aiutato Emily ad affrontare con più serenità la situazione. Restarono dentro, raccolti, per diverso tempo. Entrambi portarono nella mente, per tutta la loro vita, il ricordo di quegli avvenimenti, ringraziando sempre la loro piccola erede, di aver reso possibile il miracolo del ritorno alla vita di James.

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