Capitolo 28

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"Rogers." Sentii alle mie spalle, quella mattina. Non mi girai, continuai a camminare con la testa alta e gli occhi puntati sul corridoio.
Ma di nuovo. "Rogers."

Non diedi peso alla sua voce che pronunciava il mio cognome, ed avanzai verso l'armadietto, per prendere i miei libri e andarmene in classe, senza rivolgere la parola a nessuno.
"Rogers, quando ti chiamo devi rispondermi!" Ripeté, così mi girai con le mani incrociate, con i muscoli tremanti per la tensione.

"Che cosa vuoi?" Sbottai verso Trevor, che era sempre più pericolosamente vicino a me. Avevo paura che potesse farmi del male, ancora.

Alzò un sopracciglio, poi ridacchiò. "Sai che strano non vederti più con Matt da mesi?"

Guardai in basso. Ripensavo sempre a lui, ma quel momento era proprio il meno opportuno per pensarci. 
"Fatti gli affari tuoi." Risposi, dandogli le spalle e sbattendo lo sportello dell'armadietto.

"No, no, aspetta," mi disse, prendendomi per il braccio, ed io strinsi i denti, "hai litigato con Cooper? Quindi ora sei più sola di prima?"

Mi girai verso di lui, rivolgendogli un'occhiata di fuoco.
"Trevor. Ho detto che devi farti gli affari tuoi." Dissi, a denti stretti.
Avrei voluto... No, non so cosa gli avrei fatto. Probabilmente, se solo ne avessi avuto la forza, gli avrei dato tanti di quei pugni da fargli perdere conoscenza.

"Prima di tutto non parlarmi in questo modo," rispose ridendo amaramente, "e poi hai ragione, ho sbagliato. Hai il pazzo dai capelli blu."

Strattonai il braccio dalla sua presa, in modo da potermene scappare e non rivolgergli più nemmeno uno sguardo.
I suoi compagni, accanto a lui, facevano confusione con fischi e risate, ma non volevo ascoltarli.
Così mi diressi in bagno, chiudendomi lì, lontana da tutto e da tutti.

Sentivo il sangue gelarsi nelle mie vene, la sensazione di solitudine in quel momento non era importante.
Era la rabbia, che aveva preso il sopravvento. E dovevo fare qualcosa, non potevo sempre restare lì impalata a subire.
Avrei dovuto imparare a reagire.
Ma reagire non aveva mai fatto per me, all'inizio era sempre Matthew a difendermi, ma poi mi aveva lasciata sola, troppo debole per costruirmi uno scudo invisibile con le mie mani e ripararmi dallo schifo lanciato da quell'orribile persona che fosse Trevor o chiunque altro.

C'ero solo io, lì, in quello sporco bagno dalle pareti fredde che provvedevano a far rabbrividire le mie braccia.
C'eravamo io ed i miei pensieri.
Perché?
All'inizio, con Trevor andavo anche d'accordo, ma poi era cambiato tutto.
Questo perché era sempre in difesa dei suoi amici, e poteva essere considerato come qualcosa di positivo, ma non lo era affatto.
Faceva del male fisico a più persone a scuola, e questo non solo era scorretto ed insensato, ma inoltre non lo portava da nessuna parte, e lo rendeva ancora più ridicolo di quanto lo fosse già.

Non capivo perché Trevor e Matthew fossero così amici, lo erano sempre stati.
Ma Trevor era una brutta persona.
E il Matthew che conoscevo io non era così stupido da andargli dietro, ma insieme erano particolari, era come... No, non sapevo cosa fosse, e non doveva nemmeno interessarmi, dato che non mi riguardava.

Sentii un rumore, da destra, dato che accanto a me c'erano le porte dei bagni.
Credevo di essere sola.
Una ragazza uscì come una furia, ma non potevo non riconoscerla: la sua solita crocchia rossa, un po' disordinata, il borsone blu e la felpa colorata.
Era Lux, ovviamente.

Questa volta, fui abbastanza veloce da rialzarmi dal pavimento, prenderla per la mano e farla fermare.
"Lux, so che sei arrabbiata," le dissi, "ma ti prego, dobbiamo parlare. Concedimi almeno cinque minuti."

Three || Michael CliffordDove le storie prendono vita. Scoprilo ora