Ancora una volta.

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Si, ancora una volta.

Ancora una volta che dovevo cambiare città, fare un altro viaggio , rifare scatoli e riallacciare nuove amicizie.

Ormai ho amici sparsi in tutto il mondo.

Ancora una volta che mio padre deve spostarsi per lavoro, ancora una volta che devo seguirlo senza aprire bocca.

Già, con mio padre è quasi impossibile ragionare; a volte può essere la persona più buona al mondo, ma a volte diventa una belva.

Ho perso mia mamma quando avevo solo 12 anni, ho perso un punto fondamentale della mia vita, anzi due.

Insieme a lei è morte anche mia sorella, anzi la mia futura sorella poiché ancora doveva venire al mondo.

Con la sua perdita sono sprofondata negli abissi più oscuri, non sapevo che fare:andavo in bagno e piangevo, la sera piangevo, guardavo le suo foto e piangevo, quasi non avevo più lacrime da versare.

**

«Michelleeeee!» sento urlare dal piano di sotto da mio padre.

Mi sa che dobbiamo andare.

Prendo il mio borsone blu e prima di lasciare per sempre la mia stanza, la riguardo e in dieci secondi ripenso a tutto quello che ho fatto lì dentro, un vortice di pensieri,un vortice di emozioni.

Scendo di corsa le scale e vedo mio padre intento a portare gli ultimi scatoloni rimasti in auto.

«Pronta?» mi chiede mio padre con un sorriso incoraggiante.

«Direi di sì» ricambio il sorriso, varco l'uscio di casa e mi accomodo sul sedile posteriore del nostro GIP.

Mi mancherà molto New-York.

Mi mancherà la mia scuola, i miei amici e nemici,il profumo di cornetti sotto casa, le serate di pioggia passate in centro,tutto.

Sarò pronta ad affrontare un'altra vita?
Dovrò rifare amicizia, imparare le strade di Los Angeles, frequentare locali diversi, insomma dovrò ripartire da zero.

Il viaggio sarà molto lungo quindi meglio dormire.

*****

«Michelle, dai siamo arrivati» mio padre mi scuote il braccio tipo da un'ora e io sento come se avessi ingoiato un vibratore.

«Si, scendo» balbetto con la voce ancora impastata dal sonno, mi stropiccio gli occhi e poi scendo.

O mio Dio!

Caspita se è bella questa casa!

«Ah, papà...e certo che sulla scelta delle case nessuno ti batte!» gli dico sorridendo mentre lui mi batte il cinque.

É una villa grande, a due piani, con tanto di giardino anteriore e posteriore,un giallo chiarissimo è il colore usato per l'esterno, chissà com'è dentro!

Afferro al volo le chiavi dalle mani di mio padre e saltellando mi dirigo verso l'ingresso, infilo la chiave nella toppa e voilà!

Che profumo di pittura fresca!
Amavo quell'odore.

Forse la villa era stata fatta da poco e devo dire che la scelta dei mobili non era niente male.

La cucina è a doppio colore, un lungo tavolo domina il salotto, mentre una TV a schermo piatto occupa quasi un'intera parete.

Amozionata e entusiasmata allo stesso tempo, salgo su.

Mi ritrovo quattro porte di fronte.
Apro la prima è trovo una stanza stupenda, la mia.

Aveva un parete sulle sfumature del blu e a questa era appoggiato un letto ad una piazza e mezza con tanto di cuscini di ogni misura, un ampio armadio era appoggiato al muro di fronte al letto ed una scrivania era posta affianco alla porta.

Dio mio se era bella!

La secondo porta era un semplice bagno, un'altra era la stanza matrimoniale di papà ed un'altra ancora era vuota, chissà perché...

«Ti piace?» sento dire alle mie spalle da papà che mi lascia un bacio sulla testa.

«Grazie davvero papà» mi volto e lo abbraccio fortissimo.

Delle volte lo volevo uccidere, ma altre volte era il migliore di tutti in tutto.

Mi stacco e gli accenno un sorriso, uno vero.

Lo aiuto a portare gli scatoloni in casa e dopo decido di fare un giro in città, giusto per vedere com'è.

Esco di casa e vedo il nome della strada, così almeno se dopo devo prendere un taxi so cosa dire all'autista.

Le strade sono molte affollate, grandi arbusti incorniciano la strada principale, la mia.

Com'è strana la gente qua.

Li vedo tutti un po' tristi in volto, diversi da me.

Sono una ragazza molto carismatica, sono capace di strappare un sorriso a tutti,ma quando qualcuno mi lesiona il cuore divento la persona più debole di questo mondo.

Quando stavo a New-York frequentavo una scuola di ballo hip-hop, per svagarmi di pomeriggio poiché la vita era abbastanza monotona.

Poiché li ci sono molti parchi con rampe mi esercitavo con il mio amato skateboard.
Amo davvero poter stare su quell'aggeggio, sembra davvero volare quando salto, roteare e poi venire catapultati di nuovo sulla terra.

Do uno sguardo all'orologio e vedo che sono le 9.00 p.m
Cavolo è tardi.

Fortunatamente passa una taxi e lo riesco a fermare.

«Susent Street» informo l'autista il quale mi fa un cenno col capo e poi parte.

Già... Susent Street.

//spazio autrice.
Ciao a tuttii!
Scusatemi per le eventuali imperfezioni o errori.
Sono ritornata con una nuova storia, spero vi piaccia,ne sarei molto grata.
Un bacio, al prossimo capitolo!
-m

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