Capitolo 1.

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Udii un rumore sferragliante, metallico. Un fremito violento scosse il pavimento sotto ai miei piedi, facendomi cadere.
La testa mi pesava. Il vuoto d'aria che prima era solo leggero, ora si stava facendo sentire dentro il mio stomaco, provocandomi la nausea.
Un sapore amaro persisteva nella mia bocca, ma non sapevo da dove provenisse.

Mi guardai attorno confusa.
Era totalmente buio.
Cercai di abituare gli occhi e nel frattempo mi aiutai con gli altri sensi. Tastai le pareti che mi circondavano: sembravano fatte di metallo duro, freddo al tatto.
Ero dentro una gabbia. Una dannatissima gabbia di metallo che conteneva scatoloni e sacchi.
Suoni stridenti di catene echeggiarono nella stanza, rimbombando tra le pareti come un cupo gemito metallico. La gabbia stava salendo come un ascensore, ma molto più velocemente.
Come ci sono finita qui?

Non mi ricordavo nulla. Era strano.

Sapevo del mondo e di come funzionasse, eppure la mia mente era pervasa da un vuoto incolmabile.
Mi sentivo piccola, in pericolo. Mi affrettai a cercare qualcosa che mi ritornasse utile per... Be' a dire la verità non lo sapevo neanche io.
Sapevo che un'arma non mi avrebbe fatto tornare la memoria, tuttavia mi avrebbe fatta sentire meno vulnerabile. Il vuoto nello stomaco e nella mente, la nausea, il buio e quel dannatissimo rumore sinistro mi facevano rabbrividire e spaventare ogni secondo di più.
Quando trovai un piccolo pugnale affilato, o l'oggetto che ci assomigliava di più, per poco non mi tagliai.

Piccolo, ma letale. Pensai rigirandolo tra le mani, tentando di maneggiarlo in modo corretto, senza tagliarmi un dito nel buio. La gabbia ebbe uno scossone e quasi l'arma mi cadde di mano. Decisi di infilarla nei pantaloni, pregando che non mi ferisse, e solo quando allungai una mano verso la parete della gabbia per rimanere stabile mi accorsi che il suo movimento verso l'alto si fosse fermato. Tutto era immobile in quel buio, tutto tranquillo, statico. Solo il mio fiatone continuava a rompere il silenzio in quelle tenebre.

Mi venne quasi naturale tirare un sospiro di sollievo, dato che iniziavo a non sopportare più quella sensazione di vuoto, ma subito dopo realizzai che fosse troppo presto per cantare vittoria: per quanto ne sapevo, quella calma poteva essere solamente la quiete prima della tempesta.
E ora?

Passarono alcuni istanti che mi sembrarono infiniti e l'assenza di suoni o movimenti attorno a me resero l'attesa sempre più insopportabile. Ero da sola, senza sapere come ero finita lì e cosa sarebbe successo.
La prima cosa che mi passò per la testa fu urlare per chiedere aiuto. "Vi prego! Aiutatemi!" gridai con voce rauca, probabilmente per colpa della gola secca. In un certo senso provai una certa sorpresa nel sentire la mia voce rompere il silenzio, un po' come se fosse la prima volta che udivo me stessa parlare.

Quasi come se la gabbia avesse udito la mia richiesta di aiuto, un cigolio meccanico e poi un tonfo sordo si diffusero nell'aria, rompendo il silenzio e facendomi agitare. Seguendo quei rumori alzai lo sguardo verso il soffitto della gabbia e rimasi in attesa, sperando di captare qualche altro suono, ma questa volta fu un cambio improvviso di illuminazione a spaventarmi. Soffocando un mugugno di dolore serrai gli occhi e abbassai lo sguardo a terra, portandomi una mano sulla fronte.

"Newt allora?" sentii una voce gridare.
Sussultai spaventata e indietreggiai di qualche passo, urtando una scatola e quasi rischiando di cadere all'indietro.
Un altro tonfo. La gabbia tremò leggermente. Qualcuno doveva essersi calato. Troppo spaventata per continuare a tenere gli occhi chiusi, aprii le palpebre lentamente, abituandomi alla luce.

Un ragazzo alto e biondo mi stava fissando. Il suo volto era pallido e stupito.
"Newt! Vuoi dirci chi è arrivato?" la stessa voce di prima, solo leggermente scocciata.
"È un... una ragazza." disse il biondino deglutendo.
Che perspicace. Pensai. Un mormorio animato si accese fuori dalla gabbia.
Sollevai lo sguardo, ma la luce mi accecò di nuovo, impedendomi di vedere la fonte di quel suono così familiare e allo stesso tempo estraneo. Mi sembrava di aver già vissuto quella situazione, ma non riuscivo ricollegarla nel tempo.
Aggrottai le sopracciglia e sentii il fiato bloccarsi nella mia gola.

Cosa stava succedendo? Dove ero? Chi era quel ragazzo?
Il biondino fece qualche passo sicuro verso di me, ma si bloccò quando notò la mia espressione difensiva sul volto. Sapevo di non potermi fidare, nonostante fossi sollevata nel notare di non essere sola in quella situazione. Mi guardai attorno per pochi istanti, notando che la gabbia non fosse alla fine così grande come me l'ero immaginata.

Mi spostai di lato in modo incerto, stando sempre alla larga dal ragazzo che ora mi osservava con un'espressione curiosa. Connessi il mio sguardo al suo, con aria di sfida.
Lui sollevò un sopracciglio e si mosse velocemente verso di me. Il mio istinto di sopravvivenza o forse la confusione nella mia testa mi spinsero ad allungare la mano verso il pugnale nascosto sotto la mia maglietta. Afferrai l'arma con decisione e, facendo un passo indietro per difesa, allungai la lama verso il biondino, sfiorandogli la gola.

Lui sembrò turbato  e stupito da quel gesto, ma non impaurito.
"Un altro passo e sei morto." constatai con voce tremante.
Lui accennò una risata e, alzando le mani in segno di resa, si allontanò di pochi passi. Mi spostai nuovamente di lato in modo lento e cercai di sbirciare in alto, oltre la gabbia. Le gambe mi tremavano. Cercai di controllarle, ma senza riuscirci.
Quando i miei occhi si abituarono finalmente alla luce del sole, individuai diverse ombre chine sulla gabbia. Sbattei le palpebre e, focalizzando lo sguardo, riuscii a elaborare una massa di ragazzi con le bocche aperte che mi fissava allibita.

*Angolo scrittrice*

Il trailer è stato gentilmente fatto da -Anna_15! Siccome non sempre mi fa visualizzare il video ad inizio capitolo, ve lo rimetto qui sotto:

The Maze Runner - RememberDove le storie prendono vita. Scoprilo ora