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Mi chiamo Annah, vivo in un piccolo villaggio delle Lofoten, al largo della costa norvegese.


Poche e piccole case, un tempo affacciate sul mare e sulla bassa scogliera frastagliata di


insenature suggestive. Sono nata e cresciuta qui osservando il mare avvicinarsi anno dopo anno


alla soglia di casa. E penso al figlio in arrivo. Che non potrà mai andare a giocare sul mare, come


la sua mamma faceva da bambina. Mi ricordo quella particolare insenatura, dove mio padre mi


portava tenendomi stretta per mano, raccomandandomi di fare attenzione ai tratti scivolosi. Lì ce


ne stavamo per ore, ad osservare il mare o a pescare. Ed io, innamorata di quei piacevoli momenti


di confidenza con papà, pensavo che avrei fatto lo stesso con il mio bambino. Non lo avrei privato


della dolcezza del vento che corre fra i capelli e qualche volta ti fa traballare sui tuoi stessi piedi,


del piacere di perdere l'equilibrio ed avere una scusa per aggrapparsi a papà. Che sorride, sereno.


Oggi l'insenatura non c'è più, mi domando chi me l'abbia rubata e penso che non ho mantenuto la


promessa al mio bambino: non potrà aggrapparsi al mio braccio prima di ruzzolare sul muschio


umido e ridere come un pazzo della sua ridicola caduta.


Lo so, so chi ci ha rubato questi momenti. E' il mio mestiere: sono una metereologa. Paesi ben più


industrializzati del nostro ancora emettono gas serra letali per l'aria, che si cuoce e lentamente fa il


giro del mondo, arrivando a sciogliere le calotte del vicino Circolo Polare Artico. Noi alle Lofoten


per primi ne abbiamo subito le conseguenze: l'acqua sommerge la nostra terra, come un mostro


affamato che non si stanca di divorare ciò che trova. Da tantissimi anni l'uomo è a conoscenza di


questo grave problema climatico, l'allarme è stato dato a suo tempo, se ne è parlato tanto sui


giornali, un politico americano ha girato il mondo per sensibilizzare governi e opinione pubblica sui


pericoli del mutamento climatico: ha addirittura ricevuto il premio Nobel per la pace per questo,


qualche decina d'anni fa, ma poco si è fatto.


Non si è pensato a noi, che saremmo venuti dopo. E proprio a causa di questa "mentalità a breve",


ovvero la tendenza a pensare al benessere in un preciso momento, a non preoccuparsi delle


generazioni future, oggi gli abitanti di Lofoten lentamente se ne vanno, abbandonano l'arcipelago


su barche di non ritorno. E non so accettare che il mio paesino stia scomparendo. Che tutto


l'arcipelago stia scomparendo. Con la tristezza nel cuore e la rabbia nei confronti di accidiosi


predecessori, faccio le valigie. Le mie ricerche possono ben poco per Lofoten. Il livello del mare


salirà ogni anno sempre più, le isole saranno totalmente ricoperte dal mare, come è accaduto alla


mia insenatura. Sono eventi che non posso cambiare, nemmeno con l'aiuto dei miei colleghi:

Concorso internazionale "I giovani e l'Europa". Testo di Lodovica ComelloDove le storie prendono vita. Scoprilo ora