Entrai in quello che una volta era il salone della mia casa e vidi Tomas, seduto su una sedia con la testa fra le mani. Sorrisi immediatamente per poi fermarmi a guardarlo per qualche secondo. Era rimasto con me tutto il pomeriggio per aiutarmi ad impacchettare tutte le mie cose, il suo essere ostinato a non ammettere mai di essere stanco e continuare a lavorare senza mai fermarsi mi stupiva sempre di più. ''Che cosa ci fa seduto?'' chiesi seria al principio, ma quando sentì la sua risata, non potei fare a meno di ridere anche io. ''Cinque minuti e poi riprendiamo!'' esclamò. ''Ok, ma solo cinque!'' puntualizzai indicandolo con l'indice. ''Vuole qualcosa da bere?'' chiesi guardandomi intorno e cercando di farmi un'idea su quanto ancora ci mancasse per finire. Il lavoro rimanente era tanto. ''No, grazie... ma cos'è quella?'' Ero così distratta da lui che non mi ero nemmeno accorta di aver portato quella scatola con me. Una scatola che mi riportava alla mente tanti ricordi, per la maggior parte dolorosi. Il sorriso che avevo prima scomparve dal mio volto. Abbassai lo sguardo verso la scatola per evitare di guardare lui negli occhi e finsi un sorriso. Se i nostri sguardi si fossero incrociati, avrebbe capito che stavo male e non volevo. ''No... questa scatola l'avevo ben conservata... ci sono alcune foto del passato'' dissi ''Vuole vedere?'' non sapevo bene perché glielo avessi chiesto. Infondo ricordare non era la mia attività preferita. ''Se a te non dispiace mi piacerebbe tantissimo!'' accettò con un sorriso enorme la mia richiesta, quel sorriso fu in grado di ridarmi un po di buon umore e di coraggio per mostrargli alcune foto. ''Chissà con cosa ci scontreremo!'' esclamai cercando di sembrare il più allegra possibile. ''Tipo cosa? Dei denti, ciocche di capelli!'' risi negando con la testa. Presi una sedia in legno bianca che avevo accanto a me, la posizionai di fronte alla sua. Mi sedetti sorridendo mentre sentivo il suo sguardo farmi un'analisi completa, confesso che in quel momento mi sentì un po a disagio. ''Allora, vediamo cos'ho da mostrarle e che non mi dia tanta vergogna!'' esclamai aprendo la scatola. ''Guardi questa, otto anni!'' presi una piccola foto e ringraziai il fatto di aver chiuso la bocca al momento di scattarla. Si, ho sempre avuto dei denti orribili. ''Per fortuna li avevo la bocca chiusa!'' confessai ridendo mentre lui osservava con attenzione la mia foto. Aveva un grosso sorriso stampato sul volto, sembra essersi quasi incantato ''Avevi la faccia da brava bambina, cos'è successo?'' chiese ironico riuscendo a farmi ridere. Presi tra le mani un piccolo album di foto. Sorrisi nel ricordare quel giorno, quello della mia comunione. Mia madre era bellissima quel giorno, ricordo anche che, fuori la chiesa, sperai fin dall'arrivo che la mia madre biologica si facesse viva per venire a vedermi. Era l'epoca in cui credevo al principe azzurro, al fatto che i sogni, tutti, potessero avverarsi. Ero ancora tanto ingenua, ma crescendo, ho imparato che era inutile dare tanta importanza ad una persona che non si era mai interessata a me e a come io stessi ''Guardi questo, è della comunione!'' dissi con voce tremante, semi-rotta dal nodo che mi si era formato in gola. Lui, pur essendosi accorto di ciò, continuò a sorridermi e mi restituì la foto che qualche secondo prima gli avevo mostrato. Aprì l'album ''E' una foto di gruppo!'' esclamò lui sorridendo. Ricordai che al momento di scattarla, ero la più spettinata di tutti, avevo appena finito di inseguire un bambino del mio corso che quel giorno non si era mostrato molto gentile nei miei confronti, Aveva iniziato a fare battutine sul mio abbandono e sul fatto che mia madre, Bianca, mi avesse cresciuta da sola. Per me lei è stata sempre un esempio di