Ipocrisie

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Morta che nemmeno avevo 18 anni. Gli ipocriti poi al giorno del mio funerale dissero che ero sempre stata una brava ragazza, una bella ragazza.

Sì, sì... mi volevate tutti bene. Ma perché allora mi avete lasciata morire?

Schiaffata sulla pagina della cronaca cittadina, ero un'adolescente come tante un cuore buono e paziente come pochi: una vittima accidentale della corrente d'aria che m'ha schiacciata contro il muso di un camion.

Ma va...Smettetela di sparate cavolate. Diciamo che quando mi avete visto l'ultima volta ero già sull'orlo del burrone e il vostro amico Dario mi ha dato un'altra spintarella.

Lui e la sua sicurezza di sé, voi e la vostra stupida superiorità, mi avete schiacciata voi contro il camion, e scommetto che quando mi avete riconosciuta sul giornale siete stati immensamente felici! Anche i miei genitori, secondo me sono stati immensamente felici. Ero solo una spesa in più, giusto? Mi dispiace aver respirato la vostra stessa aria, ragazzi. Mi dispiace davvero molto. Non vedo l'ora che cominciate a fare incubi su di me ipocriti che non siete altro, che adesso fate finta di piangere. E non gettate quel maledetto fiore sulla mia tomba. Sono avvelenate le vostre rose. Mi fate schifo.

Mi fa schifo soprattutto il vostro amico Dario. Avevo affidato tutte le speranze a quella sera un po' annuvolata, al vestito che avevo rubato nell'armadio di mia zia, alle scarpe con i tacchi che mi aveva prestato mia madre avrei voluto filasse tutto liscio perché ci tenevo davvero a piacere a quello stronzo.

Ma lo vedevo nei suoi occhi che trovava molto divertente il mio modo di camminare e si prendeva gioco del mio corpo ogni volta che mi guardava, sorridendo forse del fatto che non avevo le gambe lunghe come le ragazze che frequentava, o del fatto che non avevo sicuramente il viso magro come loro, e i miei capelli non erano tirati con la piastra.

Ci ero abituata, dovevo solo fare finta di niente portare pazienza; ancora una volta mi sarei sottoposta a quel martirio, tranquillamente senza fiatare come eravate abituati e vedermi fare. Tacere e sopportare era tutta la mia vita. Per tanto tempo non vi ho detto una parola, perché mi stavate tutti immensamente sullo stomaco. Non ho aperto bocca perché il dolore che provavo era così tanto che sembrava un fiume in piena e da un momento all'altro sarebbe straripato, attraverso le mie labbra che non avrebbero mai ricevuto un bacio, arrivando a voi come la bestemmia più grande che sareste mai riusciti a sentire o solo come un pianto che sarebbe durato di lì all'eternità.

Non lo saprete mai. Tanto, non vi sarebbe interessato nulla, comunque.

Adesso siete lì a piangere e non crediate che io non vi stia guardando.

Falsi, meschini, vipere che non siete altro, si voi altre che adesso vi abbracciate. Maledette dee ve li strapperei volentieri quei capelli lunghi e lisci.

Tornatevene a casa dal vostro fidanzato, sparite.

Mi ricordo di te, Anna, seduta nell'ultimo banco. Avevi una piscina a casa tua e tutti i fine settimana invitavi tutta la classe a qualche festa. Tutti tranne me. E quella volta che ebbi il coraggio di chiederti il perché, cos'è che mi hai detto che non ricordo bene? " No perché fai uscire tutta l'acqua?" Sì, sì , ricordo bene fu così.

Tu, Dario e gli altri avete riso di fronte al mio sbigottimento ma non ho pianto, questa soddisfazione non ve l'ho data. Anna, senti, tornatene a casa, e vai a ridere di quel giorno. Sei completamente inutile qui, oggi.

Ma lo sai cosa mi è costato quel giorno? La cicatrice che avevo sul braccio, ricordi? I miei genitori mi hanno mandata dall'assistente sociale ,per colpa delle tue stronzate che mi avevano invogliata a prendere il coltello di mio padre macellaio per controllare di che colore fosse il mio sangue.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Nov 16, 2015 ⏰

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La notte in cui Arianna morìDove le storie prendono vita. Scoprilo ora