12. Adam

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Avrei voluto farle altre domande, farmi dire qualcosa in più, anche insistere perché si lasciasse aiutare. E invece costa stavo facendo? La stavo accompagnando a casa. Dopo averglielo proposto io stesso. Probabilmente c'era una qualche mancanza di comunicazione tra la bocca e la mente.
Oppure speravo di spingerla a cercarmi per continuare a parlare.
Come se fosse stata una buon'idea... Non le piacevo neanche, quindi perché mai avrebbe dovuto tentare di continuare quella dannata conversazione? Non ne aveva motivo, ero io che continuavo ad illudermi del contrario.
Scarlett era seduta sul sedile del passeggero accanto a me, le labbra strette in una linea sottile, la fronte aggrottata, l'espressione pensierosa.
«Pike Street, giusto?» Chiesi.
In realtà il suo indirizzo lo conoscevo benissimo, avevo imparato a memoria via e numero civico senza averlo neanche voluto. Speravo solo di sciogliere la tensione che si era creata tra noi dopo la mia ultima frase ad effetto. Piuttosto malriuscita a dirla tutta.
Annuì senza perdere quell'aria corrucciata che non l'aveva abbandonata da quando eravamo saliti in auto. Sospirai mordendomi il labbro: forse mi ero spinto troppo oltre, forse avevo detto qualcosa di così sbagliato da spingerla a tagliare ogni tipo di rapporto con me. Non che prima ne avessimo avuti molti...
Fermai l'auto davanti a casa sua e mi voltai verso di lei: da quando eravamo partiti non aveva alzato lo sguardo neanche per un attimo, non aveva detto una parola. Era rimasta zitta ed accigliata per tutto il tempo.
Trasse un respiro profondo e mise una mano sulla maniglia dello sportello. Senza pensare a quello che facevo, le afferrai un braccio. Si girò verso di me e mi studiò con quei suoi occhi così ardenti.
«Che c'è?» Domandò con voce incolore, quasi stanca.
«Sei sicura di non volere nessun aiuto? Non pretendo di diventare parte integrante della tua vita, voglio solo darti una mano ogni tanto.» Replicai.
«Per prima cosa non capisco questa tua determinazione nel voler diventare il mio angelo custode. Per seconda cosa, invece, la mia risposta è e sarà sempre no.» Dichiarò alzando il mento con aria di sfida. «E sia chiaro, non lo faccio perché voglio proteggerti, ma perché non voglio coinvolgere Beth nella mia licantropia.»
Annuii appena. «Lo so... Credimi, me ne rendo conto, però non posso far finta di nulla. Insomma, tu al mio posto lo faresti?»
«Se io fossi al tuo posto non mi metterei a discutere con un licantropo: può essere molto pericoloso.» Borbottò lei scoccandomi un'occhiataccia.
«A parte questo, se toccasse a te dimenticare quello che ci siamo detti, riusciresti a farlo?» Una parte di me temeva la sua risposta, ma, nello stesso tempo, volevo sentire cosa aveva da dire. Qualunque cosa fosse.
«Guarda che anch'io cercherò di dimenticare questo casino, sai? Continuare a ripensarci non fa che complicare le cose a tutti e due.» La sua voce era diventata quasi dolce. «Dovresti provare a lasciarti alle spalle tutto quello che ci siamo detti. So che non riuscirai a farlo visto che volevi quelle risposte, ma dovresti almeno fare un tentativo.» Mi prese il polso e sfilò il braccio dalla mia presa senza incontrare nessuna resistenza. «Lo dico per te Adam, insistere non ti porterà a nulla.»
Prima che potessi avere modo di reagire, scese dall'auto chiudendosi lo sportello alle spalle. Camminò fino alla porta di casa sua senza mai voltarsi, decisa e determinata, le spalle dritte, la testa alta.
Sospirai appoggiando la schiena al sedile: stavo continuando ad impuntarmi su una cosa che non aveva il minimo senso e non riuscivo a trovare una ragione per smettere di farlo. Che mi stava succedendo? Mi rifiutavo anche solo di prendere in considerazione l'idea di essere innamorato di lei, perché era impossibile che fosse quello, non ci si innamora così in fretta, ma qualcosa ci doveva essere. Restava da capire cosa mi rendeva così testardo quando si trattava di Scarlett. Testardo e irrazionale.

