La storia della mia vita ha inizio......

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Era una giornata come tante per il giovane Nate. La solita monotona giornata uguale a tutti i giorni, ed in quel momento stava camminando a testa bassa verso l'orfanotrofio tra le vie di Parigi.

Il cielo era plumbeo e minacciava una forte pioggia, questo di certo non aveva rallegrato il giovane tredicenne che aveva preso una sfilza di 3 e 4 in fisica e matematica. Sembrava che il tempo seguisse il suo malumore quasi....
Niente in quella giornata poteva andare peggio. O almeno così pensava.

D'un tratto un'auto si fermò accanto a lui e prima che potesse accorgersene si ritrovò dentro, bendato e legato.
La macchina parti di corsa sfrecciando per la strada e andando per sbandare con diversi mezzi. Intanto la pioggia che era iniziata a cadere è diventava sempre frequente.
Il giovane Nate era terrorizzato e non muoveva un muscolo, mentre con gli occhi guardava da una parte all'altra inutilmente visto la benda.
Il suo viaggio continuò per un periodo che non era nemmeno in grado di definire, tanto era spaventato, finché poi l'auto non si fermò e si sentì spinto fuori. Con la benda ancora sul viso cercava di guardarsi intorno, sperando di cogliere almeno un'ombra ma niente. Sentì qualcosa di metallico dietro la sua schiena e una voce ordinargli:"Cammina". Sospirando e tremando obbedì.
Il tredicenne si incamminò mentre un uomo gli intimò di entrare, puntandogli una pistola sull'incavo del collo, giusto per una decina di passi prima che la medesima voce disse: "Adesso fermati, non parlare e non urlare se non vuoi che il mio gioccatolino qui presente non ti faccia un buco nelle cervicali"
La benda gli fu tolta e lui poté vedere un portone in legno massello e molto rovinato nei cardini mentre cinque figure incappucciate gli erano attorno.
Incredulo si guardò attorno. Non capiva cosa stesse succedendo. 
D'un tratto uno degli incappucciati gli si avvicinò e pronunciò in tono solenne: "Oggi il prescelto è giunto. Il nostro signore ha deciso il suo destino e noi faremo in modo che ciò avvenga".
Cosi il giovane entro in quella casa pericolante nella sala principale dove era incisa su tutto il pavimento in legno un enorme cerchio dai simboli arcaici fatti con una pittura scarlatta.
Nate si guarda attorno terrorizzato per poi fissare uno a uno gli incappucciati; aveva riconosciuto i simboli da una leggenda che gli aveva raccontato il suo compagno di stanza all'orfanotrofio ma pensava fossero solo delle cazzate sparate giusto per spaventare la gente.

Da lì, percorse un lungo corridoio che fece rabbrividire il ragazzo. Il tappeto rosso del corridoio appariva troppo viscido al tatto, quasi fosse organico, e le pareti erano piene di quadri mostruosi, raffiguranti persone e animali con occhi neri o rossi, corna affilate diffuse ovunque e tentacoli che uscivano dalla loro bocca. Per quanto volesse smettere, non riusciva a distogliere gli occhi da quei quadri, quasi fosse ipnotizzato, finché poi non raggiunse una porta e fu costretto a guardare avanti. Era un enorme cancello che ricordava una specie di teschio mostruoso, con corna lungo la cornice, due fori che ricordavano occhi, e delle sbarre che sembravano denti affilati da cui sembrava fuoriuscire il tappeto, quasi fosse un'enorme lingua. Prima d'allora Nate non si era mai curato dell'Inferno o del Paradiso, ma in quel momento si sentì veramente a un passo dagli inferi.
Nate era completamente paralizzato dalla vita in giù che non riusciva a muovere un muscolo, ma la canna della pistola diede quella carica di continuare mentre nella sua tesa delle voci gli intimavano di indietreggiare e non seppe mai cosa non gli fece eseguire il consiglio, la canna di sicuro era un attenuante.
Alla fine, con uno strattone venne spinto verso il cancello che si aprì lentamente abbagliandolo con una luce rossa, mentre intanto sentiva urla disumane risuonargli nelle orecchie. Quando riaprì gli occhi non poté credere a ciò che aveva davanti. Le stesse persone che lo avevano accompagnato giacevano a terra, sventrate e decapitate in una pozza di sangue che occupava l'intera stanza. Indietreggiò, spaventato, ma sentì qualcosa appoggiarsi sulla sua spalla stringendola con forza.
"Benvenuto Nate" disse una voce dietro di lui.
Nate si giro si istantaneamente trovandosi un uomo dalla carnagione molto pallida, quasi simile a un cadavere, dai capelli di un nero pece mentre gli occhi avevano la sclera di uno scarlatto quasi vivo e stavano piangendo sangue.
Nate cerco di allontanarsi subito ma la stessa sensazione lo pervase in tutto il corpo e lo paralizzò completamente.
L'uomo inizio ad avanzare mentre sfoggiava un elegante smoking nero con bordi rosso fuoco.
"Finalmente..... Quella manica di marionette ha portato il prescelto. Comunque piacere ragazzino, il mio nome è impronunciabile nella tua lingua ma tutti mi conoscono come Zalgo"
Nate indietreggiò di più...  Quel Zalgo?! Si ritrovò a pensare, pensava che era solo una leggenda ....una fottuta leggenda per spaventare... ma, Zalgo era davanti a lui e lo guardava divertito.
Con un piede,schiacciò la testa di uno, il sangue scarlatto andò a finire anche addosso a Nate, che rimasse fermo a guardare Zalgo che continuo a parlare.    
"Sai.... Ti ho scelto fra inutili umani per un grande progetto." 
Nate lo guardava interrogativo, quale progetto...?
"Oh.... Non t'interrogare su cose troppo grandi per il tuo limitato intelletto." Gli sussurrò Zalgo all'orecchio mentre la sua lingua biforcuta gli accarezzava il lobo.
Nate cerco di indietreggiare ma la mano dell'uomo dinanzi a lui lo bloccò al suo posto e i loro volti si avvicinarono trovandosi in un testa a testa mentre gli occhi scarlatti fissavano intensamente quelli nocciola e terrorizzati.
Poi tutto si fece nero mentre Zalgo ripeteva:

Hai finito le parti pubblicate.

⏰ Ultimo aggiornamento: Nov 07, 2015 ⏰

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