Bittersweet

•Capitolo 1•

Apro gli occhi lentamente. Una calda luce penetra dalle tende della grande finestra accanto al letto. Guardo l'orologio sul comodino: sono le tre del pomeriggio. Quanto cazzo ho dormito ?! Resto stesa, la testa appoggiata sul morbido cuscino e inizio a ripetere la solita litania che ormai da due mesi sono solita dire:
Mi chiamo Mia
Ho 16 anni
Abito con i miei nonni
Due mesi fa i miei genitori sono morti.
Ogni mattina queste poche parole mi ricordano chi sono, cosa è successo, perché per continuare a vivere devo ricordare. I primi giorni dopo l'incidente dei miei genitori non riuscivo a pensare, la mia testa era un immenso pozzo nero, non avevo più né domande, né risposte e alla fine nemmeno più lacrime. Mi svegliavo, la mattina, dopo notti popolate da terribili incubi e scoprivo che le giornate che mi si prospettevano non erano meno terrificanti di quegli stessi incubi appena vissuti.
Dopo il funerale andai a vivere con i miei nonni. I primi giorni fu come se avessi vissuto in apnea o avessi guardato il mondo da dietro una sfera di cristallo, restando impotente ad osservare lo scorrere della vita altrui. Poi invece ricominciai a frequentare la scuola e ad uscire di casa. Il dolore però mi opprimeva; passavo per i corridoi e tutti mi guardavano in modo diverso, ero diventata "Mia, la ragazza senza genitori che si ubriacava ad ogni festa". Infatti avevo inziato a "sfogarmi" così: il sabato sera uscivo, fumavo, bevevo, finché non mi risvegliavo la mattina dopo nella cameretta dei nonni, tutta sulle tonalità del rosa, studiata in ogni minimo particolare da quella loro nipote che ormai non c'era più.
Beh quella di oggi non è dunque che una delle tante mattine post sbornia del sabato sera; i sintomi ci sono tutti: nausea, mal di testa e un insopportabile buco di memoria riguardo la notte precedente.