Mi imposi di andare a letto un po' prima di quanto avevo fatto in quei giorni per evitare di addormentarmi in classe, possibilità che, da un po' di tempo a quella parte, era diventata più che probabile visto che avevo dormito sì e no tre, quattro ore a notte.
L'atto fisico di mettermi a letto, però, non implicava che mi addormentassi, anzi: ero piuttosto sicuro che avrei passato buona parte della notte a guardare il soffitto pensando a Scarlett. E questo non andava bene. Come aveva detto lei, non faceva bene a nessuno continuare a rimuginarci su. Lo sapevo benissimo, me l'ero ripetuto centinaia di volte, eppure ogni volta ci ricadevo.
Cora, acciambellata al fianco del letto, mugolava di tanto in tanto come a chiedere il permesso per salire sul materasso. Sembrava che il rimprovero di mia madre di quella mattina non l'avesse neanche sfiorata. Un po' mi dispiaceva lasciarla lì sul pavimento, ma Annabeth era stata categorica: se avesse trovato un solo pelo di cane sulle lenzuola l'avrebbe rispedita al canile. A quel punto era meglio se dormiva per terra piuttosto che finire in una gabbia di cemento.
All'ennesimo guaito, allungai un braccio verso di lei e la grattai tra le orecchie. In risposta sentii dei tonfi leggeri, segno che stava scodinzolando. In fondo, era un cane dalle poche pretese, le bastava poco per essere felice.
Un ronzio insistente mi distrasse dai miei pensieri. Mi lasciai sfuggire una smorfia quando mi resi conto che era il mio cellulare: non avevo voglia di parlare con nessuno, tantomeno di fingermi interessato a qualunque cosa avessero da dirmi.
Lo presi con un sospiro e me lo portai all'orecchio. «Pronto?»
«Ehi Adam, sono Selena. Ho una novità per il mio compleanno.» Annunciò la voce squillante di mia cugina.
«Ah sì? Cos'è?» Chiesi constatando che era una piacevole distrazione parlare con lei.
«Praticamente voglio organizzare la festa come se fosse un ballo, quindi, ecco, dovresti portare qualcuno con te.» Spiegò.
«Beh, io porto già Michael. Ricordi? Quel mio amico di cui ti ho parlato qualche giorno fa...» Replicai aggrottando la fronte.
«In realtà sarebbe più un "lui invita lei", ma se tu preferisci invitare un lui allora è okay.» Ribatté lei dopo un attimo di titubanza.
«Vuoi dire che devo portare una ragazza quindi?» Domandai pensando involontariamente a Scarlett.
«Beh, sì.» Confermò. «Ma, te l'ho detto, se vuoi venire con Michael è okay, sono sicura che siete carini insieme.»
Sospirai. «Io e Michael non stiamo insieme. Lui ha la ragazza.»
«Oh... Vuoi dire che ti ha rifiutato?» Chiese lei in tono esitante.
Mi passai una mano tra i capelli. «No, niente del genere Sel. Anch'io ho una ragazza.» "Stai parlando di Elisabeth o di Scarlett?", mi stuzzicò una vocina nella mia mente.
«Davvero? Allora non vedo l'ora di conoscerla! E di' al tuo amico che può portare la sua fidanzata senza problemi.» Esclamò.
«Bene, perfetto. Glielo dirò domani.» Convenni.
«Okay. Allora ci vediamo alla festa.» Percepii il sorriso nella sua voce.
Annuii quasi inconsciamente. «Sì, ci vediamo.»
Riattaccai con un sospiro e appoggiai il telefono sul comodino. Cora, nel frattempo, si era tirata su a sedere e aveva poggiato il muso sul bordo del letto. In quel momento mi stava guardando con espressione implorante e speranzosa. Ricambiai l'occhiata sentendomi quasi in colpa anche se non ne avevo motivo.
Alla fine mi arresi e le feci cenno di salire sul letto con me. Capì al volo e balzò sul materasso scodinzolando soddisfatta. Si acciambellò ai piedi del letto con uno sbuffo leggero. Le feci un'ultima carezza prima di spegnere la luce e prepararmi ad una notte di ripensamenti e riflessioni.

«Sul serio tua cugina pensava che noi due stessimo insieme?» Mi domandò Michael per la terza volta.
Alzai gli occhi al cielo, esasperato. «Sì, te l'ho già detto. Comunque le ho spiegato che abbiamo entrambi una ragazza.»
Lui però era già perso nelle sue fantasie. «Secondo te saremmo una bella coppia? Perché io penso di sì. Cioè, potrebbe funzionare.»
