Capitolo 1

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Febbraio.
Somma Vesuviana faceva schifo.
Quando c'era il sole faceva caldissimo, ed era impossibile uscire di casa nella ore più calde.
Quando pioveva la via principale -via Somma- si allagava ed era impossibile arrivare in Piazza.
Quando faceva freddo, faceva freddo da schifo.

Quella era sicuramente una delle notti più gelide. Il vento sottile ti entrava nei vestiti, tra i capelli, ti congelava il naso, le punte delle dita e le guance. Dalla mia bocca usciva condensa mista a fumo, e la sigaretta che tenevo tra le mie dita tremanti era quasi ridotta ad un unitile mozzicone. La gettai oltre la ringhiera, frustrata. Questo dolore non voleva andarsene. Ti bloccava le viscere, ti impediva di sorridere, di dormire, di vivere.
Era una settimana che se n'era andato.
La gelosia, la rabbia, la delusione avevano provveduto a dare una brutta piega alla conversazione. La frustrazione, l'esasperazione. Ci eravamo urlati contro come matti, ci eravamo giurati di non parlarci più.
Abbiamo finito per lasciarci.
Ed era una settimana che non vivevo più.

Perchè no, io senza di lui non resistevo manco un minuto. Figurati una settimana.
Figurati una vita.

Il basso delle casse faceva tremare il pavimento. La musica house e le luci soffuse erano un ronzio lontano.
La festa era un po' come la vita degli altri.
Continuava indisturbata. Il fatto che io fossi da sola a fumare in terrazza, con almeno dodici gradi, disinteressandomi dei festeggiamenti di mia cugina era un particolare irrilevante.
Non interessava a nessuno. O meglio, ci avevano fatto l'abitudine.
A me quelle feste facevano schifo.

Non ero sola. Evidentemente non ero l'unica ad odiare la vita ed ogni singolo essere vivente in quel momento. All'altro angolo del terrazzo captai la presenza di qualcun altro con la coda dell'occhio. Non mi voltai subito. Anzi, per un momento considerai anche l'idea di non voltarmi affatto.
Tuttavia la curiosità vinse sull'ostiità che mi faceva da scudo da un po'.

La figura aveva appena ciccato a terra, e la luce della sua sigaretta a metà gli illuminava parte del viso.
E chiamatelo destino. Chiamatelo fato. Chiamatelo karma. Chiamatela sfiga del giovedì sera.
Il cuore iniziò a pulsare forte, pompando più velocemente il sangue nelle vene; i brividi iniziarono a percorrermi la spina dorsale, come piccole scosse elettrice; gli occhi si fecero improvvisamente più lucidi del normale.
E fu un attimo. Anche lui si voltò.

Un secondo è insignificante. Non vale nulla.
In un secondo puoi capire tutto e non capire niente. In un secondo puoi trovarti incollata alle labbra di un'altra persona. In un secondo puoi perderla. In un secondo puoi perderti.
In un secondo ti accorgi che la persona che ami come niente al mondo, dopo una settimana di nulla, è di fronte a te, e ti guarda, e sta cadendo a pezzi.
Lo leggi dallo sguardo.

Smarrito.
Distrutto.

Vuoto. Non riuscivo a pensare a nulla.
I miei occhi erano incollati ai suoi, blu, bui, sotto i ciuffi castani. Le occhiaie sembravano ancora più scure nella penombra.
Fermò il suo sguardo indecifrabile su di me ed io smisi di respirare.
Sembrava distrutto.

Cercai di riprendere lucidità; boccheggiai più volte. Non sapevo cosa fare; una parte di me voleva voltargli le spalle e correre il più lontano possibile, un'altra voleva bruciarlo vivo. Un'altra ancora desiderava baciarlo forte e non lasciarlo più. Stringerlo come mai avevo fatto prima e sentirmi un po' più calda in quel gelo di Febbraio.
Presi un'altra sigaretta e me la infilai tra le labbra tremanti dal freddo. L'accesi e spirai profondamente.
Fumammo insieme, in silenzio, appoggiati alla ringhiera a qualche passo di distanza.
Rigettai il mozzicone.
"Come stai, Genn?"
"Io senza di te non riesco manco a respirare."
.
.
.

Ciao popolo di Wattpad!
Questa è la prima volta che scrivo qua e, lo ammetto... sono abbastanza spaventata hahaha
Fatemi sapere se vi piace e se si va che io continui! Anche le critiche sono accette :)
A presto! ♡

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