Giorgia

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Stavo piangendo sulla panchina del parco. Era il tramonto e gli alberi mandavano delle ombre spettrali.
Il sole al tramonto era spettacolare ma non riuscivo a godermelo come si doveva, a causa degli occhi inondati di lacrime.
La persona che era stata tutto per me, la mia migliore amica, la mia sorellina, il mio tutto, aveva deciso che ormai era troppo tempo che mi sopportava, che era tempo di cambiare, che ormai io non ero niente, una nullità.
Sofia mi aveva detto, senza giri di parole, che stare sempre con le stesse persone era da sfigati e che ormai ero una sfigata.
Stavo piangendo per una persona che, in fin dei conti, non mi meritava, questo mi ripetevo ormai da molto, che se le persone non sono più tue amiche vuol dire che non ti meritano più.
Ma lei mi mancava eccome se mi mancava.
Il sole ormai era sotto la linea dell'orizzonte e le lacrime cominciavano a diminuire, la cerchia degli alberi sempre più scuri era inquietante e silenziosa.
Appena decisi di tornare a casa, da dietro all'albero più vicino, un rumore, quasi impercettibile, scatenò dentro di me la paura più intensa mai provata.
Stavano per tornarmi le lacrime, ma dalla penombra spuntó una scarpa Converse rosa fluo, appartenente a una persona che poco dopo si rivelò essere una ragazza, aveva i capelli lunghi e le cuffiette alle orecchie, aveva un sorriso luminoso e gli occhi marroni che sembravano nutella.
Appena vide i miei occhi arrossati il suo viso si fece preoccupato, ma i suoi occhi non smettevano di brillare.
Si presentò, molto semplicemente dicendo "Ciao, sono Giorgia e ti ho sentita piangere, sono venuta a vedere chi era...e eri tu".
Mi spuntò un sorriso sulle labbra, come aveva fatto a sentirmi se aveva le cuffie?.
" Come hai fatto a sentirmi"- dissi - "Io queste non le uso, faccio finta di ascoltare musica, in realtà sono spente per ascoltare i discorsi delle persone, sai, a volte le persone sono fantastiche quando non sanno di essere ascoltate."
Che strana che era quella Giorgia.

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