«Uh... Non saprei. Insomma, non ho mai pensato che potesse esserci qualcosa del genere tra noi.» Ammisi aggrottando la fronte.
Sollevò lo sguardo su di me con espressione fintamente innocente. «Mi trovi attraente Meyers?»
Arricciai le labbra in un sorriso ironico. «Ho visto di meglio. Scusa.»
«Beh, anche tu non sei chissà quale meraviglia.» Commentò lui incrociando le braccia al petto e appoggiando la schiena alla sedia. «Le uniche cose che ti salvano sono gli occhi azzurri e l'aria da bravo ragazzo.»
Eravamo in biblioteca visto che uno dei nostri professori mancava e quindi avremmo iniziato le lezioni un'ora dopo rispetto al solito. Il piano iniziale era quello di ripassare e magari iniziare a mettere insieme qualche idea per il progetto di fisica, ma eravamo finiti a parlare di tutt'altro nel giro di qualche minuto.
Scossi la testa sorridendo. «Sei solo invidioso.»
«Sì, come no. Sogna pure amico.» Commentò lui riprendendo la penna ed abbassando lo sguardo sul libro di fisica. «Comunque, sapresti dirmi che è questo? Arabo? O magari una qualche specie di codice segreto che usate voi geni per comunicare?» Domandò guardando con aria perplessa le formule che dovevamo imparare a memoria.
«Sono solo simboli Michael, okay? Si usano per indicare i vari elementi che compongono le formule, non è così difficile.» Replicai trattenendo a stento un sorriso.
Mi scoccò un'occhiataccia. «No, certo, sono semplicissimi. Soprattutto quando ne devi imparare un centinaio tutto insieme.»
«Se avessi cominciato a studiare prima adesso li sapresti bene.» Gli feci notare.
Mi fece una smorfia prima di mettersi a copiare i vari simboli con il loro significato sul quaderno. In quel momento sentii dei passi e delle voci che si avvicinavano. Sollevai lo sguardo e vidi Elisabeth entrare in biblioteca insieme a Scarlett.
Strinsi le labbra vedendola: la conversazione che avevamo avuto il giorno prima mi turbava ancora e rivederla non era poi così piacevole come avevo pensato. Avevo ancora delle domande da farle, c'erano dei conti in sospeso tra noi e volevo ancora convincerla a lasciarsi aiutare, solo che il suo comportamento enigmatico e i suoi continui cambi d'umore non la rendevano facile da avvicinare.
«Torno subito.» Borbottai distrattamente prima di alzarmi.
«Eh?» Chiese Michael sollevando la testa dal libro. Ma ormai mi ero già allontanato.
Raggiunsi Elisabeth che mi sorrise mentre si sistemava i capelli con aria quasi maliziosa. Vidi Scarlett irrigidirsi e indurire lo sguardo, ma quasi non ci feci caso: dovevo smetterla di farmi influenzare da lei.
Sorrisi. «Ehi.»
Elisabeth inclinò la testa di lato, gli occhi scuri accesi di interesse. Il piercing che aveva al sopracciglio intercettò le luci della biblioteca mandando un bagliore. «Ehi.»
«Ho bisogno di parlarti.» Mormorai ricambiando l'occhiata.
«Sì? D'accordo, ho un momento libero.» Si voltò verso Scarlett. «Dammi cinque minuti, okay?»
Lei esitò alternando lo sguardo tra me e la sua amica. «Uhm... Okay.»
C'era qualcosa che la infastidiva, si capiva dal suo tono, ma non sapevo se ero io o il modo in cui Elisabeth mi sorrideva di continuo.
«Perfetto.» Esclamò Elisabeth prendendomi per mano e trascinandomi lontano dalla sua amica. Non credevo fosse abbastanza perché lei non ci sentisse, ma non era una grande idea dire alla sua migliore amica che Scarlett aveva l'udito di un lupo.
«Allora che devi dirmi?» Domandò Elisabeth guardandomi con aria incuriosita.
«Mia cugina compie diciotto anni il prossimo sabato e da' una festa in casa sua. Volevo sapere se ti andava di venire con me.» Risposi sentendo le occhiate di fuoco di Scarlett sulla schiena.
I suoi occhi si illuminarono. «Sul serio? Oddio! Sì, certo che vengo.»
Prima che potessi rispondere, mi gettò le braccia al collo. "Certo che è affettuosa...", pensai ricambiando, più o meno, l'abbraccio.
