Iris
Luigi Pirandello teorizzava che tutti indossassero delle maschere, che fossero tutti prigionieri di se stessi, e sicuramente aveva ragione.
Quante volte abbiamo guardato in faccia qualcuno e non abbiamo visto altro che una maschera di indifferente falsità?
Quante volte siamo mai riusciti a vedere qualcosa di vero? L'unica cosa che vedo adesso è il volto del mio ortopedico concentrato davanti al suo portatile, intento ad esaminare files multimediali di cui non mi importa più di tanto.
"Dunque...vedo che non hai indossato il corsetto con molta costanza, avevamo concordato per le diciotto ore giornaliere, Iris" non rispondo all'affermazione del medico che adesso mi osserva con aria critica, mi limito a scrollare le spalle e guardarmi i piedi.
"Sai che sei in piena adolescenza, la scoliosi..." Inizia il solito discorso su quanto importante sia indossare il busto ortopedico secondo le ore prescritte, che mi serve per migliorare la mia scoliosi, che devo accettarlo e dovrei iniziare a portarlo anche per andare a scuola. Aspetta. Cosa?!
Alzò la testa di scatto all'ultima affermazione dell'ortopedico.
"Cosa?!" Esclamo bruscamente, interrompendo il suo filosofico discorso.
"Non è così difficile, sono solo quattro mesi, poi faremo una visita per valutare la situazione e vedremo se scalare le ore! Pensa ai ragazzi che devono indossarlo per tutto il giorno! Tu sei fortunata!" Risponde sorridendo; crede di rassicurarmi? Perché mi ha fatto solamente venire voglia di uccidere qualcuno. Sarei fortunata se non avessi la scoliosi, se fossi una normale adolescente senza uno stupido corsetto che la fa sembrare un tronco d'albero.
Il medico parla del prossimo appuntamento con papà, il mio cervello va in stand-by finché non arriviamo a casa. Mi fiondo subito nella mia camera, sotto le coperte del mio letto confortante. La scuola è iniziata da almeno una settimana, a quanto pare per me domani inizierà il vero inferno, posso già immaginare gli altri giudicarmi perché non riuscirò a piegare la schiena, perché mi stancherò più facilmente degli altri, perché sarò diversa.
Effettivamente lo sono sempre stata.
Nom mi sono ancora presentata, dopotutto chi starà leggendo e non ha la scoliosi avrà capito ben poco di ciò che è stato scritto prima.
Partiamo dal fatto che mi chiamo Iris, il cognome non importa, solo Iris, ho quattordici anni e frequento il primo anno al liceo classico, amo la musica e i libri, mi piacciono gli abbracci, il colore blu e ho la scoliosi.
Perché tengo così tanto a precisarlo?
Di sicuro un motivo lo avrò.
Suppongo che qualcuno abbia già chiuso la storia e abbia continuato la sua vita come se nulla fosse, ma per voi che siete ancora qui a leggere posso spiegare. La scoliosi in sè non mi dà poi tanto fastidio, è un problema che a quanto pare affligge molte persone, ma sono ben poche che adottano la soluzione che hanno preso i miei genitori: il busto ortopedico. È uno stupido aggeggio in plastica, stretto e fastidioso, da indossare ogni giorno per le ore prescritte dall'ortopedico.
In poche parole: un nuovo metodo per distruggere la vita ad una povera adolescente.
Resto a fissare il soffitto nel buio della mia stanza finché non mi addormento.
A svegliarmi è un tenero bacio di papà sulla guancia, che per me segna l'inizio di una terribile giornata.
Scosto di malavoglia le coperte e mi metto a sedere, tolgo il busto giusto per lavarmi e cambiare la canottiera da mettere sotto, per fare in modo che la pelle non vada a contatto con la plastica.
**
Sono davanti all'armadio, non ho un'ampia scelta di vestiario, dal momento in cui devo mettere l'unica maglietta larga tra le tante attillate che mi ritrovo, mamma mi ha promesso che andremo a comprarne qualcuna in questi giorni. Quando sono finalmente pronta metto lo zaino sulle spalle e mi avvio con mia sorella alla fermata dell'autobus. L'attesa non è molta e resto in silenzio per tutto il tempo, mentre lei parla con i suoi amici e ridacchia in continuazione. Come sempre per salire sul bus tutti si accalcano sulla bussola, io tengo le braccia lungo i fianchi per evitare di urtare qualcuno e sembrare la ragazza bionica. Nel paese in cui abito la mentalità è chiusa, le persone non capirebbero. Riesco a sedermi tra i primi posti, posando lo zaino accanto a me per occupare il posto ad Aria, un'amica che prende il bus ad un'altra fermata, ha deciso di frequentare il mio stesso liceo, siamo anche nella stessa classe. Il telefono mi scivola dalle mani. Cazzo, come penso di prenderlo? Mi volto a fatica verso il sedile dietro al mio, c'è un ragazzo che guarda annoiato fuori dal finestrino, interrompo timidamente i suoi pensieri con uno "Scusa..ehm..non è che c'è un telefono a terra?" Lui si guarda intorno, poi, con aria annoiata, si china a prendere il mio amato telefono e con altrettanta noia me lo porge. Lo prendo sussurrando un "grazie", lui non risponde e torna a fissare fuori.
Come il ragazzo inizio a scrutare il mondo dietro al finestrino, intanto il bus parte, sarà una lunga giornata.~~~~~~~~~~~~~~~
Ciao a tutti lettori :) questo è l'intreccio delle storie di tanti personaggi, scritta da me (Marta) e un'amica con la mia stessa passione (Miriam) Speriamo vivamente che questo primo punto di vista vi sia piaciuto, al prossimo capitolo! ❤️
-Marta
STAI LEGGENDO
We'll be us
RandomRacconto con più punti di vista. Le storie delle persone possono intrecciarsi, sfiorarsi, allontanarsi. Tutti credono di apparire in un certo modo, con un certo aspetto e comportamento, ma siamo sicuri che tutti ci vedano così? Le maschere che indo...