Capitolo 7.

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"Vieni. Ti porto da Jeff." annunciò poi Newt, prendendomi per mano e guidandomi.
"Chi è Jeff?" domandai curiosa, aumentando il passo per stargli dietro e affiancandolo.
"Un Medicale. Ti curerà la ferita. Non è brutta, ma non vorrei si infettasse." spiegò.
Nonostante mi stesse parlando con calma sembrava ancora molto arrabbiato. Vederlo così mi faceva sentire di troppo, come se per lui fosse un peso occuparsi di me. Eppure dalle parole dolci che mi aveva detto poco prima, sembrava tutto il contrario.
Entrammo in un edificio che ricordava vagamente un ospedale. C'erano tre letti abbastanza sporchi, buttati sopra una specie di brandina di legno.
"Qual è il problema, Newt?" chiese un ragazzo magrolino e scuro di pelle, avvicinandosi a noi.
Newt mise una mano dietro la mia schiena per farmi avvicinare a lui e poi alzò leggermente la mia maglietta mostrando il taglio.

Il biondino tolse attentamente il pugnale e se lo infilò in tasca.
"Sei da un giorno nella Radura e già ti fai male?" rise il Medicale, facendomi cenno di sedermi.
Mi accomodai sul letto più vicino e attesi in silenzio.
"Non è stata colpa sua. Zart e Glader sono dei gran pezzi di sploff." brontolò Newt, facendosi rabbioso in viso.
"Non ti preoccupare. La disinfetto e ci metto una garza." spiegò Jeff, alzandomi la maglietta e avvicinando alla mia pelle un panno umido.
All'inizio la ferita bruciò lievemente, facendomi supporre che in quel panno dovesse esserci qualche sostanza, oltre all'acqua. Dopo aver tamponato diverse volte per far sparire il sangue, mi applicò una garza bianca e pulita sopra il taglio e la fissò ai bordi con una specie di scotch.
"Fatto." esclamò il Medicale abbassando la mia maglietta. "La paziente è sopravvissuta all'operazione."

Gli sorrisi, pensando tra me e me che era un bene che qualcuno usasse ancora l'ironia in un posto orribile come quello.
"Grazie, Jeff." bofonchiò Newt scortandomi all'uscita.
Una volta fuori sembrò mettere da parte ogni arrabbiatura, tornando serio e grattandosi la testa come a fare mente locale. Mi chiese di seguirlo mentre si dirigeva verso la Cucina. "Allora oggi inizierai a provare diversi lavori. Sei agitata?" chiese guardandomi negli occhi.
A dire la verità me lo ricordo solo ora. Pensai.
Scossi la testa in silenzio e lui continuò: "Inizierai dalla cucina, con Frypan. Starai lì per qualche ora e poi verrò a prenderti. Vedi di non cacciarti in altri guai finché non ci sono. Okay?" chiese.
Annuii silenziosamente e lo osservai attentamente in volto.

Nonostante i suoi svariati tentativi di controllare la rabbia, era palese che Newt fosse ancora furioso. Molto furioso. Perché continuava a tenere il broncio? Io stavo bene. Anche Jeff aveva detto che non era nulla di grave. In più ero certa che Glader e Zart non l'avrebbero passata liscia, dato che Alby sembrava essere il più severo tra tutti i Radurai che avevo conosciuto. 
Cercai in qualche modo di discostarlo da quel pensiero, provando a distrarlo.
"Tu che lavoro fai?" chiesi, attirando la sua attenzione nuovamente.
"Lavoro negli Orti. Sono uno Scavatore." 
"Allora posso farti una domanda?" chiesi. Lui annuì silenziosamente e attese.

"Come fate a innaffiare gli Orti? Nel senso... quando non piove, dove trovate l'acqua?"
"Noi non innaffiamo gli Orti. Qui non piove mai. Mai. L'acqua viene pompata da una serie di tubature sotterranee: è sempre stato così, altrimenti saremmo tutti morti da tempo." spiegò.
Chiunque avesse creato quel luogo doveva essere un genio. 
"Newt?" lo chiamai fermandomi.
Lui si girò e mi squadrò con aria interrogativa, forse leggermente scocciato dalle mie continue domande. "Chi ci ha mandati qui?" 
"Non lo sappiamo. Noi li chiamiamo Creatori. Ci controllano attraverso le Scacertole." spiegò brevemente, facendomi cenno di continuare a seguirlo.

Scacertole? Newt sembrò leggermi nel pensiero – come ci riusciva ogni volta? – e continuò con la sua spiegazione: "Sono come delle lucertole, ma meccaniche. Sono argentate e hanno delle luci rosse che si accendono e spengono a intermittenza. Sono come una specie di videocamera. I Creatori ci osservano attraverso i loro piccoli occhi malefici."
"Capito..." borbottai semplicemente, ancora non molto convinta.
"Altre domande, Fagiolina?" chiese.
"Sì: potresti non chiamarmi così, per favore?" dissi più gentilmente che potevo. Mi ero stancata di sentire quel cavolo di soprannome sulla bocca di tutti.
"E come dovrei chiamarti? Sentiamo." ridacchiò.

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