«Non vedo l'ora di andare!» Esclamò contro il mio collo.
Sorrisi anche se non poteva vedermi: in fondo Elisabeth era una splendida ragazza con cui stavo abbastanza bene, nonostante alcuni aspetti del suo carattere non mi andassero proprio a genio, quindi perché complicarmi la vita andando dietro ad un licantropo indisposto?
Mi scostai appena da lei senza sciogliere completamente l'abbraccio. «Mi fa piacere sapere che ti va di venire.»
Si mordicchiò il labbro, di nuovo con aria maliziosa, prima di baciarmi. Di lei si poteva dire tutto, tranne che non sapesse come prendere un ragazzo, devo ammetterlo. Le sue labbra erano un po' appiccicose, probabilmente per via del rossetto che si era messa: rosso scuro, non molto diverso dal loro colore naturale.
Si scostò da me e lanciò un'occhiata a qualcosa dietro di me. «Forse è meglio se vado...»
Capii subito che si riferiva a Scarlett: ero abbastanza certo che ci stesse fulminando con lo sguardo in quel momento. O meglio, stava fulminando me.
«Anzi, ti presento Scarlett prima.» Saltò su Elisabeth con un sorriso entusiasta sulle labbra.
«Cosa?» Sbottai guardandola con gli occhi spalancati.
«Andiamo, non fare il timido. Scarlett ti piacerà, è una a posto.» Insistette lei mettendo su un'espressione implorante.
Sul fatto che Scarlett fosse a posto avevo un bel po' da ridire, ma mi morsi la lingua e annuii. «Okay. Sì, perché no.»
«Bene!» Esclamò lei tutta contenta.
Sciolse definitivamente l'abbraccio, mi prese per un polso e mi riportò davanti a Scarlett. Per un attimo incrociai lo sguardo di Michael: sembrava divertito da quella sottospecie di commedia. Gli scoccai un'occhiataccia che non ebbe nessun effetto sul suo ghigno.
«Scarlett, lui è Adam, il mio ragazzo.» Esordì Elisabeth quando ci ritrovammo di fronte alla sua piuttosto irritata amica. «Adam, lei è Scarlett, la mia migliore amica.»
Le labbra di Scarlett si arricciarono appena in quello che voleva essere un sorriso. «Piacere di conoscerti.» Ma si vedeva che pensava tutto il contrario. Probabilmente, se avesse potuto, avrebbe messo in atto una delle tante minacce che mi aveva promesso.
Senza pensare a quello che facevo, le tesi la mano. «Il piacere è mio.»
Per un attimo la sua espressione si fece sorpresa, per poi tornare dura. Mi strinse la mano guardandomi negli occhi con il mento alzato in segno di sfida.
Di colpo mi tornarono in mente le parole che mi aveva detto riguardo ad Elisabeth: Ascoltami bene, non pensare neanche di far soffrire Elisabeth. Se lo farai, sarò io a far soffrire te, chiaro? Le voleva bene, molto bene, e qualcosa nel suo sguardo mi diceva che tutta quell'improvvisa insofferenza nei miei confronti era dovuta anche al fatto che fosse coinvolta Elisabeth.
Avrei voluto dirle che non avevo intenzione di fare del male a nessuna delle due, ma mi trattenni: chi mi diceva che mi avrebbe creduto? E poi, perché avrebbe dovuto farlo? Non ci conoscevamo abbastanza da poterci fidare l'uno dell'altra.
Mi lasciò la mano senza staccarmi gli occhi di dosso. «Elisabeth noi dovremmo studiare se non mi sbaglio.» La sua voce era ferma ed incolore, sembrava quasi una mamma che rimprovera il figlio.
«Oh, sì, giusto.» Elisabeth sembrò essere stata strappata bruscamente dalle sue fantasie. Si voltò verso di me con aria di scuse. «Ci vediamo domani?»
Sorrisi appena. «Certo.»
Ricambiò il sorriso con un entusiasmo che mi ricordava quello di un bambino. «Perfetto.» Mi diede un bacio veloce, giusto un secondo di labbra che si sfiorano. «A domani allora.»
Rimasi ad osservarla per un attimo mentre si allontanava insieme a Scarlett, che non perse occasione per scoccarmi un'occhiataccia. Tornai da Michael, sempre con un sorriso inconsapevole sulle labbra. Lui mi guardava con un sopracciglio sollevato con aria lievemente divertita.
