Capitolo 3

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-Ehy Kat!- mi chiamò Paolo, riscuotendomi dai miei pensieri. Mi ero appoggiata alla macchina, con lo sguardo perso nel vuoto.

-Dimmi.- risposi, sbattendo le palpebre e trattenendo uno sbadiglio.

-Che ne dici di portare il tuo culetto da principessa in macchina?- mi sorrise lui, appoggiando il braccio sul tettuccio della macchina.

-Il mio culetto da principessa eh? Pensavo che avessimo superato ste cavolate. Non siamo più bambini Paolo, che tu ci creda o no. Sono tutto fuorché una principessa.- dissi, mostrandogli il dito medio, mentre entravo in macchina. Mi accomodai sul sedile, distendendo le gambe. –Ti muovi!- gli gridai, sporgendomi verso il lato del guidatore.

-Sto arrivando, madonna, hai fretta?- disse lui, entrando in macchina mettendosi degli occhiali da aviatore, con le lenti a specchio dorate. Sentì il rombo del motore, risvegliarsi sotto i nostri piedi, facendoci sentire tutta la potenza dei cavalli. Già amavo quella macchina. Mise la prima e con estrema lentezza, uscì dal parcheggio, controllando gli specchietti. Assaggiava il pedale dell'accelerazione, mandandolo su di giri, prima di decidersi a partire per davvero.

-Non aspettiamo tua sorella?- gli domandai, quando imboccò l'uscita per l'autostrada.

-Nah. La vedrò dopo. Ora voglio stare un po' con la mia migliore amica. Ho tutto il mese da passare con mia sorella. E poi lo sai, non abbiamo un rapporto così stretto come quello tra te e Claudia.- era vero. Anche se avevano solo tre anni di differenza, non erano uniti, non lo erano mai stati.

-Capisco.- dissi alzando le spalle, a voler chiudere il discorso. –Quindi noi cosa facciamo?- chiesi curiosa.

-Come ti dicevo, voglio averti tutta per me per una sera. Come quando eravamo giovani e stupidi.-

-Lo dici come se avessimo cinquant'anni.- risi.

-Touché. Mi mancano le nostre serate, tutto qui.- rispose lui, guardandomi con un sorrisetto furbo, prima di concentrarsi di nuovo sulla guida.

-Una di quelle in cui andiamo al bar e ti faccio il culo a biliardo?-

-Ah, mia cara, non mi hai mai fatto il culo. Comunque sì, quelle serate. Quando sei qui, non riusciamo mai ad uscire solo noi, il vecchio gruppo.- lo disse con rammarico, ripensando alle serate pazze della nostra adolescenza e a quei pochi momenti quando tornavo a casa.

-Colpa tua non mia. Sei tu che hai scelto la più frigida di tutte le ragazze sulla faccia della terra.- dissi con veleno. Lo vidi stringere i pugni sul volante e fulminarmi con lo sguardo. Alzai le mani in segno di resa e mi scusai.

-Comunque. Hai mangiato?- mi domandò, allentando la presa sul volante.

-Sull'aereo, perché?-

-C'è una pizzeria vicino alla casa, che è buonissima. Ci fermiamo, mangiamo una pizza e ti porto a casa... che puzzi. E... mi piace che ti sia fatta ricrescere i capelli.- lo guardai a bocca aperta, tenendomi il petto, come se mi avesse ferito duramente.

-Non è una cosa da dire ad una ragazza!-

-Dov'è? Non la vedo?- disse, guardandosi attorno per poi scoppiare a ridere. Gli mostrai di nuovo il medio e mi unì alla sua risata.

Porto Istana distava poco più di dieci km dall'aeroporto, mi misi comoda e guardai il paesaggio che mutava. Avevamo lasciato la città, per il lungo mare e i tornanti scavati nella roccia. Paolo, canticchiava le canzoni che trasmettevano alla radio, tamburellando con le dita sul volante. Sentivo le palpebre pesanti e faticavo a tenere gli occhi aperti.

Come ho conosciuto mia figliaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora