Camminava, saltellando di tanto in tanto, facendo oscillare i capelli azzurri e con loro i campanellini situati alle loro estremità, che creavano una graziosa melodia accompagnata dal fischiettare del giullare. Sembrava felice e spensierato, quando invece era tutto l'opposto, anche se non lo dava a vedere. Era diventata una reazione automatica scolpire in volto un'espressione così tanto gioiosa da risultare inquietante. Questa farsa nacque come risposta ai continui tormenti che dovette sopportare nel corso della sua esistenza.
Il suo non era un lavoro semplice: da decenni era un servitore del signore degli inferi. Il suo era un compito ripetitivo che consisteva nell'introdursi nel mondo umano per poi sottrarre le anime di persone "sane" e darle come nutrimento energetico al suo signore. Questa sua occupazione prendeva il nome di "violator animārum*" ed era tra le cariche più alte degli inferi.
Viene normale pensare che sia semplice per un demone porre fine alla vita di un banale e indifeso essere umano per poi sottrarne l'anima; eppure non è un compito affatto semplice: per soddisfare la sete di potere del Male, il giullare avrebbe dovuto consegnarli un totale di tre anime al giorno, ogni giorno, per l'intero mese di agosto. Era irrilevante che si trattasse di donne o uomini, adulti o bambini. L'anima umana è immutevole. La forza vitale che essa racchiude né cresce né diminuisce. L'umano nasce con una spiritualità completa, cambia solo l'inclinazione che si sceglie per essa: maligna o benigna. Ultimamente però la fortuna non era dalla parte del giullare. Da molti giorni ormai non riusciva a uccidere nessuno, dato che nel bosco in cui vagava non si presentava più anima viva. La causa di ciò fu il diffondersi della notizia di gente scomparsa e un presunto killer non identificato nel bosco. Anche prima della sua venuta, quel bosco non era mai stato un posto frequentato da molte persone, se non da piccoli gruppi di cacciatori che volevano immergersi nel brivido della caccia nei fine settimana o negli occasionali giorni liberi.
Ciò che maggiormente limitava la zona di ricerca del giullare era la sua necessità di operare nell'ombra. La luce era il suo punto debole, era ciò che gli infliggeva una riduzione di potere. Il sole riusciva ad assorbire la sua energia, privandolo di forza sia spirituale sia fisica. Il bosco era uno dei pochi luoghi in cui lui avrebbe potuto vagare senza preoccuparsi della luce del sole. I numerosi alberi fitti favorivano la presenza di immense distese d'ombra che avrebbero permesso al giullare di vagare anche di giorno.
Non era una situazione a suo favore. La luce del sole e l'assenza di umani nel bosco giocavano a suo sfavore. E se per due o più giorni non sarebbe riuscito ad uccidere qualcuno, Lui gli avrebbe inflitto severe punizioni. Sulla schiena il giullare aveva numerose cicatrici, grandi e piccole, causate dal suo re con una frusta chiodata, proprio perché spesso non aveva portato a termine il compito affidatogli e il Grande non aveva potuto cibarsi delle anime. Al solo pensiero di dover subire ancora queste violenze, il giullare rabbrividì.
Era ormai scoraggiato, ed era ormai convinto che avrebbe subito altre atroci punizioni per molto tempo ancora. L'unica cosa che poteva fare per rilassarsi e distrarsi un po' era saltellare e fischiettare, proprio come stava facendo in quel momento.
Continuò a saltellare e fischiettare per un altro po', fino a quando la sua attenzione non venne attirata da un fruscio proveniente dai cespugli alla sua destra. Ipotizzando potesse trattarsi solo di qualche animale, continuò il suo percorso guardando dritto davanti a sé lungo il sentiero, ma questa volta stando sull'attenti e senza saltellare e fischiettare.
Proseguendo sui suoi passi iniziò a sentirsi agitato e quasi spaventato, pensando che potesse essere stato il Signore a produrre quel rumore e che fosse venuto per punirlo un'altra volta per non aver terminato il suo compito.
Continuò a camminare lentamente scosso dalla paranoia che aveva penetrato il suo subconscio. Ma, appena sentì un tonfo alle sue spalle, si girò di scatto pronto per attaccare o difendersi da chi si trovasse dietro di lui. Si immobilizzò nel ritrovarsi "faccia a faccia" solamente con una bambina stesa a terra a pancia in giù. La cosa che gli saltò subito all'occhio fu la leggera scia di sangue fresco che si protraeva dietro di lei. Il giullare si avvicinò alla creaturina incuriosito e cauto, temeva che fosse una trappola creata dal suo Re.
Si inginocchiò davanti al corpo inerme della bambina. Lentamente, ma non delicatamente, rigirò il corpicino a pancia in su per poterla osservare meglio. Indossava un vestitino grigio strappato in più punti e sporco di sangue e terra. I piedi erano scalzi e anch'essi ricoperti di fango e sangue.
Il giullare, con poca delicatezza, spostò le ciocche corvine della bambina in modo da scoprirle il viso che si rivelò essere pieno di piccoli tagli freschi e alcuni cicatrizzati. Non si fece fuggire all'occhio la presenza di un livido giallognolo sulla guancia destra. La cosa che lo sorprese però fu l'espressione della bambina: sorrideva, risultava quasi felice, ma allo stesso tempo si notava chiaramente una smorfia di dolore. Tentennò, ma decise di prenderla in braccio e la portò in direzione del piccolo ruscello che attraversava il bosco, dovendo prendere la direzione opposta rispetto a quella che stava percorrendo inizialmente.
La bambina continuava a sorridere nonostante lo stato di apparente incoscienza. Qualche piccola smorfia dolorante e appena percettibile le attraversava il viso andando per una frazione di secondo a smorzare l'insolito sorriso. Nonostante il giullare non fosse umano, aveva subito capito che non si trattava di un normale comportamento da comune mortale, essendo che nemmeno un demone oserebbe intrecciare emozioni totalmente opposte tra loro.
Arrivato in prossimità del fiumicello, si sedette su uno dei margini del corso d'acqua e iniziò a lavare delicatamente il viso della bambina, togliendo il sangue ormai secco e i piccoli residui di terra. Era una scena quasi ironica. Un giullare, un Incubus, un ladro di anime per conto del demone supremo, si stava prendendo cura di una bambina malconcia all'apparenza priva di vita, trovata casualmente nel bosco.
Provava una sensazione estranea, non aveva mai fatto una cosa del genere, non si era mai comportato così, e questo gesto di solidarietà, che lui stesso di sua iniziativa e volontà stava compiendo, lo lasciò perplesso. A tratti pareva che l'espressione del suo viso trasudasse disgusto nel compiere il gesto, eppure non smise di pulire il viso della piccola.
Avrebbe potuto ucciderla come era suo solito fare con gli altri umani. La maggior parte delle volte offriva alle vittime una morte istantanea per poi offrire le anime al Grande. Eppure non voleva uccidere la creatura che teneva tra le braccia. Sentiva che in quel preciso istante la sua natura assassina si fosse completamente placata. Era come se fosse caduto in uno stato di umanità apparente.
Si rialzò tenendo sempre la bambina in braccio e si incamminò verso la città più vicina, che in quel caso era situata appena fuori dal bosco. Era consapevole che uscire dalla sicurezza dell'ombra per gettarsi alla luce del sole avrebbe comportato una notevole calo della sua potenza demoniaca, però sentiva nel profondo una sorta di responsabilità nei confronti della piccola umana e decise di portarla verso la possibile salvezza. Non poteva tenere ancora per molto la bambina con sé e aveva di conseguenza deciso di lasciarla sull'uscio della prima casa che si fosse trovato difronte, sperando che qualcuno l'avrebbe accolta nella propria dimora. Questi pensieri sdolcinati gli fecero storcere il naso, ma non riuscì comunque a fermarli.
Mancavano pochi metri alla fine del bosco quando la bambina iniziò a muoversi tra le braccia del giullare e alzò le palpebre, mostrando degli occhi smeraldini che, inespressivi, fissavano il giullare. Quest'ultimo, preso alla sprovvista, contraccambiò lo sguardo della bambina e ricominciò a camminare riportando gli occhi sul sentiero davanti a sé.
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Polvere || Candy Pop (Creepypasta One-shot) -riscritto-
HorrorPulvis et umbra sumus. -Quinto Orazio Flacco