«Cavolo Meyers... È una cosa seria, mmh?» Domandò visibilmente colpito.
«Con Elisabeth? Uh, non quanto credi tu. Non nego che mi piaccia, ma non so fino a che punto.» Risposi sedendomi accanto a lui.
«Sicuro? Perché a me sembra di sì. Voglio dire, quello non era un bacio di quelli che ci si danno così, giusto per. Insomma, era un bacio con la lingua.» Sottolineò socchiudendo gli occhi.
«E quindi?» Chiesi ritrovandomi sulla difensiva.
«Beh, non è una cosa da niente. Certo, adesso puoi dirmi che uscite da troppo poco e simili, ma è lampante che lei è molto coinvolta.» Replicò.
"Forse troppo coinvolta...", commentò una vocina nella mia mente. «Elisabeth sa quello che fa.»
«D'accordo.» Convenne in tono accondiscendente. «Ma tu sai quello che stai facendo?»
Esitai, interdetto: aveva ragione, io non ero sicuro di quello che stavo facendo, per niente. Non avevo riflettuto un attimo prima di chiedere ad Elisabeth di venire con me alla festa di Selena, mi ero alzato e l'avevo invitata, punto. Neanche me ne ero reso conto fino in fondo. Era successa la stessa cosa quando avevamo cominciato ad uscire insieme, da un giorno all'altro era passata dall'essere una perfetta sconosciuta all'essere la mia ragazza. Tutto per via di Scarlett e quella strana, e forse insana, attrazione che una parte di me provava per lei.
Sospirai passandomi una mano tra i capelli. «Più o meno.»
«Uhm... Senti, non voglio fare il guastafeste, ma cerca di non farti male, okay? Se vedi che le cose non vanno non forzare la mano, non ne vale la pena.» Commentò lui.
Annuii fissando il tavolo davanti a me. «Sì... Lo so, lo so. Grazie per avermelo ricordato, comunque.»
Mi diede una pacca amichevole sulla spalla. «Figurati, in fondo, se non ci aiutiamo a vicenda come possiamo sopravvivere?»
Sollevai un sopracciglio e lo guardai sentendo un sorriso spuntarmi sulle labbra. «Beh, in effetti...»
«A proposito di aiuto.» Aggiunse prendendo il libro di fisica e mettendomelo davanti. «Non è che potresti spiegarmi questa... uhm, questa formula? Perché per me non ha assolutamente senso...»
Alzai gli occhi al cielo sospirando. «Quando si dice aiuto disinteressato, eh?»
Lui ghignò, divertito. «Se non sfrutto io la tua mente geniale chi può farlo?»
"Tanto geniale non è visto che non ho la più pallida idea di come muovermi con Scarlett", pensai con una punta di amarezza.

Sussultai quando il mio telefono cominciò a squillare. Non ricordavo che il volume della suoneria fosse così alto. Mi raddrizzai abbassando gli occhi sugli appunti di filosofia su cui mi ero quasi addormentato e feci scorrere lo sguardo sulla scrivania cercando il cellulare: a quanto pareva era nascosto sotto fogli, quaderni e libri. E non avevo idea di come ci fosse finito.
Sapevo di aver combinato un casino mischiando tutti i filosofi, ma la verifica mi stava mettendo più ansia del previsto. Mancavano ancora due giorni, però mi ero ripromesso di avvantaggiarmi almeno un po' quindi avevo cominciato a studiare in anticipo in modo da potermi organizzare meglio anche per le altre materie.
Cora mugolò infastidita da quell'improvviso risveglio: si era appisolata con la testa sulle mie gambe e il corpo su una sedia. Le piaceva dormire su tutto tranne che nella sua cuccia o su un tappeto come sarebbe stato normale. Le accarezzai tra le orecchie sovrappensiero mentre continuavo a cercare il telefono ancora mezzo addormentato. Spostai qualche foglio chiedendomi distrattamente che ore fossero: le due? O magari ero fortunato ed era solo mezzanotte?
Riuscii a trovare il cellulare sotto un libro che neanche non ricordavo di aver usato. Lo presi e me lo portai all'orecchio senza controllare di chi fosse il numero.
Mi passai una mano tra i capelli. «Pronto?»
«Adam, ciao!» Esordì una voce femminile decisamente familiare.
«Elisabeth... Ciao.» Mormorai mentre Cora sfregava il muso contro la mia mano per ricevere qualche carezza.