coraggio, una donna grandiosa, fin da piccola, quando veniva messa al centro di pettegolezzi falsi sfoderavo tutto ciò che era in mio potere per farla pagare a chiunque parlasse senza sapere. ''Indovini dov'ero!'' gli lanciai una sfida che riuscì a vincere ''Per me sei quella tutta spettinata qui, proprio in prima fila!'' esclamò ridendo e facendomi rivedere la foto. Feci di si col capo per poi fargli un piccolo applauso. ''Qui c'è una foto in primo piano... che bella!'' esclamò continuando a guardare quel ricordo con attenzione ''Avevi gli occhietti tristi, ma brillavano... proprio come adesso!'' disse spostando lo sguardo dalla foto al mio volto. Ecco, i nostri sguardi si incrociarono ed io non potei evitare di chiudere gli occhi e sperare che le lacrime rimanessero dov'erano, ben nascoste. ''Quando uno ti abbandona, il misto di tristezza, rabbia ed altre cose viene fuori, specialmente in momenti come quelli!'' abbassai lo sguardo dirigendolo verso il pavimento, poi tornai a guardare lui ''Si, si nota...'' confermò guardando per l'ennesima volta la mia foto. Di sicuro deve essersi sentito così quando i suoi genitori sono morti, anche lui deve essersi sentito non solo abbandonato, ma anche colpevole. In un certo senso potevo capirlo, anche io credevo che, se la mia mamma biologica mi avesse abbandonato, era solo per colpa mia, ma questa sensazione negli anni andò via lasciando spazio alla consapevolezza che l'unica ad aver sbagliato era lei. ''E adesso?'' chiese guardandomi ''Come ti senti? Triste o arrabbiata?'' rimasi stupita dalla sua domanda, ma ancor di più dal fatto di non riuscire a trovare risposta. ''Si... forse un po triste. E' una sensazione che non mi abbandona mai. Qualcuno mi rifiuta per qualsiasi cosa e mi ritorna quel panico di essere abbandonata di nuovo'' dissi ricordando quando io e lui ci perdemmo nel bosco. La prima e non unica occasione in cui temetti di perderlo suo serio. Un'altra occasione in cui mi sentì nella stessa maniera, fu quando lo costrinsi a scegliere tra me e Dio e lui inizialmente scelse Dio. Forse quello fu il gesto più stupido che io abbia mai fatto in tutta la mia vita, ovviamente seguito dalla scenata che ho fatto vedendolo diventare Vescovo sotto i miei occhi, dopo tutto ciò che avevamo passato. Anche con lui ho avuto, svariate volte, quel panico di essere abbandonata, ma nonostante ciò, è qui con me. ''E' una ferita che non si chiude'' continuai cercando di trattenere le lacrime. Lui sospirò ''Le ferite si chiudono, cicatrizzano, ti resterà sempre un segno perché devi ricordarti che ciò è accaduto ma devi essere capace di non farsi condizionare'' disse avvicinandosi ancora di più a me nel tentativo di prendermi la mano. Io allungai la mia per poi far intrecciare le nostre dita ''Esperanza, si può andare avanti, io lo so'' confessò guardando le nostre mani unite e stringendo la mia ancora più forte. Quelle parole e l'averlo così vicino a me, mi aiutarono tantissimo. Quando mollò la presa, sentì una parte di me che andava via con lui. Lo osservai attentamente mentre mi toglieva la scatola di mano, rinchiuse le foto li. ''Ok, mi sembrano passati i cinque minuti no?'' chiesi alzandomi, lui assentì per poi alzarsi. Ricominciammo a lavorare e quella tristezza che provavo prima, mi abbandonò, ero così concentrata e felice del fatto di trascorrere del tempo con Tomas che il mio passato, non sembrava più essere una persecuzione.
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Esperanza Mia- Stupendo Fino a Qui| One Shot
FanfictionE' arrivato il momento di fare i conti con la realtà. Esperanza ha da poco deciso di consacrare la sua vita al Signore e Tomas è appena diventato Vescovo. Per entrambi ciò che c'era stato sembrava un capitolo chiuso ma cosa succederà quando saranno...