«Scusa se ti chiamo a quest'ora, davvero, ma il mio cellulare è... uhm, morto, e quindi ho dovuto aspettare che mia mamma si addormentasse per prendere il suo...» Spiegò. La sua voce suonava ovattata, quasi nasale e anche un po' stanca.
«Non preoccuparti, è okay.» Sospirai accarezzando la schiena di Cora.
«Che devi dirmi?» «Ecco... Sabato c'è la festa di tua cugina, giusto?» Il suo tono si era fatto esitante.
«Sì, dobbiamo andarci insieme. Perché?» Chiesi.
«Non sai quanto mi dispiace, ma... non potrò esserci.» Uno starnuto la interruppe. «Vedi, credo di essermi presa una brutta influenza.» Avrei dovuto sentirmi dispiaciuto, sia per Elisabeth sia perché non sarei potuto andare al compleanno di Selena -andarci da solo era fuori questione-, ma l'unica cosa che provavo in quel momento era una specie di sollievo. Soprattutto perché non sopportavo le feste piene di alcolici, gente mezza stralunata e pessima musica.
«Mi dispiace. Sul serio, spero che ti senta meglio presto.» Replicai sentendomi quasi in colpa visto che ero felice che la mia ragazza fosse malata.
«È a me che dispiace. Voglio dire, è il compleanno di tua cugina...» Mormorò lei. «Dovevamo andarci io e te e invece mi sono presa l'influenza. Mi dispiace un sacco. Davvero.» Sembrava sul punto di mettersi a piangere.
«Ehi, non è colpa tua. Sta tranquilla. Selena capirà, e l'importante è che tu guarisca, mmh?» La rassicurai.
Trasse un respiro profondo. «Okay. Ma comunque ti ho trovato un'alternativa, diciamo così.»
Aggrottai la fronte. «Una cosa?»
«Puoi andare con Scarlett.» Esclamò lei ritrovando parte della sua solita allegria nonostante la voce resa roca dalla tosse.
«Scarlett?» Ripetei incredulo. «Vuoi dire che... Cioè... Perché lei?»
«Beh, se devo essere sincera non mi va tanto a genio l'idea di te da solo ad una festa piena di ragazze, quindi lei potrà... ecco...» Cominciò lei.
"Potrà tenermi d'occhio per conto tuo? Grazie per la fiducia", pensai lasciandomi sfuggire una smorfia: la prospettiva di passare una serata intera con un licantropo indisposto e lunatico non mi attirava per niente, non ora che avevo finalmente deciso di smetterla di cercare di parlarle, di farle dire qualcosa in più. Sembrava che lo facesse apposta: ogni volta che mi decidevo a tagliare i ponti con lei rispuntava fuori per un motivo o per l'altro.
«A lei lo dirò domani. Lo so che la festa è tra due giorni... Uno, visto che è già mezzanotte passata, ma prima volevo sentire te. Cioè, se non vuoi andare non c'è nessun problema, è solo che... Sì, insomma, è il compleanno di tua cugina quindi in un certo senso ci devi andare, no?» Aggiunse Elisabeth.
"Devo davvero?", mi chiesi. E la risposta era sì, dovevo andare alla festa di compleanno di mia cugina. Con Scarlett.




SPAZIO AUTRICE: Ehilà :3
Sinceramente, non sono molto soddisfatta di questo capitolo, mi sembra che gli avvenimenti si susseguano troppo velocemente, ma non volevo annoiarvi soffermandomi troppo su ciascun evento, se così possiamo chiamarli.
Verso la fine del capitolo troviamo una notizia decisamente inaspettata per il nostro Adam, una notizia che probabilmente avrebbe preferito non ricevere. O forse sì.
Si sente in dovere di andare alla festa, ma nello stesso tempo preferirebbe fare ben altro. In più è anche molto confuso per quanto riguarda la sua relazione con Elisabeth: ha agito d'impulso mettendosi con lei, ma è stata la cosa giusta? Non proprio, perché quella che doveva essere solo un mezzo per arrivare a Scarlett adesso e la sua ragazza a tutti gli effetti.
L'ho già detto altre volte, ma, visto che ormai è alle porte, mi sembra giusto ripeterlo: il compleanno di Selena porterà un bel po' di cambiamenti nella storia, sia per gli Adamet, ovvero Scarlett ed Adam, ma anche per Michael. Possiamo dire che non sarà una serata tranquilla per nessuno dei tre.
Detto questo, spero che il capitolo vi sia piaciuto.

TimeFlies



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